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08 Settembre 2014

Studi professionali esclusi dalla Cassa integrazione in deroga. Callioni (Confprofessioni): la conferma della poca considerazione del nostro lavoro


A sancirlo, definitivamente, il Decreto ministeriale del Ministero del Lavoro e dell'Economia firmato il primo agosto che esclude, o meglio non include, i dipendenti degli studi professionali tra coloro che possono chiedere la Cassa integrazione in deroga (Cig).

"La decisione non ci stupisce ma ci rammarica", commenta Roberto Callioni vicepresidente di Confprofessioni e past-president ANDI.
"Dietro alle scuse di una presunta mancanza di fondi, (gli studi professionali incidono solo per 1% sui fondi destinati alla Cig NdR) il Governo continua a non considerare i nostri dipendenti come tutti gli altri lavoratori negando i diritti che valgono invece per quelli delle imprese. Una poca lungimiranza che si basa sul luogo comune che vedrebbe gli studi professionali esenti dalla crisi. Ma sappiamo bene che così non è", dice Callioni che aggiunge. "Inoltre discriminando tra dipendenti di studi professionali ed imprese, i collaboratori di noi liberi professionisti subiscono un trattamento differente, e penalizzante, anche nei confronti dei lavoratori con la stessa mansione. Per esempio le Aso che lavorano, invece, in un centro odontoiatrico o in uno studio odontoiatrico inquadrato come Srl possono ottenere gli aiuti".

Dal 2008 gli studi professionali potevano richiedere la Cig per i propri dipendenti ma solo dal 2012, quando la crisi ha stremato anche gli studi professionali, hanno cominciato a chiederla in modo massiccio, e nel 2013 c'è stato un massiccio riscorso.

Dai dati di Confprofessioni, il totale di dipendenti di studi professionali che tra gennaio e ottobre 2013 ha fruito della Cig è stato di 7.944, il 77% in più rispetto all'anno precedente. Tra questi anche gli studi odontoiatrici: nel 2012 sono stati 106 i dipendenti che hanno usufruito della Cig mentre nel 2013 sono più che raddoppiati arrivando a 244.

"La decisione del Governo -conclude Callioni- non fa altro che confermare una visione miopistica del mondo del lavoro non considerando gli studi professionali come motore dell'economia nazionale e fonte di posti di lavoro, molti dei quali femminili. Gli studi professionali assumono, non delocalizzano e prima di licenziare, dopo quanto abbiamo investito sula formazione dei nostri dipendenti, ci pensano mille. La Politica, invece continua a considerarci una categoria da spremere e penalizzare".

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