In occasione della Giornata mondiale sull'Alzheimer, riproponiamo una intervista fatta al dott. Mario Ghezzi ed intanto tutti i quotidiani del Gruppo EDRA si "vestono" di viola
In occasione della Gionrata Mondiale dell'Alzheimer che si celebra domani 21 settembre, tutti i quotidiani online del Gruppo EDRA -Odontoiatria33 compresa- si vestono di viola, sul sito Sanità33 uno speciale.
Odontoiatria33 ripropone una intervista che avevamo fatto nel 2020 al dott. Mario Ghezzi (nella foto), medico odontoiatra dell’Ospedale Sacco di Milano che all’interno del’UOC di Odontoiatria dell’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano, da anni gestisce un progetto mirato ad assistere presone colpite da demenza che non riuscivano a trovare una risposta ai loro bisogni.
Tra i tanti problemi dei familiari di un mattato di Alzheimer, infatti vi è anche la gestione della sua salute orale e quello delle cure odontoiatriche, anche per via della difficoltà della comunicare con questi paziente.
Dott. Ghezzi, quali sono i principali problemi odontoiatrici che toccano un malato di Alzheimer?
Negli ultimi anni si è riscontrato un notevole incremento di pazienti affetti da malattia di Alzheimer e più in generale da demenze. Aumento significativo di anziani particolarmente fragili e bisognosi di svariate forme di assistenza, domiciliare e non; è opportuno analizzare il fenomeno e cercare vie per incanalarne correttamente la gestione sia a livello individuale che collettivo. Da anni mi dedico a questi ammalati dal punto di vista odontoiatrico, devo dire con successo, ed è un ambito ancora non pienamente considerato. Con il progredire della malattia il paziente perde autonomia, interesse e capacità nella cura della sua persona; l’igiene orale viene trascurata (e spesso sottovalutata anche da familiari, caregivers e personale addetto), aprendo la strada allo sviluppo di patologie orali e conseguente difficoltà di alimentazione, da cui malnutrizione e peggioramento della qualità di vita.
Si consideri anche che un cavo orale trascurato può favorire l’insorgenza di polmoniti ab ingestis.Spesso questi ammalati hanno patologie croniche che richiedono terapie articolate e continuative che rendono queste persone più fragili e difficoltose da gestire clinicamente e che possono avere ripercussioni sul cavo orale, come ad esempio i farmaci per l’ipertensione arteriosa che spesso riducono la produzione salivare con conseguente xerostomia e danni delle mucose; se non si cura l’igiene orale la condizione dei denti degenera creando dolori, disagi, insofferenze, rifiuti di cibo che spesso non vengono percepiti da chi si occupa del malato poiché questo via via perde la capacità di comunicare sensazioni, emozioni, difficoltà e dolore e si ripiega in un suo mondo chiuso.
Quali le principali difficoltà per l’odontoiatra nel trattarli?
Abbiamo riscontrato per lo più patologie parodontali e cariose che portano a mobilità e perdita di denti e delle protesi mobili o fisse ad essi ancorate ed a lesioni delle mucose da traumatismi. Vi è un’alta percentuale di residui radicolari e carie destruenti. Ne conseguono algie (il 25% delle richieste di visita che riceviamo) e difficoltà masticatorie (35% dei casi).
Questo a grandi linee il lavoro che si prospetta per il clinico che viene messo in difficoltà soprattutto dall’approccio con il paziente e si trova ‘sfidato’ ad ogni passo del percorso in una relazione complessa con equilibri fragilissimi.Le famiglie ci portano il congiunto spesso ‘prive di speranza’, dopo aver ottenuto rifiuti dal pubblico come dal privato o dopo insuccessi terapeutici, per difficoltà dell’odontoiatra e mancanza di collaborazione dell’ammalato.
Cerchiamo l’approccio più morbido e dolce possibile, molto spesso la prima visita avviene a domicilio, per non spostare il paziente, inserirci nel suo territorio, conquistarne la fiducia e l’affidamento lasciandolo fra le cose a lui familiari, facendoci raccontare della sua storia, in modo colloquiale, non nella consueta modalità paziente in poltrona - medico incombente dallo sgabello. Se le condizioni si mostrano favorevoli già in questa fase ci può essere una visita, un’ispezione del cavo orale per capire quali interventi servono e se possibile per cercare di mantenere il paziente a casa o prepararlo a una seduta ambulatoriale.
Fondamentale deve essere il rapporto del dentista con i familiari del malato. Familiare che dovrà diventare anche “l’igienista dentale” di casa.
Il familiare o caregiver sarà presente, parteciperà attivamente all’incontro e verrà istruito su come contribuire all’igiene orale, la modalità più opportuna e le tecniche migliori per operare bene riducendo al minimo il fastidio del congiunto e cercando di superare con delicatezza l’eventuale sua opposizione.
