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22 Novembre 2018

Pubblicità ed emendamento On. Boldi. Un direttore sanitario le scrive avanzando criticità e dubbi


Riceviamo dal dott. Cappellin con richiesta di pubblicazione. 


Egr. On. Rossana Boldi 


Mi permetto di scriverle in qualità di odontoiatra, di direttore sanitario della clinica che porta il mio nome e di moderatore del gruppo Odontoiatria Extraclinica, che conta alla data odierna 19.203 membri, in quanto ho promosso con diversi miei post una discussione sul testo dell’allora disegno di legge (ora emendamento). Specifico a scanso di equivoci che non rappresento questi colleghi, ma ho appunto moderato alcune discussioni sul tema. 

Negli ultimi mesi sul gruppo si è molto discusso di pubblicità sanitaria e sono emerse alcune criticità, che mi permetto di sottoporre alla Sua attenzione. Anzitutto vorrei definire più che lodevole e giusto l’intento di mettere un argine alla pubblicità smaccata, che equipara la salute a un prodotto da banco o anche peggio, con prezzi scontati e “specchietti per le allodole”.

Premetto questo per sgombrare il campo da qualsiasi malinteso, perché su questo tutti i colleghi che lavorano seriamente e avendo a cuore la salute dei pazienti sono d’accordo. Ciò premesso, l’emendamento (che ricalca il disegno di legge nella sostanza) da lei presentato, presenta una serie di ambiguità interpretative e ancor più una serie di criticità applicative che mi permetto di segnalarle. 

La prima è relativa all’ambiguità di parlare genericamente di escludere "qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestionale”, che a mio modesto parere (e porto l’opinione di un gran numero di colleghi del gruppo) risulta troppo interpretabile e anche in qualche modo contraddittorio, in quanto una pubblicità per definizione contiene un carattere di promozione di qualcosa (struttura, persona o servizio). 
Se si riferisce all’esclusione di promozioni tipo “3x2” ovviamente tutti non possono che essere d’accordo, in quanto lesive della dignità medica e potenzialmente ingannevoli e pregiudizievoli per la salute dei pazienti.

Ma se qualche Ordine troppo zelante estendesse questa interpretazione in modo assoluto, di fatto vieterebbe qualsiasi comunicazione, in quanto anche solo una comunicazione che parli di me e delle branche di cui mi occupo potrebbe essere intesa come una promozione della mia persona e/o struttura in cui lavoro, in quanto il termine “promozionale” nella nostra lingua non ha solo il significato di “offerta scontata”, ma anche di “promuovere” la conoscenza di qualcosa in generale.

Come garantire una corretta interpretazione della norma?

A mio modesto parere occorre specificare in modo inequivocabile cosa è permesso e cosa no, per rafforzare lo spirito della legge e trovare il consenso unanime di tutti coloro che vogliono lavorare bene e con etica professionale, colpendo solo coloro che mercificano la professione e non penalizzando gli altri (che sono la maggioranza, sarebbe veramente triste penalizzare tutti per colpire qualcuno, che se lo merita). “Suggestionale” è un termine ancora più ambiguo su cui non mi soffermo, perché non voglio farle perdere tempo e certamente ha compreso il punto della questione. 

La seconda e più grave criticità è rappresentata dal controllo preventivo degli Ordini. Questa si articola in due grandi dubbi, che sono stati espressi (talvolta anche con toni molto accesi che le risparmio) sul nostro gruppo. Anzitutto una grande maggioranza di colleghi non crede più nella terzietà degli Ordini professionali, ritenendo che talvolta (o spesso, alcuni dicono) i loro membri utilizzino le loro prerogative più in qualità di concorrenti dei colleghi su cui sono chiamati a vigilare. 

Questa percezione, a ragione o a torto che sia, dovrebbe sollevare un importante interrogativo sul rischio oggettivo che, a seconda degli Ordini, l’emendamento / legge così configurati possano rappresentare per alcuni territori di fatto un divieto assoluto di comunicare e pubblicizzare i propri servizi. Risulta infine a dir poco anomalo che chi è di fatto concorrente sul territorio possa analizzare preventivamente le pubblicità dei propri concorrenti (si configura anche il problema relativo al fatto che un’idea pubblicitaria può essere “diffusa” a terzi da esaminatori poco corretti prima che possa raggiungere il suo target finale).


Tutte queste considerazioni non sono mie personali, ma sono emerse nella discussione sul gruppo, le ho riassunte per Sua comodità. 

La maggiore criticità è però rappresentata dai tempi e dalle modalità con cui nel mondo moderno si diffondono i messaggi pubblicitari. Un termine di 30 giorni è infatti troppo lungo per la velocità con cui attualmente si articolano le comunicazioni, perché se può forse avere senso per la carta stampata, è assolutamente inadeguato per tutto il comparto online, dai blog ai social media, che attualmente rappresenta la gran parte della comunicazione pubblicitaria. 

Come faranno gli Ordini a valutare per esempio tutti i post di un social media come Facebook o Instagram?

Ogni struttura ne può fare uscire anche diversi al giorno, molti dei quali sono appunto “social”, foto di quotidianità, compleanni dei dipendenti, feste… che comunque hanno un contenuto di “promozione” dell’immagine anche se direttamente non promuovono i servizi sanitari, ma coinvolgono comunque medici, igieniste, odontotecnici, assistenti… di una certa struttura sanitaria e possono essere visti in tutto il mondo in pochi secondi. E’ semplicemente impensabile che ogni volta si debba chiedere il parere preventivo dell’Ordine di appartenenza, anzitutto perché nel giro di pochi giorni gli Ordini riceverebbero migliaia di richieste e poi perché sarebbe assurdo pubblicare un post con la foto di una festa di compleanno 30 giorni dopo, solo per fare un esempio. 

Onorevole, essendo lei anche una collega, sono sicuro che sia animata dai migliori intenti nei confronti dei pazienti e di tutti noi colleghi, ma la prego di tenere in conto queste grandi difficoltà. Non sono un legislatore e neppure un politico, quindi scuserà la mia ingenuità nel chiederle con la massima umiltà se fosse possibile:- specificare in modo chiaro e inequivocabile quali sono le pubblicità che si vogliono evitare, ma anche (soprattutto) quelle che invece sono permesse. Questo per evitare qualsiasi discrezionalità in fase di controllo e disciplinare, che potrebbero originare disparità di trattamento- riconsiderare la questione del parere preventivo degli Ordini, possibilmente stralciarlo dal testo, aumentando invece la possibilità di controllo e di sanzione a posteriori in caso di violazione, avendo stabilito in modo chiaro i “paletti” entro cui la pubblicità è consentita e quelli in cui invece è vietata.  

Nessuno di noi potrà aver paura degli Ordini e della legge se agisce correttamente e soprattutto se le regole sono chiare e non discrezionali, anzi ne saremo tutti felici! Sperando di aver potuto fornire almeno un modesto contributo, a nome mio e di tutti i colleghi di cui ho raccolto i commenti ai vari post del gruppo, attendo fiducioso una sua risposta e rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento e confronto. 

La ringrazio anticipatamente per il suo tempo e le auguro buon lavoro, ringraziando per il servizio che svolge per la Nazione, voglia gradire i miei più cordiali saluti.

Dott. Mario R. Cappellin

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