Per bloccare la circolazione del virus e delle sue varianti è necessario rafforzare le difese immunitarie a livello delle vie aeree che rappresentano la prima barriera all’ingresso del virus
I vaccinati contro il Covid-19 presentano alti livelli di anticorpi neutralizzanti anti-Spike nel sangue ma molto meno nella saliva: questo potrebbe spiegare perché la vaccinazione intramuscolare a mRNA è efficace e protettiva contro la malattia severa, ma meno nel blocco dell’infezione e quindi della circolazione del virus.
Questo è quanto emerge, in sintesi, dallo studio “Mucosal immune response in BNT162b2 COVID-19 vaccine recipients”, pubblicato lo scorso gennaio su eBioMedicine, rivista di The Lancet, e condotto dall’Università dell’Insubria e dall’ASST dei Sette Laghi.
Da Lorenzo Azzi, coordinatore della ricerca, ci facciamo raccontare come è stato sviluppato lo studio, i risultati e i futuri lavori in itinere.
Come si è svolta la ricerca?
Tra gennaio e febbraio dello scorso anno abbiamo studiato lo sviluppo immunitario in termini di anticorpi in 60 soggetti sani, operatori sanitari del nostro ospedale, che avevano concluso il primo ciclo vaccinale, quindi dopo la prima e la seconda dose, con il vaccino a mRNA Pfizer.
Si tratta di una ricerca multidisciplinare, frutto di un lavoro di squadra tra la nostra ASST e il laboratorio di Patologia generale e di immunologia, in particolare con la professoressa Greta Forlani con cui ho realizzato a quattro mani questo studio, e che abbiamo potuto effettuare grazie all’importante aiuto degli operatori sanitari che si sono sottoposti come volontari, degli infermieri che ci hanno aiutato nella raccolta dei campioni e di tutti i colleghi dell’ospedale.
Abbiamo studiato come si sviluppano gli anticorpi nella saliva perché il sistema immunitario delle mucose, quindi quello che ci deve difendere dall’infezione e che è presente in bocca, nel naso e nelle vie aeree, ha dei comportamenti che non sono strettamente correlati a quelli dell’immunità generale sistemica rinvenibile nel sangue.
Abbiamo quindi prelevato un campione di sangue e uno di saliva in momenti precisi – prima di fare la vaccinazione, 2 settimane dopo la prima dose e 2 settimane dopo la seconda – e abbiamo confrontato gli anticorpi che trovavamo nel sangue e quelli che rinvenivamo nella saliva come espressione ovviamente dell’immunità mucosale.
Che cosa avete trovato?
Quantificando la presenza degli anticorpi IgG e IgA, questi ultimi sono quelli più importanti nell’ambito dell’immunità delle mucose, attraverso un test abbiamo valutato la loro capacità di neutralizzare il virus.
Abbiamo rilevato che dopo le prime due dosi il vaccino induce nei soggetti immunizzati una fortissima risposta in termini di anticorpi neutralizzanti anti-Spike nel sangue, ma questa risposta immunitaria è meno forte a livello della saliva.
Ciò accade perché buona parte degli anticorpi che si individuano nella saliva non sono direttamente prodotti dal sistema immunitario locale ma sono trasudati dal sangue.
Eccezione a questo tipo di risultato lo abbiamo visto nei soggetti precedentemente esposti all’infezione naturale e le cui mucose orali sono state a contatto diretto con gli antigeni virali. In questi soggetti con la vaccinazione si riattivava l’immunità mucosale.
Che cosa dimostra lo studio?
Sicuramente il vaccino Pfizer è molto efficace nell’indurre l’immunità sistemica, quindi è in grado di proteggerci dalla malattia severa, dall’ospedalizzazione e dalla morte, non è però in grado di difenderci dall’infezione. Questa condizione non permette di interrompere la catena di trasmissione, e potrebbe altresì spiegare come mai, stante il primo ciclo vaccinale, abbiamo assistito nei mesi scorsi all’ondata delle diverse varianti.
Cosa si potrebbe fare per potenziare l’immunità delle mucose?
Per ottenere non solo l’immunità che ci protegge dalla malattia grave ma un’immunità sterilizzante, quindi che ci impedisca anche di infettarci o di ridurre molto questa possibilità, a nostro parere sarebbe utile andare a rinforzare la vaccinazione sistemica con dei booster di vaccinazione mucosale con degli spray nasali, per esempio, o con delle applicazioni comunque topiche.
Questo simulerebbe il contatto diretto del virus con le mucose e consentirebbe di attivare una maggiore risposta immunitaria a livello mucosale. Al momento stiamo procedendo con lo studio sugli stessi 60 soggetti dopo la terza dose e lo stiamo anche settando verso le diverse varianti che ci sono state: dall’originale di Wuhan alla Delta, alla Delta Plus fino alla Omicron. I risultati del nuovo studio saranno pubblicati a breve.
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