Il dott. Arnaldo Castellucci spiega quali possono essere le cause e i possibili rimedi per risolvere l’inconveniente ed esorta i colleghi: “spiegate la situazione al paziente”
La frattura degli strumenti endodontici durante il trattamento canalare è un’evenienza che spesso preoccupa i clinici, che rischiano di trovarsi di fronte a un ostacolo difficile da sormontare, con l’incombenza aggiuntiva di dover comunicare al paziente “l’inconveniente”.
Il dottor Arnaldo Castellucci (nella foto) chiarisce quindi gli aspetti principali riguardo alla frattura degli strumenti endodontici. Aspetti che poi verranno ulteriormente approfonditi il 6 e 7 maggio a Firenze insieme al dottor Yoshi Terauchi. Dottor Castellucci autore del cofanetto con i tre volumi (Edra edizioni) dell’opera “Endodonzia”.
“Innanzitutto – sottolinea Castellucci – da quando sono apparsi sul commercio gli strumenti in nichel-titanio, la loro frattura si vede molto più frequentemente rispetto a quando c’era solo l’acciaio”.
Per Castellucci, infatti, la frattura degli strumenti in acciaio è legata al loro utilizzo scorretto, “cioè spingendoli in direzione apicale fino ad incastrarsi e rompersi. Gli strumenti in acciaio non devono mai lavorare con movimento di spinta in entrata, ma ruotando in uscita e così non si romperanno mai. Un altro motivo per cui si possono fratturare è rappresentato da un numero eccessivo del loro utilizzo. Soprattutto gli strumenti di piccolo calibro devono addirittura essere considerati “mono-uso”.
“Gli strumenti in acciaio di piccolo calibro, in particolare, soprattutto i primissimi file che si usano per ‘esplorare’ l’anatomia di un canale, devono essere precurvati e usati con delicatezza, come farebbe il cieco che usando il suo bastone riesce a trovare l’uscita di una stanza. Così l’endodontista riesce a trovare il forame apicale”.
Castellucci continua poi sottolineando come il discorso sia leggermente diverso per gli strumenti rotanti realizzati in nichel-titanio. “Sappiamo bene che anche questi dovrebbero essere considerati mono-uso, ma per il loro elevato costo ciò è raramente ottenuto. È però doveroso sottolineare come, sebbene visivamente gli strumenti appaiano perfetti, durante il loro utilizzo questi accumulano stress e per questo la loro durata ovviamente ha un limite. In particolare, gli strumenti rotanti subiscono due tipologie di stress: lo stress da flessione, poiché ruotano nella sezione curva del canale, e lo stress da torsione, dovuto all’azione di taglio esercitata sulla dentina”.
Proprio lo stress da torsione, spiega, è quello maggiormente implicato nella frattura degli strumenti, evenienza che si verifica quando lo strumento rotante viene inserito in un canale che non è stato preventivamente allargato in modo che la sua punta (la parte più fragile dello strumento) trovi il canale delle sue stesse dimensioni. A tal proposito, il Dottor Castellucci sottolinea come “numerose case costruttrici abbiano messo a punto degli strumenti in nichel-titanio sottili e resistenti, da utilizzare per il “preliminary enlargement”, procedura che riduce notevolmente il rischio di frattura e consente poi di poter lavorare in totale sicurezza”.
Ma come rimuovere gli eventuali strumenti fratturati?
“Le tecniche –spiega- sono numerose e prevedono innanzitutto l’uso del microscopio operatorio e della Cone Beam Computed Tomography (CBCT)”.
Il Dottor Castellucci sconsiglia di provare a rimuovere uno strumento fratturato se non si dispone di un microscopio. Questo perché si rischierebbe di creare ulteriori danni e complicare anche il lavoro al collega a cui ci si rivolge normalmente per risolvere questo genere di problematiche. “Più volte –dice- ho visto che nel vano tentativo di risolvere il caso, accanto allo strumento fratturato il collega ne aveva fratturato un altro e fatta anche una perforazione”.
