Gentile direttore
Le arti marziali giapponesi, in particolare l’Aikido, insegnano ad usare la forza dell’avversario per sfruttarla a proprio vantaggio. Ciò consente di confrontarsi con avversari più forti ed addirittura con più avversari contemporaneamente, con buona probabilità di uscirne vincitori.Non vi sono dubbi che, nella battaglia contro la pubblicità selvaggia, i nostri avversari siano forti e numerosi, a partire da alcuni spericolati colleghi, per arrivare alle catene dentali con il loro marketing aggressivo e per finire con lo Stato, che si inchina al totem della “concorrenza” con regole in materia di pubblicità in campo sanitario che continuano ad avere punti oscuri e controversi e che consentono comportamenti deplorevoli. Indipendentemente dalla bontà delle nostre ragioni e dalla non sempre elevata qualità dei nostri argomenti, bisogna prendere atto che ben poco si è ottenuto in questi anni, a partire dall’ormai lontano Decreto Bersani.
Non è che prima le cose andassero molto meglio ma certamente, a partire da quel momento, l’atteggiamento punitivo dell’Autority sta condizionando molto il ruolo ordinistico nella materia.
Cosa fare allora?
Al di là di quanto possiamo oggi ottenere sulla pubblicità sanitaria, intorno alla quale noto una confusione di ruoli che certo non giova, perchè non sfruttare la forza dell’avversario, come nelle arti marziali sopra citate, piegando a nostro vantaggio il pilastro su cui poggia la così male utilizzata libertà di farsi pubblicità? Parlo della esaltazione della concorrenza, che consentirebbe non solo di meglio presentare la propria offerta ma, soprattutto, di tenere bassi i prezzi delle prestazioni, senza alcun limite.
Questo prendendo esempio dalle regole del mondo del commercio, cui siamo equiparati in un modo decisamente improprio.
Ma se lo Stato mi considera alla stregua di un comune commerciante, io pretendo di potermi comportare in questo modo fino in fondo. Potrò allora non solo applicare tariffe basse, ma addirittura al pari del costo o anche sottocosto. Potrò abbassare le mie tariffe per contrastare l’emergere nella mia zona di un nuovo studio dentistico o per abbattere definitivamente un collega vicino già in difficoltà. O semplicemente per crearmi una clientela ad inizio attività. Anche a costo di rimetterci.
Questa non è fantascienza, è quello che si verifica quotidianamente nel mondo del commercio. Quanti piccoli commercianti chiudono ogni anno per le vendite sottocosto dei Centri commerciali? Di conseguenza lo Stato non può “presumere” i miei ricavi sulla base di dati in alcun modo desunti, perchè io posso ricavare dalla mia attività quanto mi pare o quanto mi basta, o anche meno, con soli limiti di tempo e con ovvii limiti di spese personali.
Addio allora alle “anomalie tra redditi dichiarati e quanto previsto dagli studi di settore”, addio a qualsiasi formula statistico matematica che calcoli il mio ricavo, al di sotto del quale divento un possibile evasore fiscale. Si potrebbe così dare la definitiva spallata ad un congegno che già da tempo traballa, ma che tuttora mette paura.
Che lo Stato trovi nella sua stessa forza un handicap per le sue vessazioni. Oppure si decida ad ammettere che le prestazioni sanitarie non possono sottostare ad una pubblicità selvaggia, perchè il prezzo concorrenziale è solo l’ultimo dei problemi, essendo il primo la reale necessità di cure, e non quella fittizia alimentata da messaggi fuorvianti. Come giustamente faceva notare in un suo DiDomenica.
Dottor Renato Mele: Rappresentante toscano nella Consulta ENPAM della libera professione
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