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24 Aprile 2019

Gestire i pazienti con OSAS. Intervista ad Antonio Gracco, autore del Manuale pratico dedicato all'odontoiatra

di Lea Fanti


La Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno (OSAS) è un disturbo che interessa una larghissima percentuale della popolazione. L’odontoiatra esperto di medicina del sonno riveste, oggi, un ruolo chiave sia come sentinella nell’individuazione del problema sia come promotore di moderne ed efficaci ipotesi terapeutiche.

È in questo contesto che si inserisce il Manuale praticoLa gestione odontoiatrica del paziente con Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno” che Francesca Milano, Antonio Gracco e Massimiliano Di Giosia hanno realizzato per conto di Edra Editore.

Dental Cadmos ha approfondito i contenuti del lavoro con uno degli autori, Antonio Gracco.


Quali sono le peculiarità, professor Gracco, della medicina del sonno in ambito odontoiatrico? Come avete pensato e realizzato il Manuale?

Il fascino intrinseco di questa patologia è indubbiamente la necessità – che è anche un’opportunità – di un approccio multidisciplinare, poiché all’interno di un processo diagnostico/terapeutico delle OSAS l’odontoiatra deve necessariamente confrontarsi anche con delle competenze mediche diverse: otorino, pneumologo, neurofisiopatologo...
Pertanto, la stesura del Manuale ha previsto la presenza tra gli autori di specialisti estremamente qualificati nelle diverse specialità. La struttura del volume presenta tre macro- aree che rispecchiano un ideale percorso di formazione: la descrizione e la diagnosi dei disturbi del sonno; le opzioni terapeutiche; i casi clinici.
È importante sottolineare che questo è il primo testo italiano che affronta questa disciplina riferendosi specificatamente alla figura del medico odontoiatra e al suo ruolo centrale nella diagnosi e nel trattamento della patologia.
I compiti che competono all’odontoiatra esperto in medicina del sonno sono sostanzialmente due: riconoscere un paziente che potrebbe essere affetto da OSAS e guidarlo agli approfondimenti diagnostici necessari; trattare i pazienti affetti da russamento e OSAS che hanno già completato l’iter diagnostico e che risultano candidabili alla terapia.


Quali sono i segni clinici tipici della patologia e come si deve procedere per il suo inquadramento diagnostico?

I disturbi del sonno vanno distinti in due categorie: quella relativa al paziente in età evolutiva (0-14 anni) e quella del paziente adulto. Nel bambino, infatti, è molto frequente – soprattutto per i colleghi che si occupano di ortodonzia e pedodonzia – riscontrare disturbi respiratori che sono però il frutto di una predisposizione anatomica naturale legata a una struttura scheletrica piccola e che deve ancora svilupparsi.
Nell’adulto, invece, l’eziopatogenesi può avere origini sia di tipo anatomico che funzionale. I classici sintomi predittivi sono russamento, pause respiratorie o apnee/ipopnee nel sonno (riferite generalmente dal partner), risvegli improvvisi con sensazione di soffocamento, sonno notturno non riposante, sonnolenza diurna, stanchezza.
In presenza di un soggetto con sospetta OSAS si deve procedere con un’approfondita anamnesi ipnologica che permetta di identificare la probabilità di malattia e di scegliere il tipo di esame strumentale più idoneo e, successivamente, con un’anamnesi clinico-internistica per l’identificazione dei fattori predisponenti (che possono essere anatomici o legati ad altre patologie presenti, ma anche dovuti allo stile di vita come sedentarietà e sovrappeso).
Tuttavia, questi dati non sono sufficienti a porre una corretta diagnosi di OSAS; è pertanto indispensabile associare sempre un’indagine strumentale che possa definire oggettivamente la presenza del disturbo respiratorio. Il gold standard in tale ambito è la valutazione polisonnografica, che grazie alla registrazione continua e simultanea di diversi parametri fisiologici – che avviene durante il sonno notturno spontaneo – ci consente di distinguere il semplice russamento dall’OSAS, di valutarne la gravità e di porre la diagnosi differenziale con altri disturbi respiratori del sonno.
Una diagnosi corretta e una quantificazione adeguata della gravità della malattia sono i presupposti fondamentali per una scelta terapeutica efficace, ma è altrettanto importante associare lo studio dell’anatomia delle alte vie respiratorie che è di pertinenza dell’otorinolaringoiatra. Solo procedendo, infatti, con un approccio multi-step e multi-specialistico sarà possibile costruire un percorso diagnostico e terapeutico personalizzato.