“Una volta visualizzato il frammento metallico con l’ausilio del microscopio esistono diversi strumenti che permettono di estrarlo: alcuni sono disegnati appositamente per 'incastrare' il frammento, mentre altri si basano sull’utilizzo di un collante che blocca il frammento all’interno di un piccolo tubicino metallico per poi rimuoverlo”.
“La metodica più semplice –indica- è rappresentata dall’utilizzo di specifiche punte da ultrasuoni, con le quali si trasmettono vibrazioni in grado di far “saltare” fuori dal canale lo strumento fratturato. Le punte sono estremamente sottili, vanno portate a fianco del frammento e se questo è fratturato all’interno di una porzione curva del canale, deve essere posizionato nel lato “interno” della curva… e qui sta la grande difficoltà”.
“È possibile, poi, bypassare gli strumenti fratturali e anzi – per Castellucci – questa dovrebbe essere la prima scelta”.
“In questi casi –continua il dott. Castellucci- è necessario informare il paziente che il danno che egli riceve è legato non tanto alla presenza del frammento metallico all’interno del canale quanto dal fatto che la presenza dello strumento fratturato blocca la strada ai disinfettanti per la disinfezione (prima) e ai materiali e strumenti per l’otturazione (poi) della porzione di canale situata apicalmente al frammento. Il paziente deve capire che per quanto si tratti di uno spiacevole incidente, non è paragonabile alla dimenticanza del chirurgo che lascia nell’addome una pinza chirurgica. Il paziente vivrà 100 anni tranquillamente, avendo l’otturazione di quel canale costituita da guttaperca e da una porzione metallica a metà canale”.
Premesso che nella stragrande maggioranza dei casi gli strumenti si fratturano nella radice mesiale dei molari inferiori e nella mesio-vestibolare dei molari superiori, il dott. Castellucci fa un’altra considerazione, visto che stiamo parlando di radici con all’interno due canali.
“In una discreta percentuali di casi, i due canali di una stessa radice confluiscono in un forame unico e per accorgersi di questa particolare anatomia i sistemi descritti in letteratura sono molti e in più oggi è di estremo aiuto la CBCT nella proiezione assiale. Pertanto, se sono certo della confluenza dei due canali, una volta deterso e sagomato a dovere il canale esente dal problema, non faccio il minimo sforzo per rimuovere il frammento, visto che la parte di canale in comune ai due è già stata preparata passando dall’altro canale. Questo per fortuna succede spesso e in effetti è proprio la confluenza (non diagnosticata per tempo…) la causa dello spiacevole incidente. Dove esiste la confluenza, infatti, il canale fa una contro-curva che lo strumento non sopporta e si frattura…”.
Ma l’approccio per via ortograda non è l’unico possibile.
“Ci sono casi – sottolinea Castellucci – che richiedono una soluzione esclusivamente chirurgica. È il caso di strumenti di grosso calibro, saldamente incastrati a livello del forame apicale e al di là di una curvatura di una radice lunga. La stessa cosa vale per strumenti rotti al forame e sporgenti nei tessuti periapicali". In queste situazioni, il dott. Castellucci suggerisce di procedere direttamente con un approccio chirurgico. Un approccio che deve essere effettuato dall’endodontista stesso, senza andare a coinvolgere chirurghi orali o maxillo-facciali, che spesso non hanno nemmeno l’esperienza e le competenze necessarie per risolvere casi così complessi di pura spettanza dell’endodontista.
Per concludere, il dott. Castellucci torna sulla necessità che il clinico comunichi la frattura di uno strumento endodontico durante un trattamento.
“Spesso i pazienti non vengono debitamente informati sull’accaduto oppure lo sono solo in parte. Sarebbe invece deontologicamente corretto che il clinico mettesse il paziente a conoscenza della situazione ed eventualmente lo indirizzi presso colleghi più esperti in grado quindi di risolvere la problematica, facendosi carico anche della parcella”.
Il Dottor Castellucci termina poi con un’ultima riflessione: “in Italia mancano le scuole di specializzazione post laurea e sono pochi i corsi di laurea in cui si insegna 'seriamente' l’endodonzia, sfornando quindi dei neolaureati in Odontoiatria che spesso non hanno mai effettuato dei trattamenti endodontici”.
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