Gli oral appliances sono sempre più indicati nel trattamento dei pazienti affetti da apnea ostruttiva del sonno ed è ormai evidente in letteratura la loro efficacia nel ridurre il numero di eventi respiratori e nel migliorare il sintomo di “sonnolenza diurna”. Esistono molti dispositivi in commercio e diverse metodologie di trattamento; per questa ragione, è necessario conoscere la migliore pratica clinica basata sulle prove più recenti, al fine di ottimizzare i risultati della terapia.
È questo l’obiettivo che si sono posti gli autori del manuale pratico “La gestione odontoiatrica del paziente con Sindrome delle apnee ostruttive del sonno” – Francesca Milano, Antonio L. Gracco, Massimiliano Di Giosia – recentemente pubblicato da Edra Editore, un testo che può essere fonte di studio e approfondimento per tutti gli odontoiatri che vogliono dedicarsi alla medicina del sonno.
Riportiamo, in questo articolo, uno stralcio del capitolo dedicato ai differenti tipi di dispositivi attualmente disponibili.
Gli oral devices (OD) od oral appliances (OA) rappresentano una delle scelte terapeutiche conservative per il trattamento sintomatico della sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS). Sono dispositivi endorali notturni che stabilizzano le prime vie aeree e ne aumentano i diametri, inducendo una diminuzione della collassabilità della faringe.
Il primo odontoiatra che comprese la stretta correlazione tra la posizione mandibolare, la postura linguale e la funzione respiratoria fu Pierre Robin. La sua intuizione si tradusse nella realizzazione di un dispositivo, chiamato “monoblocco”, che attraverso il riposizionamento anteriore della mandibola aveva lo scopo di impedire il collasso posteriore della lingua nei bambini con glossoptosi, grave ipoplasia mandibolare e respirazione orale (Robin 1902, 1934).
Negli anni ’70 del secolo scorso McNamara (1979) dimostrò l’effetto della propulsione mandibolare ottenuto con un dispositivo orale sulle vie aeree e cominciò a notare l’influenza della respirazione sullo sviluppo della mandibola del soggetto in crescita. Le apparecchiature funzionali, sviluppate nel tentativo di correggere la funzione per guidare lo sviluppo craniofacciale, sono state i precursori degli OD per il trattamento del paziente adulto affetto da OSAS.
TRD e MAD
Esistono due categorie di dispositivi endorali per il trattamento dei disturbi respiratori nel sonno:
I TRD - i primi dispositivi progettati per ridurre il russamento e le apnee nei pazienti adulti - sono in acrilico morbido, dotati anteriormente di un bulbo in materiale elastico in cui possa venire risucchiata e trattenuta la punta della lingua per l’instaurarsi di una pressione negativa. Questo “effetto ventosa” sulla lingua ne determina la protrusione durante il sonno e favorisce l’aumento della tensione delle pareti della faringe attraverso un incremento del diametro in senso laterale e antero-posteriore (Sutherland et al. 2014).
Esistendo in letteratura una debole evidenza della loro efficacia ed essendo difficilmente accettati e tollerati dal paziente, possono essere considerati un’opzione in chi presenti un insufficiente ancoraggio dentale o un’insufficiente possibilità di protrudere la mandibola, sempre in assenza di aumentate resistenze nasali, considerate le caratteristiche intrinseche del device (Deane et al. 2009).
I MAD consistono in apparecchiature di vario disegno che inducono l’avanzamento e la distrazione della mandibola verso il basso. Il controllo della posizione mandibolare è garantito da un ancoraggio dentale. I primi MAD furono applicati tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 e i primi risultati sulla loro efficacia furono riportati sul New England Journal of Medicine da Peter George, che pubblicò un articolo su un dispositivo monoblocco in acrilico, con ganci di ritenzione agli elementi dentali: il Nocturnal Airway Patency Appliance (NAPA) (George e Soli 1985).
I primi successi ottenuti portarono, qualche anno dopo, alla realizzazione di dispositivi ibridi che, oltre all’avanzamento mandibolare, si proponevano di sostenere fisicamente il palato molle tramite anse in resina o in metallo, oppure di incrementare il passaggio dell’aria e dare spazio alla lingua attraverso la costruzione di ampie fessure respiratorie anteriori. Come alternativa ai dispositivi monoblocco, difficilmente avanzabili dalla protrusione terapeutica iniziale, nacquero i primi dispositivi bimascellari, disegnati con diversi gradi di libertà per i movimenti di lateralità e verticalità della mandibola, che a oggi sono senza dubbio i più utilizzati.
Nel tempo, numerosi meccanismi di propulsione sono stati realizzati, valutati e messi a confronto. Nei primi anni ’90 del secolo scorso Alan Lowe, professore e direttore della Divisione di Ortodonzia dell’Università canadese della British Columbia, propose il Klearway®, il primo dispositivo avanzabile gradualmente, che utilizza a tale scopo una vite da espansione posizionata al centro dello splint superiore (Lowe et al. 1990). La vite può essere attivata di 0,25 mm per volta e permette un range di movimento in senso antero-posteriore di 11 mm. Il device è realizzato con un acrilico termoattivo, che consente un facile inserimento sulle arcate dopo essere stato a contatto con acqua calda e ritorna rigido alla temperatura della bocca: l’obiettivo di questo materiale è di garantire un buon ancoraggio e minimizzare il rischio di movimenti dentali.
