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07 Luglio 2020

Analogico-digitale: il meglio delle due tecnologie dal punto di vista odontotecnico

In questo articolo Enrico Ferrarelli e Gilberto Gallelli hanno messo a confronto i protocolli analogici e digitali prendendone il meglio da entrambi, documentando con immagini e video

Enrico Ferrarelli e Gilberto Gallelli

Enrico Ferrarelli e Gilberto GallelliEnrico Ferrarelli e Gilberto Gallelli

Oggi la tecnologia digitale ha invaso l’intero comparto dentale migliorando, grazie al controllo numerico, la maggior parte delle lavorazioni, sia in termini produttivi che qualitativi. Dire che abbia soppiantato tutta la lavorazione analogica forse è ancora azzardato. Ottimizzare è alla base della nostra vita, specialmente nei momenti di trasformazione. Nel nostro specifico, dove attualmente le novità non mancano sia nei materiali che nelle attrezzature, è prioritario esaminare le tecnologie oggi a disposizione.

Analizzando lo stato dell’arte nel flusso digitale, ci siamo resi conto che alcune tecniche analogiche ad oggi sono ancora superiori, sia in termini pratici che economico/produttivi. I sistemi digitali hanno eliminato “la catena di montaggio”, ovvero le fasi di lavoro meno qualificanti, e alzato il livello medio della qualità (senza alzare la qualità dell’operatore tecnico che non può prescindere dalle proprie competenze), rendendo più ripetitivi i protocolli.

Un sistema digitale ha senso solo se ha questi vantaggi, per contro se diventa più costoso e complesso senza portare dei vantaggi in termini qualitativi diventa superfluo. Inoltre, abbiamo anche voluto comprendere se i protocolli debbano essere “riscritti” in funzione delle disponibilità tecnologiche attuali. In questo articolo abbiamo messo a confronto i protocolli analogici e digitali prendendone il meglio da entrambi.

Digital Smile Design
Esistono tre sistemi che riproducono il viso dandoci poi la possibilità di lavorarci sopra e di mostrare al paziente la previsualizzazione del progetto.

1. Fotografia inserita in un sistema di fotoritocco. Questo sistema è utile per dare un’idea già in prima visita al paziente su come potrà migliorare il suo sorriso, ma questa metodica potrebbe restituire un risultato non sempre perfettamente riproducibile, una “promessa” difficile da mantenere. Anche a noi addetti ai lavori risulta utile come base per il progetto definitivo. Economico, facile da usare, di grande impatto sul paziente, ottimo strumento di vendita, ma poco affidabile. Nel nostro settore esistono vari software dedicati ma è possibile usare anche un sistema di fotoritocco reperibile dal settore fotografico.




2. Fotografia inserita in un sistema CAD. Questo sistema è molto utile per il tecnico come ausilio alla modellazione, visto che in questo caso la progettazione viene eseguita direttamente con l’ausilio della foto, un po’ meno per comunicare con il paziente, considerando che la grafica è poco realistica. Economico, utile alla progettazione riproducibile sul paziente e affidabile (figg. 1, 2).


Fig. 1



Fig. 2





3. Scansione del viso inserita in un sistema CAD. Sostanzialmente uguale al precedente con la differenza che viene utilizzata una scansione 3D invece della foto. Troppo costoso rispetto ai vantaggi che si hanno rispetto alla fotografia.




Tra i tre sistemi, il secondo risulta un ottimo compromesso tra praticità e costi. Finito il progetto digitale è possibile seguire più strade per la previsualizzazione diretta sul paziente: produrre direttamente il progetto mock-up per mezzo di una stampa o di una fresatura o stampare i modelli del progetto sui quali eseguire le mascherine (stampate o in silicone o termostampate) per il mock-up che verrà eseguito direttamente sul paziente. Il coinvolgimento del paziente in questo caso sarà massimo e la previsualizzazione realistica e riproducibile (figg. 3, 4).

Fig. 3



Fig. 4



Arco facciale anatomico e digitale
I casi su impronte digitali aumentano esponenzialmente, ma le relative registrazioni funzionali solo da poco incominciano a essere disponibili. Alcune aziende hanno iniziato a produrre archi facciali/assiografi in grado di registrare sia i movimenti reali delle arcate del paziente sia la posizione del mascellare.




Questi, inoltre, sono anche di grande supporto diagnostico. L’utilizzo di queste attrezzature obbliga a degli investimenti sostanziosi che per una semplice registrazione delle arcate potrebbero essere eccessivi, calcolando che il sistema di movimento individuale delle arcate inizia a essere presente già negli scanner intraorali, per ora disponibile solo su TRIOS.




