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12 Novembre 2019

L’ipnosi nello studio dentistico: non solo per fare passare la paura

Può rappresentare una valida alternativa ai farmaci per favorire la collaborazione del paziente o sostituire in alcuni casi la sedazione. Le potenzialità dell’ipnosi nell’esperienza del dott. Giuseppe Vignato

Cristina Campanale

Nelle scorse settimane ha fatto notizia l’operazione effettuata presso l’Ospedale di Legnano al cervello di un paziente di 69 anni colpito da ematoma sostituendo l‘ipnosi clinica agli anestetici. 
L’induzione ipnotica è utilizzata da tempo in odontoiatria per favorire il rilassamento, contrastare paure e ansie dei pazienti ma anche per limitare l’uso di farmaci ed anestetici e molti sono gli odontoiatri che ne sperimentano ogni giorno i benefici nel loro studio. Tra questi il dottor Giuseppe Vignato (nella foto), che insieme alla sua equipe accoglie e tratta in studio i pazienti più sensibili compresi i bambini e “insegna” ad utilizzare queste tecniche in corsi e seminari.

“L’odontoiatria può andare incontro alla più o meno velata espressione di disagio che alcuni dei nostri pazienti hanno attraverso l’utilizzo di farmaci, oppure può decidere di attivare un canale comunicativo diverso, basato sulla conoscenza e l’utilizzo di tecniche ipnotiche che lo aiutano a sviluppare quella relazione di fiducia con il paziente così indispensabile affinché quest’ultimo si affidi a lui per le cure necessarie” spiega ad Odontoiatria33 Giuseppe Vignato, contitolare della Clinica Odontoiatrica Dentisti Vignato a Vicenza e socio fondatore di Ipnomed, scuola che offre numerosi percorsi di formazione e approfondimento sulle tecniche ipnotiche ai diversi professionisti della salute.

“Conoscendo le tecniche, il linguaggio adatto e i modi corretti di porsi di fronte al paziente tutto diventa più semplice. L’ansia diminuisce e solo in certi casi particolari si ricorre ai farmaci per farlo stare tranquillo affinché viva serenamente l’esperienza odontoiatrica. Perché se scatta questa molla tutto diventa più semplice: grazie all’induzione ipnotica l’ansia diminuisce e solo in certi casi particolari si ricorre ai farmaci”. 

Già in uso molte civiltà antiche in diverse aree del mondo e riscoperte nel 1800 da Franz Anton Mesmer che ne decantò proprietà e benefici terapeutici nel noto volume 'Mesmerism in India, and its Practical Applications in Surgery and Medicine', le pratiche ipnotiche possono, dunque, rivelarsi un utile strumento per favorire, ad esempio, il rilassamento di un paziente agofobico o soggetto a riflesso faringeo o sbalzi pressori temporanei dovuti non di rado al suo stato di ansia o agitazione. Paziente che una volta tranquillizzato consente allo specialista e ai collaboratori dell’equipe di lavorare con maggiore facilità. 

“Quando siamo in una situazione di benessere tutto il nostro ambiente biologico e neurologico interno funziona benissimo; non avvertiamo ansia e abbiamo meno paura - aggiunge il dottor Vignato -. Con l’ipnosi lo specialista tenta di riprodurre proprio lo stato mentale legato queste stesse condizioni facendo leva sulla stessa chimica dell’organismo che ha innescato le emozioni negative. Certo non è sempre facile e dipende a volte dai pazienti, ma cercare di sviluppare una relazione empatica e porre attenzione anche al benessere globale del paziente dovrebbe essere un obiettivo da ricercare sempre al di là dei diversi aspetti clinici e diagnostici”.

Accantoniamo, però, l’idea che praticare l’induzione ipnotica in studio significhi apprendere complicate strategie psicologiche, impiegare risorse notevoli per varcare spazi mentali ancora inesplorati o risolvere i conflitti rimossi del paziente seduto sulla poltrona perché ciò che le pratiche ipnotiche suggeriscono per il lavoro odontoiatrico - continua Vignato - è soprattutto l’adozione di un linguaggio o modello comunicativo che diminuendo la distanza medico-paziente alimentata da pregiudizi, paure e ansia, permetta allo specialista di entrare in sintonia con l’esperienza emotiva del paziente per creare un clima di fiducia favorevole allo stabilirsi di quell’alleanza terapeutica così decisiva nel determinare il buon esito delle cure.

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