Con quali trattamenti è possibile intervenire?

L’opzione terapeutica maggiormente indicata per il trattamento della Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno è la CPAP (Continuous Positive Airway Pressure). Si tratta di un compressore biomedicale che attraverso una maschera nasale garantisce la completa pervietà della faringe durante il sonno, evitando la comparsa delle apnee/ipopnee.
Purtroppo, trattandosi di un dispositivo relativamente ingombrante, e che va sempre portato con sé, la compliance dei pazienti è molto bassa anche a causa degli effetti avversi che si manifestano, che sono generalmente sintomatologia rinitica, secchezza delle mucose, ulcere del ponte nasale…
Oltre alla CPAP, abbiamo la possibilità di intervenire con la chirurgia maxillo-facciale che risolve gli eventi ostruttivi attraverso l’avanzamento maxillo-mandibolare oppure con la chirurgia otorinolaringoiatrica (roncochirurgia), con cui si correggono i possibili siti ostruttivi.
Per il trattamento sintomatico delle OSAS possiamo altresì utilizzare gli oral devices, dispositivi endorali notturni, alla cui presenza all’interno della bocca è necessario abituarsi, che stabilizzano le prime vie aeree e ne aumentano i diametri. A fronte di un beneficio immediato, il raggiungimento degli obiettivi programmati va rivalutato in corso di terapia.
Frequentemente, il percorso terapeutico prevede una terapia combinata, chirurgica e odontoiatrica.


A quali rischi si va incontro non curando i disturbi legati al sonno?

Purtroppo sono molteplici… Lo stress che subisce l’organismo di questi pazienti a causa di un sonno frammentato può creare una serie di problematiche estremamente severe a carico di tutto l’apparato cardiovascolare e cerebrale con un aumento quindi del rischio di infarto, ipertensione arteriosa, ictus; inoltre, si possono sviluppare più frequentemente condizioni quali sindromi metaboliche, diabete mellito, farmacoresistenze.
Un secondo, ma importantissimo, problema è legato al fatto che questi soggetti sono estremamente affaticati nel corso della giornata e possono anche avere episodi di addormentamento improvvisi e hanno quindi grandi difficoltà a fare fronte sia all’attività lavorativa che agli impegni personali/ famigliari; inoltre, proprio per quanto appena ricordato, la persona affetta da OSAS ha un rischio maggiore di andare incontro a incidenti stradali.
Questa consapevolezza ha portato l’Italia a recepire una norma europea che prevede l’obbligo, durante il rilascio/rinnovo della patente, di indagare la possibile presenza di OSAS. Nel caso questa venga identificata, è necessario certificare di essere in cura per la patologia.


Qual è il percorso formativo per l’odontoiatra che vuole specializzarsi in medicina del sonno?

Questo è un tema a cui siamo particolarmente sensibili, anche tenendo conto degli importanti dati epidemiologici legati alle OSAS; a tal proposito, riteniamo, e auspichiamo, che in futuro possa essere previsto un vero e proprio percorso di studi già nel corso di laurea in odontoiatria.
Per quanto riguarda, invece, il collega odontoiatra esperto che vuole approcciarsi a questo ambito, può frequentare degli specifici master universitari (negli ultimi anni la proposta in tale ambito è in crescita) oppure seguire dei percorsi formativi, la maggior parte dei quali è patrocinata dalla Società Italiana Medicina del Sonno Odontoiatrica.
Tra questi, ricordo in particolar modo il corso residenziale che si svolge a Bertinoro, una full immersion di tre giorni durante i quali diverse figure mediche si alternano offrendo una formazione adeguata ai medici odontoiatri sulla disciplina. Il percorso prevede una parte formativa didattica, quindi un esame scritto dopo un anno e, infine, una valutazione dei casi clinici nell’anno successivo. 

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