A molti la Legge Volponi non dice molto, anche se pienamente in vigore.
A ricordare la sua esistenza è stata ieri la trasmissione Striscia la Notizia con il servizio di Valerio Staffelli attraverso il quale ha nuovamente affrontato il problema della chiusura di alcuni studi della Vitaldent, chiedendosi come queste società proprietarie degli studi potessero acquistare materiali e attrezzature. Visto che proprio la Volponi ne consentirebbe l'acquisto ai soli iscritti all'Albo.
Questo dice la Legge
La Legge 05-02-1992, n. 175 che prende il nome del primo firmatario On. Alberto Volponi - laureato in Medicina e specializzato in Gastroenterologia e Cardiologia, Dirigente medico dell'Ospedale Umberto I di Frosinone e Presidente del locale Ordine provinciale dei medici ed anche Consigliere Enpam fino al 2012- reca norme in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie. Molte delle norme contenute in questa Legge sulla pubblicità sono state abrogate o modificate dalla Bersani mentre sono rimaste pienamente in vigore quelle legate all'esercizio abusivo della professione, all'utilizzo dei titoli professionali e (l'articolo 9) che regolamenta la vendita di attrezzature e materiali ad uso odontoiatrico ed odontotecnico.
I testo:
L'elenco predisposto dal Ministero della Salute indica, chiaramente, cosa possono comprare dentisti ed odontotecnici. Un elenco che come recita la Legge avrebbe dovuto essere aggiornato periodicamente, "almeno ogni 3 anni", ma che ad oggi non è mai stato modificato. Così si trovano elencate attrezzature e materiali non più in commercio mentre moltissimi altri non sono neppure contemplate.
Ma i depositi controllano a chi vendono attrezzature e prodotti ad uso esclusivo odontoiatrico e se chi li acquista è un iscritto all'Albo?
"Devono farlo", dice ad Odontoaitria33 Maurizio Quaranta Vice Presidente ADEE, l'associazione dei depositi dentali europea". "Prima di vendere una attrezzatura o un materiale ad uso odontoiatrico il deposito dovrebbe chiedere l'autorizzazione dello studio e verificare che il titolare o il direttore sanitario sia iscritto all'Albo, altrimenti non può venderla". "Il problema -ricorda Quaranta- nasce dal fatto che l'elenco è fermo al 1992 e mai aggiornato ed ANCAD da tempo chiede il suo aggiornamento".
Depositi chiamati, di fatto, nel ruolo di controllore verso l'esercizio abusivo della professione, ruolo che per Quaranta "non dovrebbe essere demandato ai venditori laddove Stato e Ordine non riescono ad intervenire".
E le sanzioni per i depositi scoperti a vendere a non abilitati sono importanti: da 2 a 5 volte il valore dell'attrezzatura venduta e l'arresto fino a 6 mesi.
Ma uno studio odontoiatrico organizzato in società di capitale può acquistare i prodotti ad uso esclusivo di un iscritto all'Albo degli odontoiatri?
"Io reputo di si", ci spiega l'avvocato Silvia Stefanelli (nella foto con il dott. Sanvenero) esperta in diritto sanitario in Bologna.
"L'obiettivo della legge era quello di non consentire la vendita di apparecchiature odontoiatriche a soggetti che non fossero legittimati ad utilizzarle: ciò allo scopo di evitare l'esercizio abusivo della professione. Poiché poi la legge è del 1992, in fase di formulazione della norma si è tenuto conto della situazione di fatto in essere all'epoca: cioè si è fatto riferimento solo ai soggetti iscritti agli albi professionale perché all'epoca erano solo loro ad esercitare l'attività odontoiatrica.
Nel corso degli anni poi è stata legittimata l'erogazione delle prestazioni odontoiatriche attraverso società di gestione titolari di autorizzazione sanitaria: ne deriva che la legge 175/92 deve oggi considerarsi integrata dai nuovi principi ammessi dall'ordinamento: in altre parole io reputo che le società che vendono dispositivi medici lo possano legittimamente fare a patto che verifichino che l'acquirente sia legittimato ad erogare odontoiatria"
Il dott. Sandro Sanvenero, segretario della CAO nazionale, nel definire non controvertibile la interpretazione autentica delle norme vigenti, sposta l'attenzione su un altro piano della questione.
"Le società di capitale se non inquadrate come cliniche o case di cura, e quindi devono prevedere la possibilità di degenza ed essere sottoposte alla pianificazione territoriale, non possono essere costitute al fine dell'esercizio dell'odontoiatria. E se sono costituite come società di servizi non possono acquistare materiale ed attrezzature ad uso odontoiatrico. L'unica norma che consente lo svolgimento della professione, secondo i modelli societari, è la legge che ha istituito le Società tra Professionisti: infatti la Bersani indicava la possibilità per le società di capitale di costituire studi medici ed odontoiatrici ma demandava all'emanazione di decreti attuativi, che non furono mai emanati, le modalità di costituzione.".
Per il dott. Sanvenero, quindi, il problema sta nel rispetto delle norme poste a tutela della sicurezza delle cure ai cittadini e nessuna rilevanza può avere il fatto che una società abbia come amministratore unico un iscritto all'Albo degli odontoiatri.
"Troppo spesso in Italia leggi poco chiare lasciano lo spazio a diversificate interpretazioni. Per questo è necessario, oggi, approvare gli emendamenti sulle società di capitale inseriti nel Ddl Concorrenza per rendere esplicito ciò che le norme già prevederebbero".
Norberto Maccagno
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