Qualche anno dopo, Thorton introdusse il TAP® (Thornton Adjustable Positioner) (Thorton e Roberts, 1996), un dispositivo in cui i due splint sono collegati tra loro da un singolo gancio anteriore che si incastra a una barra o a un apposito alloggio inserito nello splint inferiore. Il meccanismo presenta una libertà minima per i movimenti di apertura della bocca, ma garantisce una discreta libertà di movimento in senso laterale (soprattutto nelle sue versioni con la barra sullo splint inferiore).
Negli anni il meccanismo anteriore è diventato sempre meno ingombrante. Alla ricerca di un comfort sempre maggiore per il paziente, una maggiore libertà di movimento per la mandibola in apertura fu raggiunta dai MAD che utilizzavano una meccanica di propulsione a tipo HERBST (Rider 1998), con un braccio metallico e telescopico per lato (SUAD): nella versione ideata dal dottor Hinz, IST® (Intraoral Snoring-Therapy appliance), la lunghezza del braccio è incrementabile con un meccanismo regolabile. Ne esiste una versione in cui la direzione del braccio telescopico può essere invertita (a biella inversa), con lo scopo di incrementare la quota di protrusione mandibolare in caso di apertura della bocca.
Il TAP® e l’IST® sono realizzati con fogli termostampabili, che consentono di ottenere il minimo ingombro, soprattutto per la lingua, e di non includere ganci per ottenere l’ancoraggio. Altri dispositivi che permettono la massima libertà per il movimento di apertura sono quelli che utilizzano come meccanismo di propulsione scivoli inclinati del tipo Twin-Block (Clark e Nakono 1988).
L’evoluzione di quest’ultimo meccanismo, ideata da Richard Palmisano nei primi anni 2000, è il SomnoDent®, dispositivo che presenta, sui lati dello splint inferiore, due pinne vestibolari realizzate con un’inclinazione di 17 gradi, che si appoggiano ai due piani inclinati posizionati sullo splint superiore e che possono essere avanzati gradualmente di 0,1 mm per attivazione, grazie a una vite di espansione affondata nella resina. Nella sua ultima versione proposta, la pinna può essere sostituita con pinne di diverso spessore per garantire la possibilità di ottenere un avanzamento ancora maggiore senza causare un aumento dell’ingombro del dispositivo in senso laterale. La sola attivazione della vite di espansione prevede 6 mm di range di avanzamento progressivo.
Il SomnoDent® può essere costruito con una resina stampata a caldo (SMH Bflex) che riveste la superficie interna del dispositivo, garantendo un eccellente comfort e un’elevata ritenzione senza l’utilizzo di ganci e conservando la possibilità di essere ribasato. La mancanza di un meccanismo che connetta i due splint e l’evoluzione del materiale rendono questo dispositivo adatto anche a pazienti con edentulia completa dell’arcata superiore.
Dal 2009 sono stati introdotti sul mercato il Narval® CC, un dispositivo bimascellare realizzato in polimero biocompatibile con tecnologia CAD/CAM (Computer Aided Design/Computer Aided Manufacturing) che utilizza per l’avanzamento dei connettori che possono essere sostituiti per ottenere un avanzamento graduale di 0,5 mm per volta, e l’OrthoApnea®, che sfruttando un meccanismo anteriore di avanzamento a biella inversa permette una lieve libertà di apertura della bocca e induce la protrazione della mandibola all’apertura della bocca. La biella scorre su una barra inferiore e consente al paziente molta libertà per i movimenti di lateralità.
Il meccanismo d’azione con cui I MAD incrementano la pervietà delle vie aeree non è ancora del tutto chiaro, ma gli studi condotti mediante tecniche di imaging tridimensionale (TC e RM) e attraverso la visione diretta delle vie aeree durante il sonno indotto (sleep endoscopy) hanno fornito indicazioni importanti (Ryan et al. 1999; Kyung et al. 2005; Chan et al. 2010a e b; Sutherland et al. 2011). Il desiderio di comprendere a fondo i meccanismi responsabili dell’aumento della pervietà delle prime vie aeree deriva dalla necessità di poter selezionare i pazienti candidabili alla terapia odontoiatrica. La difficoltà maggiore nel definire con esattezza l’azione che i dispositivi esercitano sulle vie aeree è la differenza di dimensione della faringe tra il sonno e la veglia.
Uno studio pubblicato nel 2012, condotto su un campione di 32 pazienti affetti da OSAS, ha dimostrato, attraverso il confronto di un’area di una sezione della faringe ottenuta mediante RM a paziente sveglio e a paziente addormentato (sonno indotto con propofol), una riduzione della superficie media di circa il 75,5% (Faria et al. 2012).