Può un arco facciale anatomico essere interfacciato con un’impronta digitale?
Attualmente i sistemi digitali sono tarati per allineare la posizione del mascellare superiore, precedentemente montato su un articolatore analogico per mezzo di basi che si applicano nello scanner specificatamente allineate al sistema. Queste ci restituiscono la posizione spaziale all’interno dell’articolatore virtuale (figg. 5, 6).


Fig. 5



Fig. 6



Il problema si pone quando lavoriamo con l’impronta digitale. Dato che i sistemi CAD non riconoscono la posizione spaziale di archi anatomici, abbiamo pensato a un escamotage per superare questo limite.  Vediamo i passaggi che abbiamo messo a punto per riuscire a usare un arco anatomico con le scansioni intraorali, avendo la possibilità di verificare analogicamente (con l’articolatore) anche i flussi totalmente digitali.

Nella prima seduta del paziente in studio verranno rilevate le scansioni intraorali, lab registrazione dell’arco facciale anatomico/individuale con le relative cere per la programmazione dell’articolatore, prima fisico e poi successivamente digitale. Dalle scansioni intraorali stamperemo i modelli che monteremo in articolatore come da protocollo tradizionale (fig. 7).


Fig. 7



A questo punto avremo tra le mani la bocca del paziente per verificarne la funzione.




Scansioniamo il modello mascellare superiore prototipato, utilizzando la basetta dedicata per l’allineamento al sistema CAD (come descritto precedentemente) (fig. 8).


Fig. 8



Dato che un modello stampato non può avere le caratteristiche di precisione minima (fig. 9), quest’ultimo verrà utilizzato solo per allineare la scansione intraorale master sulla quale lavoreremo (figg. 10, 11).


Fig. 9



Fig. 10



Fig. 11



Una volta allineate le due scansioni sostituiamo il modello master iniziale (scansione del modello prototipato) con l’impronta digitale nella posizione corretta. Ci auspichiamo che a breve i software CAD siano forniti di riconoscimento della posizione dell’arco anatomico.

Preparazione moncone dentale
Nella preparazione “digitale”, indipendentemente dalla sua architettura, si dovrà tenere conto di alcune caratteristiche fondamentali, come del resto in quella analogica. Le più importanti da evitare sono: indicate in fig. 12.


Fig. 12



Nei sistemi produttivi per sottrazione (fresatori) difficilmente possono essere riprodotti degli angoli vivi negativi, in quanto il più piccolo diametro della fresa mediamente usata potrebbe non arrivare a riprodurre tale spigolo (fig. 13).


Fig. 13



Per ovviare a questo, le software house hanno inserito la compensazione fresa. Tecnicamente il problema viene risolto, ma per contro si riduce lo spazio a disposizione per la ricostruzione protesica.

Avere cura di arrotondare gli spigoli diventa vitale in caso di spazi ridotti (fig. 14).


Fig. 14



Inoltre, in zona marginale, come indicato nel disegno, evitare contro biselli e imperfezioni perché in alcuni casi sono irriproducibili.

Impronta digitale: provvisori o filo retrattore
L’impronta digitale ha dei grandi vantaggi rispetto a quella analogica, può essere “costruita” in più step; inoltre, non crea compressioni ed è velocissima nell’acquisire dettagli. Da questa premessa viene voglia di riorganizzare il protocollo di rilevazione. Nel caso non si optasse per una preparazione iuxta-gengivale, in alternativa ai sistemi tradizionali (filo retrattore, elettrobisturi...), si potrebbero usare i provvisori sovra-contornati che avranno il compito di condizionare i tessuti tanto da facilitare la lettura del solco gengivale al momento dell’impronta.

Si procede con la scansione dell’arcata completa dei provvisori in situ; gli stessi potranno essere rimossi per poi passare alla scansione dei singoli monconi. In questo modo il tempo di ripresa del moncone sarà ridotto a pochi istanti nei quali i tessuti rimarranno della forma condizionata dal provvisorio (fig. 15).


Fig. 15



Impronta digitale: la registrazione occlusale
Analizzando bene i sistemi digitali intraorali ci siamo resi conto che l’allineamento delle due arcate non sempre risulta preciso. Come nelle impronte analogiche anche in quelle digitali è possibile “assestare manualmente” bene le arcate facendo riferimento a dettagli come le faccette di usura.

Il problema si pone nelle I e II Classi di Kennedy o nelle riabilitazioni totali, dove mancano degli appoggi posteriori come punto di riferimento al controllo dell’intercuspidazione (fig. 16).


