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16 Novembre 2018

L’approccio è sempre meno invasivo. Il punto sulla conservativa con il presidente AIC Lorenzo Breschi


di Carla De Meo


Grazie alla tecnologia, ai nuovi materiali e alla ricerca – anche italiana – l’odontoiatria conservativa e restaurativa permette oggi di preservare il dente e raggiungere risultati straordinari. Ne abbiamo parlato con il professor Lorenzo Breschi che guida l’AIC nel biennio 2018/2019 ed è impegnato in gruppi di ricerca e ruoli associativi internazionali.


Qual è la missione di AIC?

La nostra Accademia si occupa di conservativa ed è stata fondata trent’anni fa. Recentemente ha mutato il suo nome, includendo anche la restaurativa. Questa estensione ci ha portato a coinvolgere sempre più anche l’odontoiatria restaurativa indiretta oltre a quella diretta che è sempre stata l’anima dell’Accademia. Mi piace sempre ricordare che è nata dalla volontà di Fabio Toffenetti e Giancarlo Pescarmona, i due nostri Soci Fondatori ai quali guardiamo con grande affetto e stima.


Perché oggi ci si dovrebbe associare all’Accademia?

Innanzitutto perché abbiamo un grande gruppo di Soci Ordinari, circa 1200 (dei quali 92 sono Soci Attivi), che si incontrano una volta all’anno nel Congresso che organizziamo nel secondo week end di maggio e poi nel corso che teniamo tra ottobre e novembre. Il Congresso affronta tutte le tematiche di odontoiatria restaurativa legate all’adesione perché l’odontoiatria adesiva è diventata il vero cuore della restaurativa. AIC è in grado di offrire lo stato dell’arte dell’odontoiatria restaurativa adesiva intesa come riabilitazione a 360°.


Nel suo biennio di presidenza su quali progetti intende concentrarsi?

Principalmente su due. In questo primo anno ci siamo dedicati ai restauri indiretti adesivi e quindi ai materiali e alle tecniche di cementazione e preparazione dei restauri parziali adesivi che costituiscono l’anima della restaurativa indiretta. Nel 2019, invece, affronteremo il trattamento di tutta la patologia non cariosa.
Nel biennio precedente al mio, l’Accademia aveva lanciato il progetto hAICarie che ha registrato un grande successo e ha coinvolto oltre 3500 colleghi in 90 incontri in tutta Italia. Il prossimo anno il mio obiettivo sarà invece stimolare i professionisti alla corretta diagnosi e trattamento della patologia non cariosa: abrasione ed erosione dentale, perdita di tessuto dentale per problematiche meccaniche come spazzolamento o bruxismo o per cause più chimiche come la presenza di acido da reflusso gastroesofageo o da diete non corrette.
Il Congresso 2019 ha avuto un respiro internazionale, con ricercatori da tutto il mondo, con l’adesione al centro del programma terapeutico (Lorenzo Breschi è anche presidente dell’International Academy of Adhesive Dentistry, ndr). E' stato fatto il punto sui trattamenti che coinvolgono importanti erosioni e abrasioni di tutto il cavo orale.


Quali sono le ultime novità nel campo della conservativa con un reale impatto clinico?

Sicuramente i sistemi adesivi universali. Sono stati lanciati negli ultimi anni e sono caratterizzati da una semplificazione di passaggi. Mentre molti anni fa avevano parecchie limitazioni e problematiche, oggi sono nettamente più performanti e sicuri. Hanno il grande vantaggio di funzionare bene sia nell’odontoiatria restaurativa diretta sia in quella indiretta. Universali perché riassumono la possibilità di utilizzo in molteplici condizioni cliniche.


Sul fronte della tecnologia, quali sono gli sviluppi più interessanti?

Rispetto alla restaurativa indiretta, sicuramente l’impronta ottica digitale che permette un flusso digitale in studio, una nuova comunicazione e sostituisce in toto il materiale da impronta, permettendo di fare una pianificazione digitale del progetto protesico. Poi i nuovi materiali per ricostruzione protesica che hanno caratteristiche biomeccaniche straordinarie sia da un punto di vista di resistenza alla masticazione sia di resistenza all’abrasione oltre a plus ottici ed estetici.

Ma hanno anche eccezionali proprietà adesive. A differenza dei materiali precedenti, essendo estremamente ricettivi nei confronti delle resine adesive, possono essere infatti cementati adesivamente e garantiscono una ricostruzione biomeccanicamente perfetta e, soprattutto, una ricostruzione adesivamente perfetta.


Quanto è diffuso il digitale nella vostra specialità?


Si è già inserito molto, ma ha ancora costi abbastanza elevati per il singolo professionista. È presente negli studi di medie e grandi dimensioni perché ha costi di ammortamento significativi. Sappiamo che la tecnologia procede a ritmi rapidissimi e riduce i tempi; quindi, sono convinto che il futuro prossimo vedrà una diffusione sempre più capillare dell’impronta digitale e della progettazione digitale per tutto quello che attiene alla restaurativa, anche la più semplice, come intarsi e faccette.


Alla luce di tutto questo, quanto si sta modificando la vostra professione?


In modo davvero significativo. Sono cambiate le modalità di preparazione e di trattamento dell’elemento dentale compromesso da patologia cariosa o non. Proprio grazie a nuove tecnologie e materiali che sono in grado di ricostruire adesivamente il dente, andando a sostituire la porzione perduta, senza ricorrere alle preparazioni protesiche classiche. Il nostro approccio sta diventando sempre meno invasivo. Oggi ci limitiamo alla ricostruzione di quanto perduto da un punto di vista funzionale.


Con risultati davvero importanti per il paziente. Ne è consapevole? Meglio: il paziente è a conoscenza di queste nuove possibilità?


È vero, i risultati sono eccezionali. Ma temo che il paziente, forse anche per una nostra “pigrizia” o per scarsa comunicazione da parte dell’odontoiatra, non abbia ancora chiaro che i piani di trattamento di oggi permettono di salvaguardare tantissima sostanza dentale rispetto al passato. È un messaggio che non è stato ancora recepito e che forse noi consideriamo troppo “nostro”, come fosse un tecnicismo. Invece, andrebbe comunicato in modo differente.


Lei collabora con numerosi gruppi di ricerca internazionali. Quale posizione occupa il nostro paese?


L’Italia è considerata all’avanguardia da un punto di vista clinico e di ricerca. Purtroppo l’università pubblica soffre una cronica mancanza di fondi e questo ci penalizza. Eppure, riusciamo a ottenere risultati straordinari.
Per impatto della produzione scientifica, l’Italia nella restaurativa occupa nel mondo la 5a posizione, con il miglior rapporto mondiale tra scarsità di fondi e produzione scientifica. La qualità è elevatissima sia come ricerca di base nei materiali sia come ricerca applicata nei trial clinici. E siamo primi al mondo, insieme al team belga, nel segmento della ricerca adesiva.



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