Obiettivo di questo lavoro del dott. Dario Maccari è quello di fornire elementi di base per la produzione di bite da parte dell'odontoiatra
La realizzazione di bite per le problematiche disfunzionali è pratica assai frequente; le metodiche digitali consentono, con piccoli passaggi, di creare dei supporti resinosi eccellenti, modificabili e monitorabili nel tempo, cosa assai più complessa se effettuata con tecniche analogiche.
Obiettivo di questo articolo è quello di fornire elementi di base per la produzione di bite da parte dell‘odontoiatra.
Il caso è stato risolto con un flusso interamente digitale che permette, attraverso la scansione ottica, di progettare un bite che viene poi stampato in resina
Il paziente disfunzionale, che per vari motivi necessita di un trattamento gnatologico, compila un questionario anamnestico specifico e viene visitato per una raccolta di dati clinici e fotografici (figg. 1-4).
Figura 1
Figura 2
Figura 3
Figura 4
Il piano di cura inizia con l'impronta ottica delle due arcate con un morso di costruzione arbitrario con semplice interposizione di un gig anteriore.
Lo scopo è quello di simulare il più possibile la posizione definitiva per poter utilizzare la tecnica del perno di supporto. Questo ci consentirà di rilevare in un secondo momento la posizione desiderata della mandibola senza interferenza di cere o senza manipolazioni.
Lo scanner utilizzato è 3Di IOS di MyRay (fig. 5).
Figura 5
Il software 3DiScanSuite risulta molto efficace nella fase di acquisizione grazie alla realizzazione di un‘anteprima 3D molto dettagliata già in fase di scansione, e alla rimozione delle parti eventualmente sovrapposte, tornando con l‘inquadratura sulla zona di interesse (fig. 6).
Figura 6
Terminata la scansione si dimette il paziente e si passa alla prima parte digitale che prevede la preparazione alla stampa dei modelli e la progettazione delle basi superiore e inferiore.
Il file viene esportato in formato .stl e importato nel software inLab di Dentsply Sirona (fig. 7).
Figura 7
Attraverso un‘apposita applicazione, inLab Model, il file viene reso "solido" cioè stampabile (fig. 8).
Figura 8
Non essendo necessario lavorare sui modelli, ma solo utilizzarli come base per il bite o per verificarne l‘occlusione, preferiamo la stampa a filamento (figg. 9-11), veloce, economica e non inquinante.
Figura 9
Figura 10
Figura 11
Inoltre, i modelli non vengono svuotati come quelli in resina, dove invece non è possibile creare zone vuote ed è importante ridurre lo spreco di materiale. La stampante utilizzata è Prusa mini. Il filo acido polilattico (PLA) di Filoalfa.
Le basi per il perno nascono dall‘unione di due strutture. Al superiore una barra linguale e la sede per un dado esagonale che accoglie il perno. All'inferiore una barra linguale e un semicerchio.
Le barre linguali vengono progettate sempre con il software inLab tramite l'applicazione Partial Framework, normalmente utilizzata par il disegno di scheletrati (figg. 12, 13).
Figura 12
Figura 13
Con l'ausilio di FreeCAD (modellatore 3D parametrico open source) si creano il semicerchio e la sede per il dado. Importando le barre linguali nel file, si uniscono ai due progetti e si esportano come solidi da stampare. Anche i modelli sono importabili e visualizzabili per una miglior progettazione (figg. 14-17).
Figura 14
Figura 15
Figura 16
Figura 17
Seguendo questo protocollo il perno è praticamente perpendicolare alla piastra. Se ritenuto opportuno far eseguire anche i movimenti e registrare il disegno, il movimento risulta più fluido e verosimile.
Passiamo quindi alla stampa delle basi. La stampante è Everes Uno di Sisma (fig. 18).
Figura 18
La resina può essere quella utilizzata per la produzione dei bite (Sisma Everes Dental Clear) o dei cucchiai individuali come in questo caso (Sisma Everes tray).
Gli oggetti vengono importati nel software EveSoft per il posizionamento sul piatto e la scelta della strategia di stampa (figg. 19-21).
Figura 19
Figura 20
Figura 21
Il paziente torna per la rilevazione con scanner intraorale della posizione mandibolare guidata dal perno di supporto.
Clinicamente è possibile determinare lo spazio necessario alla produzione del dispositivo secondo le varie scelte terapeutiche, ma soprattutto la posizione mandibolare sul piano orizzontale. La tecnica protesica classica prevede la rilevazione dei movimenti disegnati dal perno su di una piastra metallica fissata alla base inferiore.
Con apposita penna di cera si sporca la superficie e, una volta determinata l'altezza regolando il perno, si invita il paziente a effettuare movimenti di protrusiva e lateralità. Il risultato è un disegno simile a una freccia con i movimenti di lateralità che assomigliano a un "arco gotico".
Il punto d'incontro dei tre tragitti coincide con la posizione di chiusura della mandibola guidata dai muscoli e dall'anatomia condilare senza condizionamenti come ad esempio una cera interposta.
Segue il posizionamento di un disco con un piccolo foro che sarà l'invito per la punta del perno. Risulta molto utile e semplice anche per un riposizionamento mandibolare (fig. 22).
Figura 22
Nel caso trattato, non viene utilizzata la piastra inferiore e non vengono fatti eseguire i movimenti. Semplicemente si rileva un'altezza regolando il perno (ne esistono di varie lunghezze) invitando il paziente ad aprire e chiudere ripetutamente.
Trovata la posizione, si aiuta a mantenerla con silicone per masticazioni (figg. 23, 24).
Figura 23
Figura 24
Il morso con il software 3DiScanSuite si avvale di un‘immagine doppia, destra e sinistra, che lo rende molto preciso (fig. 25).
Figura 25
Iniziamo la seconda parte digitale esportando nuovamente il file e passiamo alla progettazione del bite. I modelli ovviamente risultano invariati, sarà invece cambiata la loro posizione, più adeguata alla progettazione del dispositivo.
Quando possibile viene costruito all'arcata inferiore.
Con l'applicazione inLab Splint, sul modello si traccia la linea che ne delimita il bordo e da una placca di Michigan si ricavano porzioni aggiuntive per la funzionalizzazione. Sono disponibili strumenti che ci consentono di decidere lo spessore e la spaziatura, di modificarne la forma e di avere un molaggio automatico che tiene conto dell'antagonista (figg. 26-32).
Figura 26
Figura 27
Figura 28
Figura 29
Figura 30
Figura 31
Figura 32
Il file prodotto viene esportato in formato .stl, controllato per eliminare eventuali zone non chiuse con il software open source Meshmixer (fig. 33), e inviato alla stampa 3D.
Figura 33
Si utilizza la resina Sisma Everes Dental Clear che nasce per la produzione di bite e dime chirurgiche. In base alla risoluzione scelta e all'orientamento, la durata di stampa varia tra una e due ore (figg. 34-36).
Figura 34
Figura 35
Figura 36
Il bite viene rifinito eliminando i supporti di stampa e lucidato in attesa della prova nel cavo orale (figg. 37-40).
Figura 37
Figura 38
Figura 39
Figura 40
Facendo eseguire movimenti di protrusiva e lateralità la struttura viene funzionalizzata cercando di creare angoli funzionali masticatori di Planas simili e si dimette il paziente per i futuri controlli (figg. 41-43).
Figura 41
Figura 42
Figura 43
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