Fig. 16



Un sistema molto semplice è quello di scansionare prima di tutto l’arcata con i provvisori o con dei check in resina fissati sulla connessione implantare o sul pilastro naturale, nella zona più distale possibile (fig. 17).


Fig. 17



In questo modo avremo la possibilità di verificare se la registrazione occlusale è corretta e, nel caso, correggerla (figg. 18, 19).


Fig. 18



Fig. 19



Precisione nel trasferimento della posizione impianti: chiave di posizione
Nelle lavorazioni su impianti multipli sappiamo che è assolutamente necessaria la totale passività della struttura protesica; per questo a oggi il sistema più pratico risulta ancora quello di prendere la posizione degli impianti tramite una chiave in gesso o in resina stabilizzata.

Questa registrazione viaggia in parallelo con le impronte definitive, che siano esse analogiche o digitali. Nello specifico del flusso digitale queste chiavi saranno poi accoppiate alle impronte intraorali usando delle torrette avvitate per provvisori o gli stessi scanbody (fig. 20).


Fig. 20



In questo modo avremo la possibilità di lavorare su impronte digitali usando come posizione master la chiave analogica, che sarà necessaria anche per la verifica finale e/o passivazione del manufatto protesico. Tale tecnica può essere applicata anche ad altre tipologie di lavoro come le corone telescopiche doppie (fig. 21).


Fig. 21



Modelli prototipati
Partendo dalle lavorazioni analogiche che tutti conosciamo, sappiamo che ogni passaggio è la somma di errori dei vari materiali. Più passaggi eseguiamo e maggiori errori potenziali includiamo nel processo di lavorazione.

Il vantaggio di un flusso digitale è che tutto rimane inalterato, a patto che si rimanga nello stesso ambiente; per contro, ogni volta che si entra in quello analogico (stampa del modello master ecc.) è inevitabile la perdita della precisione. Partendo da un’impronta digitale sarebbe un errore cercare di produrne un modello master analogico sul quale lavorare; quindi a oggi crediamo che questi siano utili solo come supporto ma non come master di lavorazione.

Riteniamo, inoltre, molto utile la trasformazione da digitale ad analogico per le fasi dove non è richiesta una precisione elevata come bite, modelli di posizioni, prove di progetti anatomico-funzionali, calcinabili, basi di articolazioni ecc.

I materiali e i sistemi produttivi: strutture cut-back monolitiche microlyering e scelta dei materiali
Le aziende produttrici stanno investendo molto nel settore dei materiali di produzione, specialmente nel campo del metalfree, prima tra tutti la zirconia, a differenza di un tempo dove i lavori erano per la stragrande maggioranza metallo-ceramica. Oggi, non essendoci più il metallo come struttura di supporto, scegliere il materiale come base per il nostro lavoro è prioritario. Un progetto parte da lì.

La zirconia offre una vasta gamma di opacità, colorazioni e durezze. Le ultime generazione hanno caratteristiche di elevata traslucenza e di stratificazione cromatica (multilayer) anche con resistenze ben oltre i 1000 Mpa.

Interessanti dal nostro punto di vista, solo esteticamente, le “zirconie progressive” che offrono una progressione di durezza (da 1200 a 600 MPA) ma anche di opacità, caratteristica molto utile. 

Dato che l’offerta dei materiali diventa sempre più ampia, quando affronteremo un caso metalfree sarà fondamentale tenere in considerazione alcune regole:

  • informazione sul supporto dentale (discromie, perni monconi metallici, tipo di cementazione adesiva/convenzionale);
  • estensione del manufatto protesico;
  • architettura delle preparazioni in relazione ai tessuti gengivali;
  • tipo di occlusione;
  • aspettative estetiche.

Analizzati tali presupposti dobbiamo considerare una caratteristica da non trascurare che riguarda la differenza di indice di rifrazione della zirconia rispetto a quella delle ceramiche vetrose e dello smalto del dente naturale (fig. 22).


Fig. 22





Provare a lasciare una zirconia lucidata a mano senza nessun rivestimento chiarisce bene questo aspetto (fig. 23).


Fig. 23



Non sempre la scelta del manufatto “monolitico” sui settori anteriori si adatta perfettamente; è per questo motivo che la nostra scelta ricade spesso su una tecnica ibrida con microlayer di ceramica per conferire alla parte visibile un indice di rifrazione più conosciuto quale quello delle ceramiche vetrose.



Tali tecniche possono essere implementate con le ceramiche più moderne, chiamate 3D, che vedono l’utilizzo di gel vetrosi senza utilizzo di “polveri” (fig. 24).


