Come cercare di prevenire e contrastare uno stato di insoddisfazione ed ansia che può portare alla depressione, i consigli di Michele Cassetta
Il rapporto annuale di Medscape, National Physician Burnout, Depression and Suicide ha rilevato che, mentre il tasso complessivo di burnout tra gli operatori sanitari è leggermente diminuito passando dal 46% nel 2015 al 42% nel 2020, emerge ora un netto divario generazionale.
Il sondaggio online, che ha raccolto le esperienze di oltre 15.000 medici in 29 specialità, per la prima volta ha valutato le risposte dei medici tenendo conto anche della generazione di appartenenza, ovvero baby boomer, generazione X e millennial. Gli operatori sanitari della generazione X, i nati tra il 1965 e il 1985 circa, hanno riferito livelli più elevati di burnout o stress correlato al lavoro, che hanno contribuito a creare sfinimento, cinismo e distacco dalla soddisfazione e dalle responsabilità professionali.
Ma cosa è il burnotu e come si può contrastarlo?
Lo abbiamo chiesto a Michele Cassetta (nella foto), medico, odontoiatria libero professionista a Bologna, divulgatore scientifico e da tempo studioso della materia.
Dott. Cassetta, cosa si intende innanzitutto con questo termine?
Significa letteralmente “spento”, è utilizzato per indicare lo stress lavorativo nelle professioni d'aiuto, che richiedono all'operatore interventi con coinvolgimento emotivo ed empatico: medici, psicologi, assistenti sociali, infermieri, sacerdoti, insegnanti etc, giudicato ‘un indice di non corrispondenza tra ciò che le persone sono e ciò che si trovano a fare’, provoca uno stato costante di allarme, indipendente dalle reali necessità ed è abbinato a scarso rendimento lavorativo e ad elevata esauribilità psicofisica.Da studi a livello europeo si evince che quasi un quarto di professionisti operanti nella sanità non sono soddisfatti della propria realtà professionale. Il che non significa che ne siano tutti soggetti ma occorre attenzione alle condizioni che favoriscono lo sviluppo di tale forma patologica.
Perchè interessa l’odontoiatra?
Perchè per le sue caratteristiche peculiari, rappresenta una branca particolare nell'ambito della medicina. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da profonde trasformazioni, che in alcuni casi hanno portato ad atteggiamenti di rivalutazione nel modo di esercitare la professione, in altri casi ad un allontanamento emotivo dall’attività. Tale condizione, che interessa professionisti esperti e giovani odontoiatri, causa disagio e ripercussioni in ambito professionale e personale. L'odontoiatra è quindi un possibile bersaglio di un disagio i cui segni premonitori vanno riconosciuti tempestivamente, perché non degenerino in forme patologiche.
Quali sono le cause?
Per quanto riguarda i fattori predisponenti, alcuni autori individuano nell'anzianità di esercizio una condizione critica, potendosi in questa fase essere minor flessibilità nell'adeguamento ai cambiamenti. Altri invece danno un significato alla giovane età dell'odontoiatra, deluso dalle aspettative professionali maturate. Il genere femminile sembra più vulnerabile per il carico di lavoro professionale e familiare da gestire. Trovarsi coinvolti in contenziosi medico legali, soprattutto se ritenuti ingiusti, può produrre esaurimento emotivo e distacco dal lavoro. In ogni caso la “Sindrome da burnout” deve essere considerata un'entità nosologica multifattoriale, condizionata da elementi determinanti quali: ambiente in cui si opera, tipo di attività e personalità.
Quali i sintomi?
Si diffonde nel tempo con costanza e gradualità, potendosi manifestare all'improvviso in condizioni di apparente benessere, o presentarsi con sintomi subdoli e difficili da riconoscere, che possono evolvere in quadri complessi da gestire nella fase conclamata. A far scattare l'allarme e l'attenzione sono soprattutto: irritabilità, il progressivo disinteresse verso i problemi dei pazienti, incapacità a prendere decisioni importanti e relazioni conflittuali con i componenti del team di lavoro. I primi segni clinici sono somatici, psichici e comportamentali: stanchezza cronica e affaticamento, ansia, cefalea, disturbi intestinali e disturbi del sonno. Gli affetti e la famiglia possono rappresentare un'ancora di salvezza, ma anche essere travolti dal burnout, che coinvolge nella sua spirale anche le persone affettivamente vicine.
Come prevenirlo?
E' molto importante cogliere tempestivamente i segni premonitori. Di qui numerosi test di valutazione: uno (l'MBI, Maslach Burnout Inventory) è in grado di individuare tre aree di possibile disagio: l'esaurimento emotivo, espresso dalla sensazione d’aver esaurito le risorse psico-fisiche con incapacità di recupero. Il secondo è la depersonalizzazione o disumanizzazione, ossia il distacco verso i problemi dei pazienti e terzo, la ridotta o mancata realizzazione professionale generatrice di un crescente senso di inadeguatezza sulle proprie capacità professionali.Quanto alla prevenzione si possono suggerire comportamenti protettivi: coltivare la “rete” di affetti familiari, confrontarsi con i colleghi, frequentare corsi di aggiornamento professionale, apprendere specifiche capacità comunicative, gestire i conflitti nell'ambiente-studio, conoscere sé stessi e scoprire i propri valori e l'identità individuale, svolgere regolare attività fisica o coltivare interessi extra lavorativi. Da ricordare che alla base delle strategie di prevenzione c'è la capacità di intercettare prima i segnali di allarme.
Come combatterlo quando insorge?
Ancor prima che diventino disturbi strutturati, possono essere utili attesa e i ridefinizione di alcune abitudini professionali con strategie centrate sulla persona o sull'ambiente. Esempio, tecniche di rilassamento, corretta alimentazione e attività fisica, cambiamento delle abitudini lavorative e identificazione dei propri valori e identità. Nella fase dei disturbi conclamati, solitamente la sintomatologia assume i connotati delle sindromi ansioso-depressive e possono essere prese in considerazione, sotto il controllo di specialisti, idonee terapie farmacologiche. In abbinamento a tali terapie può essere utile ricorrere ad interventi di psicoterapia, anch'essi di pertinenza strettamente specialistica.
Quali consigli si possono dare?
Considerando il particolare momento della professione odontoiatrica ed anche alla luce dei recenti e costanti cambiamenti in corso, sarebbe importante monitorare il livello di soddisfazione degli odontoiatri verso l’attività. Importante è la consapevolezza che la complessità della professione richiede conoscenze anche in campi extra clinici e che il segreto per una vita personale e professionale di qualità risiede spesso nella capacità di conoscere sé stessi e avere comportamenti allineati coi propri valori e identità.
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