La pandemia ha ampliato gli adempimenti burocratici per lo studio odontoaitrico, per il dott. Cirulli la morte da burocrazia si evita con strategia mirate ed efficaci
Viviamo un momento storico drammatico in cui la pandemia sembra non ci voglia lasciare e, sebbene il virus sembri meno letale, le problematiche ad esso connesse sembrano aumentare.
La responsabilità è a mio avviso imputabile a norme che la politica ci impone per cui spesso il meglio è nemico del bene.
Sono stati proposti protocolli difficilmente applicabili, specie in strutture come gli studi odontoiatrici di piccole/medie dimensioni, che comportano un impegno esagerato per una categoria professionale che già aveva i suoi protocolli di sicurezza.
Peraltro, pochissimi i casi di trasmissione del COVID 19 sono stati registrati in uno Studio odontoiatrico.
Nonostante questo si sono trasformati i dentisti in ufficiali giudiziari. In questa fase di cronicizzazione dovremmo iniziare a considerare il Covid come una malattia che circola e quindi bisognerebbe smettere di seguire gli asintomatici altrimenti rischiamo di affogare nel mare di regole, che in gran parte non sono applicate perché non applicabili.Per fare un esempio, esiste l’obbligo di consegnare i cosiddetti dispositivi di protezione individuale al personale con relativa dichiarazione firmata di avvenuta ricezione.
Chi garantisce che dopo questo pezzo di carta debitamente firmato tali dispositivi si useranno realmente?
La firma per ricezione ha senso in una fabbrica e non in uno studio odontoiatrico dove da sempre si utilizzano DPI, nell’interesse del sanitario e del paziente.
Altra norma inapplicabile è quella che prevede che il dentista datore di lavoro controlli quotidianamente il green pass della assistente, con la quale magari si sono recati insieme a fare il vaccino.Il mondo odontoiatrico sa bene come complicarsi la vita, ma oggi lo sforzo organizzativo è esagerato e rischia di diventare esasperante.L’organizzazione dello studio dentistico già prima del COVID 19 presentava le stesse difficoltà di una struttura sanitaria complessa o di una azienda di grandi dimensioni: dipendenti, fornitori, sicurezza, prestazioni, archivi, magazzino, manutenzioni, e altro ancora.
Lo studio dentistico richiede sempre più documenti, attestati, protocolli, autocertificazioni, corsi sulla sicurezza, Ecm, radioprotezione, verifica elettromedicali, antincendio, privacy, sistema tessera sanitaria e tante altre incombenze che moltiplicano gli esperti qualificati. È necessario tutelarsi per ogni minima azione con firme di accettazione da parte del paziente sul rispetto della privacy e sul consenso informato e riportare in fattura ogni singola prestazione per non incorrere in sanzioni fiscali.
Certo basterebbe avere tutti i documenti in ordine e ben ordinati per raggiungere una serenità operativa, ma tante di queste incombenze non hanno nulla a che vedere con la qualità della prestazione sanitaria e servono solo a mantenere in vita un apparato che le produce e uno che le controlla.
Dall'applicazione di regole di comportamento semplici si genera una conduzione corretta della attività sanitaria odontoiatrica. Come esempio potremmo prendere la Medicina di base, che adotta poche e semplici regole con ottimi risultati. Quello che noi dobbiamo chiedere alla politica, regionale o nazionale che sia, è la semplificazione delle procedure burocratiche di apertura e di gestione dei nostri studi che oggi generano costi che poi gravano inesorabilmente, insieme alle decine di controlli spesso sovradimensionati alle nostre realtà, sulle parcelle che esponiamo ai pazienti. Il rischio è che dei pazienti, attratti dal turismo dentale, piacevole perché conveniente e associato ad una vacanza si dirigano verso Paesi dove la pressione fiscale e amministrativa è (non un caso) decisamente inferiore.
Purtroppo, il legislatore anche in momenti drammatici come la pandemia da COVID 19, riesce a stupire in negativo. Un esempio è il Regolamento Autorizzativo della Regione Puglia emanato il 31 marzo 2020, in piena pandemia, senza adeguata discussione e parere ufficiale dei Consigli degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri e senza il coinvolgimento dei Dirigenti dei Dipartimenti di Prevenzione. Si evidenzia che il suddetto Regolamento, nato con lo scopo di uniformare le procedure autorizzative locali non ha di fatto raggiunto il suo scopo, evidenziandosi difformità interpretative da parte dei diversi dipartimenti di prevenzione delle ASL pugliesi. Fatto ancora più grave è che questo Regolamento ha praticamente obbligato tutti i dentisti pugliesi a rifare l’autorizzazione sanitaria interagendo con funzionari delle ASL non informati del nuovo Regolamento. E quindi di nuovo lì a presentare planimetrie, certificazioni, dichiarazioni fra cui la nuova richiesta di protocollo per il rischio Legionellosi pretestuoso e privo di fondamento legislativo. Non è stato mai dimostrato che i casi di Legionellosi siano stati contratti in studi odontoiatrici. Tutto questo nel silenzio assordante dei cosiddetti sindacati di categoria. Non so se tale comportamento sia legato alla colpevole e passiva accondiscendenza dovuta ad incapacità oppure per mancanza di idee alternative, oppure se vi siano altre ragioni occulte.
Nel Lazio per mantenere l’autorizzazione sanitaria, ogni anno entro il 31 Dicembre bisogna confermare la permanenza del possesso dei requisiti minimi, invece di chiedere semplicemente di comunicare se è cambiato qualcosa nella organizzazione dello studio odontoiatrico. Tutto ciò nasce dalla constatazione che ogni Regione legifera in modo autonomo in tema di sanità, con la conseguenza che ci sono ad oggi 21 diverse procedure per l’apertura di uno studio odontoiatrico, per cui può capitare che studi che distano pochi chilometri, si trovino di fronte a regole diverse e accertamenti disomogenei.Infatti nonostante le promesse di semplificazione della burocrazia l’Italia continua a perdere posizioni fra i Paesi Ocse, per quanto riguarda la qualità della amministrazione, evidenziando un livello della burocrazia "ben lontano dallo standard dei migliori tra le economie avanzate".
Quello che la categoria tutta deve chiedere alla politica, regionale o nazionale, è di ridurre, semplificare ed armonizzare le procedure e la modulistica richieste agli studi odontoiatrici, soprattutto nella fase di avvio dell’attività, che in molti casi porta ad un potenziale conflitto tra diverse disposizioni.Meglio ancora sarebbe se si assegnasse in maniera inequivocabile allo Stato il ruolo di garante del diritto alla tutela della salute, imponendo per esempio alle Regioni l’applicazione del Regolamento sulle Autorizzazioni sanitarie emanato della Conferenza Stato-Regioni nel 2016.
Ci sono ampi margini per migliorare ed evitare la morte da burocrazia e si può fare con strategie che non richiedono maggiori risorse economiche o medicine miracolose.
Dott. Nunzio Cirulli: Presidente Associazione Andiamoinordine
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