Fig. 24



Dalla nostra esperienza, l’utilizzo di zirconie da infiltrazione è sempre meno necessario, in quanto la qualità di quelle multilayer ha raggiunto livelli di stratificazione e cromaticità più naturali; infatti non ha senso realizzare delle strutture da rivestire totalmente in ceramica come si fa su quelle metalliche. Nel caso si scelga la stratificazione completa in ceramica, oggi possiamo pensare alla struttura in zirconia come la dentina sulla quale stratificare esclusivamente gli smalti e gli effetti incisali.




Produzione e sinterizzazione della zirconia
Dopo avere realizzato un progetto in formato .stl lo stesso va trasformato nel materiale scelto. I sistemi più precisi e affidabili ancora oggi sono quelli per sottrazione. Nel campo dell’estetica integrale, il tipo di produzione più diffusa attualmente è la monolitica con ultra e micro stratificazione.

Per ottenere una riproduzione più fedele possibile del progetto stl – che comprenda tutti i dettagli anatomici e che risponda al grado di traslucenza descritta dal produttore – è necessario avvalersi di sistemi hardware e software in grado di rispondere alle nostre esigenze con l’inevitabile supporto delle nostre competenze e accuratezze.




Nella filiera produttiva la prima fase spetta al software CAM, che ha il compito di realizzare il percorso fresa, una linea immaginaria realizzata da tanti punti (coordinate).




La distanza tra questi punti stabilisce la definizione. Questo susseguirsi di punti è necessario a guidare il CNC (fresatore) per sottrarre il materiale dal pieno tanto da ricavarne il progetto sotto forma di file.

Un software CAM deve dare la libertà all’operatore di poter scegliere sia la tipologia di fresa che il tipo di lavorazione, perché a differenza di altri settori, dove vengono sempre usate macchine a controllo numerico per la produzione, i nostri sistemi si devono adattare a produrre “oggetti” simili ma comunque differenti uno dall’altro, criticità superabile ma non trascurabile.

Le macchine CNC riproducono il più fedelmente possibile il percorso fresa precedentemente calcolato. Si tratta di un sistema molto semplice, dove un software a bordo macchina legge le coordinate del percorso e con quelle muove gli assi. La simbiosi tra software CAM e macchina CNC è imprescindibile. Purtroppo non è così scontato che venga riprodotto fedelmente il file progettato. Se fresiamo per due volte lo stesso file da due sistemi produttivi differenti, i due prodotti saranno inevitabilmente diversi tra loro; la gestione attenta di tutte le fasi rende questa differenza sempre minore.

Prima della sinterizzazione si procede manualmente alla rimozione dei pins di tenuta e alle riprese morfologiche. La sinterizzazione determina sia la resistenza della struttura che la traslucenza della zirconia. Lo stesso materiale con due cicli di sinterizzazione diversi avrà una resa estetica anche molto diversa (figg. 25-28).


Fig. 25



Fig. 26



Fig. 27



Fig. 28



Conclusioni
La tecnologia digitale non deve essere vista come nemica della nostra “artigianalità”, ma come integrazione e semplificazione di quelle procedure analogiche che sono state sempre complicate.

I nuovi protocolli con l’ausilio del digitale permettono risultati più predicibili e costanti, a patto che vengano poste sempre le stesse attenzioni seguite durante leprocedure analogiche.

Noi pensiamo che il livello medio dell’odontoiatria protesica abbia fatto diversi passi avanti elevandosi soprattutto nel campo dell’estetica, della precisione e della stabilità delle strutture. Sappiamo bene quali sono le difficoltà di una monofusione o quelle di realizzare dei lavori integrali con le tecniche tradizionali.

Tali protocolli non hanno la pretesa di confrontarsi con i virtuosismi irriproducibili di alcuni maestri, ma hanno lo scopo di aiutare a superare più facilmente alcune criticità.

Oggi noi affidiamo all’analogico la verifica sul paziente di alcune fasi come mock-up, registrazioni, congruenze occlusali, posizione impianti e, ovviamente, la finalizzazione del lavoro (fig. 29).


Fig. 29



La tendenza delle aziende produttrici di software e hardware è quella di realizzare sistemi chiusi e affidabili cercando il più possibile di controllare le variabili.

Noi crediamo che anche la parte produttiva debba essere legata a una competenza specifica e quindi affidata a dei tecnici specializzati in grado di affrontare le criticità avvalendosi di sistemi aperti. Inoltre, la terziarizzazione della produzione offre il vantaggio di usufruire di partner iper specializzati, attrezzature efficienti e costi ottimizzati.   

In collaborazione con ANTLO       

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