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11 Novembre 2008

Allergia al lattice

di Alberto Pispero


Il lattice della gomma è un’emulsione di vari composti, prodotta industrialmente, il cui componente principale deriva dal prodotto dell’albero della gomma Hevea brasiliensis.
Il prodotto finito può contenere lipidi, carboidrati, proteine e sostanze inorganiche e si presenta in due forme diverse: lattice in fogli “dry” a basso contenuto di proteine liberabili e di maggior consistenza usate prevalentemente per ruote, suole, e in ambito medico per stantuffi per siringhe e stop delle tubofiale, che rappresenta il 90% della produzione. Il restante 10% è rappresentato da una miscela ad alto contenuto proteico (1% di proteine residue), usata per guanti, cateteri, preservativi e maggiormente coinvolta nella insorgenza di fenomeni di ipersensibilità al lattice.
Il notevole aumento dell’uso di prodotti al lattice è stato favorito da fenomeni sociali e sanitari che hanno cambiato le abitudini di operatori nel campo medico e in generale di tutti gli adulti nei paesi occidentali. Infatti, il rischio legato al contagio di virus quali HIV, HBV e HCV, così come di altri agenti infettivi, ha fatto aumentare il numero dell’esposizione ai prodotti in lattice nei lavoratori sanitari. In odontoiatria il lattice rimane uno dei materiali maggiormente coinvolto nelle reazioni allergiche, sia per gli operatori che, e soprattutto, per i pazienti.
Sono numerosi gli studi che descrivono come le sensibilizzazioni siano in aumento, soprattutto fra chi svolge attività professionale negli ospedali o ambienti medici. L’esposizione professionale è sicuramente tra i più importanti fattori di rischio per quest’allergia. Oltre agli operatori sanitari, anche individui appartenenti ad altre categorie professionali possono esserne interessati con percentuali del 5-11%.
Esistono diversi metodi per testare la presenza di sensibilità ai prodotti al lattice, ma nessuno di questi metodi, ancora oggi, può da solo e senza essere associato ad un riscontro clinico, portare ad una diagnosi certa di allergia.
E’ importante inoltre ricordare come il 50% delle persone allergiche al lattice presenti anche una qualche sensibilità ad alimenti e che la metà di questi (21-25%) riporti reazioni allergiche anche severe. I pazienti allergici a qualche frutto (kiwi, banane, avocado, noci) rappresentano un gruppo a rischio di reazioni al lattice, così come i pazienti con allergia la lattice hanno un rischio maggiore nei confronti di allergia a qualche frutto. Spesso, dove non si siano avuti chiari episodi legati all’ingestione di alimenti o al contatto con prodotti di lattice, non è chiaro quale allergia delle due sia la favorente.
L’uso di creme emollienti sembrano facilitare lo sviluppo di allergie e alcuni studi riportano come creme idratanti per le mani aumentino il passaggio delle proteine attraverso la cute intatta ed invece di proteggere possono avere un ruolo importante nella sensibilizzazione al lattice.
I distretti più frequentemente colpiti da fenomeni di reazione allergica sono mani, bocca, vie aeree, vagina, uretra e retto e si possono avere due tipi di manifestazioni cliniche, le reazioni anafilattiche e le reazioni da contatto.
Le reazioni anafilattiche hanno uno spettro di manifestazioni cliniche molto ampio, che va dalla rinite alla morte per shock anafilattico, passando da congiuntivite, rash cutaneo, broncospasmo, angioedema, dispnea e ipotensione. Segni e sintomi possono comparire a distanza di pochi minuti o qualche ora dal contatto con gli antigeni, che può avvenire per via cutanea o mucosa, per inalazione o per via parenterale. Quest’ultima presenta sicuramente il maggior rischio di reazione grave, è infatti documentato come una buona parte di questi episodi avvengano durante interventi chirurgici, spesso confuse con reazioni ad anestetici, mascherate dall’uso rapido e ripetuto di farmaci durante l’intervento e manifestate anticipatamente durante l’intervento con una desaturazione del sangue.
Le reazioni da contatto sono molto più comuni rispetto alle manifestazioni precedenti ed interessano generalmente la cute che è entrata a contatto con il lattice. E’ importante sottolineare che una dermatite da contatto può essere facilmente confusa con il problema più frequente tra chi fa uso abituale di guanti di lattice, ovvero con una irritazione da contatto: una reazione infiammatoria non immunomediata causata dalla occlusione, dal trauma e dalla disidratazione cutanea determinate dalla polvere lubrificante contenuta nei guanti, in particolare in quelli non sterili e di scarsa qualità. L’adozione di guanti senza polvere e a basso contenuto di proteine si è dimostrato utile nella prevenzione delle allergie al lattice in gruppi di studenti di odontoiatria.
E’importante effettuare una corretta e completa raccolta anamnestica indirizzata all’individuazione di fattori di rischio che permettano di orientare il clinico verso le diverse diagnosi.
Ad oggi, l’allergia al lattice nelle sue diverse forme, non è curabile. Pur essendoci alcuni casi di pazienti che sono stati desensibilizzati attraverso immunoterapie sperimentali con allergeni standard, non esiste una terapia sicura, ma soprattutto che risulti efficace nella maggior parte dei soggetti allergici.
Il miglior approccio è evitare il contatto, utilizzando prodotti alternativi anche se, soprattutto in campo sanitario, evitare completamente prodotti al lattice è quasi impossibile e l’obiettivo diventa minimizzare il contatto.
Gli studi odontoiatrici dovrebbero avere materiali non in lattice anche per le emergenze. Non bisogna utilizzare prodotti antistaminici o steroidei come misura profilattica e preventiva, perché non sono considerati una buona alternativa e soprattutto possono mascherare gli esordi di episodi anche gravi di reazioni allergiche. Chi fosse già stato colpito da episodi sistemici dovrebbe portare sempre con sé siringhe autoiniettabili di adrenalina (emergenza per l’anafilassi).
Inserire questi pazienti come primi pazienti della giornata, per essere sicuri di ospitarli in un ambiente a bassa concentrazione di polveri sia nell’aria che depositate nelle superfici. E’ stato dimostrato come non sia particolarmente utile areare i locali solo prima dell’appuntamento.
Di fronte a un caso di anafilassi, la prima cosa da fare è far chiamare da un’assistente il 118, liberando nel frattempo il cavo orale del paziente da ogni strumento o manufatto che si stava impiegando. E’ necessario, quindi, procedere con l’ABC (Airways, Breathing, Circulation) del primo soccorso, mentre si prepara un bombola di O2 che dovrebbe essere in dotazione in ogni studio.
Importante è anche la somministrazione dei farmaci salvavita come cortisonici (Metilprednisolone (1mg/kg IV max 100mg)) e soprattutto adrenalina (Adrenalina 1:1000 (0.2-0.5mg IV o SC ogni 5-15 minuti se necessario)). Solo in caso di arresto cardiaco, e se ne si ha la possibilità, procedere con la defibrillazione.

GdO 2008; 14

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