Tra il dentista ed il familiare deve instaurarsi una complice sintonia terapeutica; sarà il clinico a tranquillizzare e sostenere il parente nelle varie fasi della progressione della malattia: per questo si consiglia fortemente un controllo scrupoloso ed una ‘messa in sicurezza’ della bocca già al presentarsi dei primi segni neurodegenerativi, fase propizia perché il malato ancora collabora, per favorire il più a lungo possibile una sorvegliata autonomia del paziente e subentrare delicatamente quando questa verrà meno.
Quali sono le indicazioni che si sente di dare ai suoi colleghi per rapportarsi e sensibilizzare la famiglia che spesso è già gravata da molti impegni oltre al dramma emotivo?
L’igiene orale dovrebbe essere per tutti sempre e comunque un’abitudine, una sorta di rituale. Con questo tipo di ammalati è importante che si crei un appuntamento fisso, irrinunciabile, a quell’ora, in quel modo, dopo che… prima di… con costante e ferma delicatezza, come accade per altre operazioni quotidiane, igiene intima, cambio abiti, apertura/chiusura finestre, spostamenti tavolo/poltrona/letto e così via. Se può sembrare un carico eccessivo, va affrontato con la certezza che è comunque molto più semplice tenere una bocca in ordine con la pulizia giornaliera che dover poi affrontare iter ben più gravoso e complesso da tutti i punti di vista per riparare i guasti da trascuratezza.
L’ospedale dove lavora ha attivato un progetto per assistere dal punto di vista odontoiatrico questi malati. Come funziona, quanti pazienti assistete, che tipo di interventi fate?
Il progetto è nato 4 anni fa dalla constatazione dell’aumento di richieste di presa in cura di persone colpite da demenza che non riuscivano a trovare una risposta ai loro bisogni e grazie all’interessamento ed alla collaborazione con Federazione Alzheimer Italia sezione di Milano.L’UOC di Odontoiatria dell’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano da quasi 30 anni si fa carico di pazienti con fragilità sanitarie per le quali è più indicato il trattamento in “ambiente protetto” come quello ospedaliero e queste persone rientrano a buon diritto in questa mission.In questi anni abbiamo visitato e preso in cura oltre 300 persone con vari gradi di demenza; il grosso degli interventi è rappresentato dalla chirurgia estrattiva per eliminare i frequentissimi residui radicolari e gli elementi dentari troppo compromessi ed a rischio di ascessualizzazione, modifica ed adattamento di vecchie protesi rimovibili o realizzazione di nuove protesi rimovibili, in misura minore cure conservative e igiene orale professionale.
Il tutto in anestesia locale; ad oggi solo in quattro casi abbiamo dovuto ricorrere alla narcosi a respiro spontaneo.Abbiamo avviato collaborazioni con i reparti di neurologia e geriatria sia della nostra ASST sia con l’IRCCS Fondazione Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e con esse e l’Università degli Studi di Milano organizzato incontri di formazione per specializzandi in Neurologia, Geriatria, studenti di Odontoiatria e Lauree delle professioni Sanitarie, familiari e caregiver affiliati alla Federazione Alzheimer.
Non abbiamo dimenticato di portare il nostro intervento anche in alcune RSA ove i problemi cognitivi sono frequentissimi ed i sanitari non sanno a chi rivolgersi per gli interventi odontoiatrici.Disponiamo di un Database creato ad hoc in cui vengono inseriti i dati anagrafici, anamnestici, delle visite odontoiatriche e del lavoro svolto per ogni singolo paziente.
Questo ci permette di monitorare il lavoro, comprendere meglio le condizioni neurologiche ed orali della popolazione colpita da demenza, individuare le future ed idonee linee di sviluppo dell’attività.Tutto questo per affrontare il complesso problema nel modo più ampio possibile. Purtroppo la disponibilità di appuntamenti in agenda e di forza lavoro è limitata: in pratica vi è un solo medico che dedica 4 ore settimanali a tale attività più un pomeriggio ogni 10-15 giorni per le visite a domicilio.
Ovvio che le risorse sono insufficienti per affrontare le sfide che la patologia neurologica ci propone; solo a Milano si pensa vivano circa 20.000 persone colpite da demenza. Occorre cercare di creare una “rete” tra i professionisti di settore e con i colleghi neurologi, geriatri e medici di medicina generale. Un lavoro multidisciplinare, dunque, difficile, complesso, talvolta frustrante ma comunque ricco di soddisfazioni professionali e soprattutto umane.
Ecco in estrema sintesi i dati dell’attività.
Quattro anni di attività: arruolati 334 pazienti colpiti da demenza (prime visite); 849 accessi tra ambulatorio, domicilio ed RSA; 555 estrazioni; 41 nuove protesi rimovibili; 50 riparazioni/modifiche di protesi rimovibili preesistenti; 38 sedute di igiene orale professionale; 18 sedute di cure conservative; 4 narcosi
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