Quanto sono preparati odontoiatri e medici a riconoscere i primi sintomi del tumore del cavo orale?
La sensazione che ci sia una certa sottovalutazione del problema è confermata da un recente studio condotto in Gran Bretagna e pubblicato nel numero di settembre del "British Dental Journal".
Il cancro alla bocca, alla laringe e alla faringe colpisce 250.000 persone ogni anno nel mondo. La sopravvivenza non è molto elevata, ben inferiore alla metà dei pazienti, e anche in questo caso è strettamente correlata alla precocità della diagnosi. Purtroppo, spesso, la prima sintomatologia non è né specifica, né particolarmente evidente e lo stesso paziente è portato a trascurarla. I casi sono in aumento, particolarmente tra le donne e i pazienti più giovani, una fascia che finora sembrava poco esposta. Risulta così essenziale che anche odontoiatri e medici siano sensibilizzati a introdurre sistematicamente nelle loro diagnosi un'ispezione accurata con l'obiettivo di rilevare la possibile presenza di questo tipo di tumore.
La ricerca diffusa dalla rivista odontoiatrica britannica è stata condotta da Graham Ogden, professore di chirurgia orale e maxillo-facciale presso il Dundee Dental Hospital and School, in Scozia, in collaborazione con lo studente Lachlan Carter.
I dati sono stati raccolti tramite un questionario proposto a tutti i medici di base e odontoiatri che praticano nella regione scozzese del Tayside, per un totale di quasi 500 professionisti.
Risposte sono state fornite dal 71 per cento dei medici e dall'84 per cento degli odontoiatri. I questionari erano costituiti da una decina di domande che avevano l'obiettivo di verificare le abitudini diagnostiche per le mucose orali, le conoscenze dei fattori di rischio e delle modalità con cui si manifestano i sintomi della malattia e in generale le opinioni rispetto alla prevenzione e alla disponibilità di informazioni in materia.
Com'era ovvio attendersi, i questionari mostrano che la quasi totalità degli odontoiatri (95 per cento) verifica abitualmente lo stato delle mucose del cavo orale dei pazienti, mentre tra i medici di base questa pecentuale scende al 20 per cento: poco, tuttavia il dato è superiore a quanto si registra negli studi dei medici di base italiani.
Quando i professionisti, siano essi medici generici oppure odontoiatri, si cimentano in un'indagine diagnostica tendono a concentrare la loro attenzione più su certi sintomi che su altri: è piuttosto inquietante che solo il 5 per cento dei medici interpellati riconosca nell'eritroplachia una manifestazione iniziale dei carcinomi orali e un elemento significativo nella diagnosi.
Anche la conoscenza dei fattori di rischio ha evidenziato qualche lacuna. La pericolosità del fumo ormai è ben nota e quasi tutti imedici e gli odontoiatri scozzesi lo hanno identificato come causa importante di tutte le neoplasie del cavo orale, ma già il secondo fattore più importante, l'alcool, è stato riconosciuto da meno della metà dei medici generalisti contro l'87 per cento dei dentisti.
I professionistio del Tayside chiedono di essere informati e formati. Ritengono che il curriculum di studi universitari dovrebbe ampliare le conoscenze fornite in merito ed enfatizzarne l'importanza; suggeriscono inoltre che venga fornita una formazione post-laurea ai medici di base e che vengano dffuse linee guida precise che prevedano l'inclusione dell'esame della mucosa orale nel normale iter diagnostico.
La ricerca degli studiosi scozzesi ha il merito di supportare con cifre e percentuali una situazione che si intuisce molto generalizzata e diffusa dentro e fuori dei confini del Regno Unito. Intuizione tuttavia trascurata, con la grave conseguenza che all'aumento dell'incidenza del carcinoma orale in molte parti del mondo non corrisponde un'adeguata attenzione alla prevenzione e alla dignosi precoce che ne costituirebbero le contromisure più efficaci.
GdO 2007; 13
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