La propulsione mandibolare induce:
Il risultato di queste azioni è un incremento dello spazio aereo posteriore a livello retrolinguale (ipofaringeo) e un aumento del diametro faringeo a livello retropalatale (velofaringeo), soprattutto in senso laterale. L’ipotesi sull’effetto della distrazione della mandibola verso il basso sulla pervietà delle vie aeree è quella che influisca sull’aumento del diametro del velofaringe, per la trazione che la depressione esercita sul costrittore superiore della faringe e per l’aumento dell’azione sul tono del muscolo palatoglosso (George, 2001). La risposta del tono muscolare alla protrusione non è sempre prevedibile e può comportare un’insufficiente normalizzazione del calibro delle vie aeree.
Indicazioni
AASM. Le prime linee guide per l’utilizzo degli oral devices furono pubblicate nel 1996 dall’American Academy of Sleep Medicine (AASM). Nel 2002 una task force fu riunita nuovamente per aggiornare le linee guida, alla luce del livello di maturazione raggiunto dall’odontoiatria del sonno e della disponibilità di pubblicazioni caratterizzate da un elevato rigore scientifico. La revisione della letteratura effettuata dalla task force incaricata sulle pubblicazioni disponibili selezionò un database di 141 pubblicazioni che rispondevano ai requisiti fissati dal gruppo e, su questa base di conoscenza, le indicazioni e le raccomandazioni furono aggiornate e pubblicate nel 2006.
SIMSO. Più recenti sono le raccomandazioni della Società Italiana di Medicina del Sonno Odontoiatrica (SIMSO) (Levrini et al. 2015), che li ritiene indicati come terapia di prima scelta nei soggetti affetti da russamento, OSAS lieve od OSAS moderata.
ERS. Nel 2011 una task force dell’European Respiratory Society (ERS) ha pubblicato un report con lo scopo di riassumere l’evidenza sull’efficacia di tutte le terapie non CPAP. Le conclusioni dell’ERS hanno prodotto la raccomandazione all’uso dei MAD per il trattamento dell’OSAS lieve e moderata in alternativa alla CPAP e per la terapia dell’OSAS grave nei pazienti che non tollerino la CPAP (Rarnderath et al. 2011).
Oltre alle indicazioni sopracitate, i MAD possono essere combinati con la terapia posizionale, la terapia chirurgica ORL e quella con CPAP allo scopo di ottenere il risultato migliore possibile per il singolo paziente. Per questo motivo le linee di indirizzo italiane (SIMSO) per il trattamento del paziente adulto con OSAS sottolineano l’importanza che l’odontoiatra esperto in medicina del sonno sia in grado di gestire il paziente in collaborazione con gli altri specialisti, nel caso in cui la singola terapia con MAD non sia sufficiente a curare il paziente.
L’associazione tra MAD e terapia posizionale ha lo scopo di controllare la posizione corporea quando persistano, a fine terapia, un elevato numero di eventi respiratori prevalentemente in posizione supina. Il razionale della chirurgia ORL combinata ai MAD è quello di intervenire su più livelli quando l’anatomia dei siti ostruttivi lo richieda (Millman et al. 1998). La correzione di elevate resistenze nasali e/o di un’ostruzione retropalatale può incrementare i risultati del trattamento con MAD. L’intervento ORL può essere indicato prima della terapia odontoiatrica o in seconda battuta, quando i risultati ottenuti non siano accettabili o siano considerati migliorabili.
Da ultimo, i MAD possono essere abbinati alla CPAP per ridurne la pressione efficace in pazienti intolleranti (El-Sohl et al. 2011) e per sostituirne l’interfaccia quando questa sia scarsamente tollerata dal paziente.
Controindicazioni
Le controindicazioni all’uso dei MAD riportate dall’AASM sono:
Il numero dei denti presenti in arcata deve garantire un sufficiente ancoraggio per il dispositivo; i pretrattamenti conservativi, protesici e parodontali devono essere eseguiti, quando possibile, prima della presa delle impronte e il paziente deve essere istruito all’igiene domiciliare. Patologie dolorose a carico dell’ATM, pregresse o presenti, o limitazioni funzionali richiedono un’attenta valutazione gnatologica, che ne specifichi le cause, ed eventualmente un pretrattamento.
Percentuale di successo
Nel 2005 una task force dell’AASM si pose l’obiettivo di indagare sulla misura dell’efficacia dei MAD nel breve e nel lungo periodo. La revisione sistematica fu pubblicata su Sleep nel 2006 e riportò la conclusione che, pur non raggiungendo l’efficacia della CPAP nel diminuire il numero di eventi respiratori notturni, i MAD erano in grado di ridurre l’AHI sotto i 5 eventi/ora nel 42% dei pazienti e sotto i 10 eventi/ora nel 52% dei pazienti, e di ottenere una risposta (riduzione almeno del 50% rispetto all’AHI basale) nel 65% dei pazienti. Tali risultati furono confermati da Hoffstein l’anno seguente (Hoffstein, 2007).
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