Quando si dice il potere dei media: almeno sul fronte della prevenzione sanitaria - in particolare odontoiatrica - in questi ultimi decenni qualche informazione importante è passata. Lo testimoniano i risultati del Terzo rilevamento epidemiologico nazionale, freschi di elaborazione, ma non ancora pubblicati, che confermano la progressiva diminuzione della prevalenza della carie dentale nell’età infantile.
Ce ne parla Laura Strohmenger, docente di pedodonzia presso la Facoltà di odontoiatria dell’Università di Milano e responsabile del Centro di collaborazione dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Professoressa Strohmenger, quali sono i dati più significativi di quest’ultima indagine epidemiologica?
I dati che abbiano rilevato nell’ultimo anno, grazie alla collaborazione della Società degli igienisti, che raccoglie anche tutti i docenti di igiene e medicina preventiva presso i nostri corsi di laurea, sono molto buoni: in Italia abbiamo circa l’80 per cento dei bambini di quattro anni esenti da carie (cioè soltanto il 20 per cento presenta lesioni cariose). A 12 anni abbiamo il 57 per cento dei soggetti esente da carie e il 43 per cento con carie.A quattro anni si riscontra un dmft di 0,8, il che significa meno di un dente cariato a testa, che è ovviamente deciduo, mentre a 12 anni si arriva a circa un dente cariato a testa. Questi sono i dati inviati all’Oms e sono quindi da poco presenti nel database dell’organizzazione. Volevo sottolineare che la raccolta dei dati è stata possibile grazie all’aiuto di fondi Mentadent e con il contributo di Novartis per la pubblicazione in italiano.
Come è stata fatta la scelta delle fasce di età e qual è il giudizio complessivo che si può dare di questi risultati?
Le età che abbiamo indagato questa volta sono state diverse rispetto alle rilevazioni precedenti: quattro e 12 anni. Il motivo di questa scelta, presa in accordo con l’Oms, è presto detto: la soglia dei 12 anni è quella di riferimento per l’infanzia in tutto il mondo (una volta erano i 13 anni poi la soglia è stata abbassata). Per quanto riguarda i quattro anni, è stata una nostra proposta: ci sembrava importante per le conseguenze del rilevamento capire come vanno le cose in età prescolare. Ciò aiuta a predisporre le misure preventive da attuare nelle età successive. Quel che è emerso è una logica conseguenza dei vecchi rilevamenti: anche in Italia è in atto un progressivo declino della carie dentale perfettamente sovrapponibile con la situazione di tutti gli altri paesi industrializzati, in particolare di quelli europei. E il fenomeno è dovuto ai ben noti fattori.
Oltre alla carie sono state valutate anche altre patologie?
Sono state indagate le malattie parodontali, anche se non si tratta di patologie di elezione nell’età infantile. Ma l’Oms, con il suo indice CPTIN, che è un indice di comunità, va rilevare anche il sanguinamento al sondaggio e il tartaro, due aspetti che interessano anche i bambini.
E nel caso delle altre fasce di età?
Per quanto riguarda la fascia tra i 18 e i 25 anni, abbiamo approfittato dell’ultimo servizio di leva con un’indagine nelle caserme. Questa opportunità non c’è più, e quindi gli ultimi rilevamenti risalgono a cinque anni fa. Una categoria ritenuta molto importante dall’Oms è la terza età. Noi abbiamo fatto un po’ di indagini nelle case per riposo per anziani e per piccoli gruppi di persone che vi afferivano. Anche in questo caso, però, i dati sono ormai di qualche anno fa e quindi la questione andrà affrontata nuovamente in futuro. I problemi riguardano ovviamente la carie ma anche le patologie parodontali e soprattutto l’edentulismo, che rappresenta una parametro fondamentale per poter organizzare i servizi odontoiatrici. Deve essere affermato il principio dell’importanza della cura del cavo orale nell’anziano e in questo l’Italia è assolutamente in linea con gli altri paesi europei.
Quali sono state le modalità di raccolta dei dati?
Il passo fondamentale è stato quello di coinvolgere le realtà scolastiche, con una grande opera per far comprendere le motivazioni e i fini dello studio. Si è partiti con una sede scolastica scelta a caso per poi estendere l’indagine alle altre scuole presenti nella zona, anche per non creare un divario tra bambini di un plesso scolastico piuttosto che di un altro, il che non sarebbe corretto. Tramite le autorità scolastiche sono poi stati coinvolti gli insegnanti e i genitori, a quali è stato fatto pervenire un modulo in cui si illustrava ulteriormente l’iniziativa e si chiedeva il consenso. Una volta che questo è stato ottenuto si è potuto procedere con le indagini. Si tratta di un percorso piuttosto complesso, che tuttavia consente di coinvolgere e motivare sia la famiglia sia la struttura scolastica. La risposta è stata altissima, superiore all’85 per cento. Tradotto in cifre si parla di 11.270 soggetti visitati in 14 sedi, più due regioni complete. E non mi faccia citare tutte le università che hanno collaborato perché sono tantissime.
Perché parla di due regioni in particolare? Quali sono?
Si tratta della Lombardia e della Toscana. Il motivo di ciò è che i rispettivi assessorati alla sanità hanno chiesto, contestualmente a questa indagine, un monitoraggio più mirato.
Totale soggetti esaminati 11.270 (4 anni: 5.650; 12 anni: 5.620), in 14 sedi + 2 regioni complete |
Patologie dentali |
Patologie parodontali |
GdO 2006; 13
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