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14 Novembre 2019

Stomatite aftosa, un indicatore di rischio per la celiachia


La celiachia può manifestarsi con un'enteropatia "tipica", caratterizzata da una sindrome da malassorbimento, condizione però molto meno comune delle forme atipiche e/o silenti che sono clinicamente eterogenee e quindi spesso insospettate.
"A causa dell'ampia gamma di manifestazioni cliniche, i pazienti potrebbero essere indirizzati a qualsiasi specialista", commenta la prof.ssa Giuseppina Campisi, direttore del reparto Discipline Chirurgiche Oncologiche e Stomatologiche dell'Università di Palermo, che con un gruppo di ricercatori ha pubblicato sulla rivista Digestive and Liver Disease Coeliac disease: oral ulcer prevalence, assessment of risk and association with gluten-free diet in children.

In tema di paziente affetto da celiachia, continua la prof. Campisi, "si dovrebbe anche prestare attenzione ai pazienti con alcune lesioni orali, come la stomatite aftosa ricorrente, i difetti simmetrici e sistematici dello smalto dentale e la glossite atrofica non specifica"

La stomatite aftosa ricorrente (SAR) è un disturbo del cavo orale molto comune ed è caratterizzata da ulcere dolorose, rotonde od ovoidali, ricorrenti che appaiono inizialmente nel periodo dell’infanzia o dell’adolescenza.

La ricerca del gruppo guidato dalla prof.ssa Guseppina Campisi ha evidenziato come queste lesioni della mucosa possono essere dei marcatori di disturbi gastrointestinali cronici come quelli che causano malassorbimento e, tra questi, la celiachia. Quando le afte sono associate a una patologia sistemica vengono indicate come ALU (aphtous like ulcers) perché non hanno la caratteristica dell’insorgenza in età infantile e della familiarità, e la loro ricorrenza può essere associata alla severità della malattia sistemica.

La ricerca è stata condotta con l’obiettivo di valutare la prevalenza di ulcere aftose ricorrenti in una vasta casistica di pazienti con malattia celiaca che vive nell’area del Mediterraneo e di valutare l’impatto su di loro di una dieta priva di glutine.

Per lo studio sono stati arruolati 844 soggetti (età compresa tra 3 e 17 anni), di cui 269 affetti da celiachia (Gruppo Test: 163 femmine e 106 maschi) e 575 sani (Gruppo Controllo: 343 femmine e 232 maschi) arruolati consecutivamente tra il 2004 e il 2006 in due centri italiani: le università di Palermo e Ancona.

La diagnosi di celiachia era confermata sia sierologicamente che istologicamente. Tutti i soggetti vivevano nella stessa area geografica; i soggetti del Gruppo Controllo sono stati scelti (per semplice randomizzazione) in un asilo nido e nelle scuole primarie e secondarie durante un programma di prevenzione sanitaria per le malattie orali. Questi soggetti erano sani, senza patologie o precedenti di anamnesi positiva o storia familiare di celiachia e mostravano una crescita normale.

Una maggiore presenza di ulcere di tipo aftoso è stata riscontrata nel Gruppo Test (61 pazienti su 269, cioè il 22,7%) rispetto al Gruppo Controllo (41 soggetti su 575, pari al 7,1%), dati indicatori di un’associazione altamente significativa.

I pazienti con malattia celiaca con ulcere aftose sono stati rivalutati 1 anno dopo avere iniziato una dieta priva di glutine.

Rispetto al Gruppo Test iniziale, 8 soggetti avevano abbandonato e sono quindi stati rivalutati 53 pazienti. 46 di loro (l’87%) hanno seguito rigorosamente una dieta priva di glutine; di questi, 33 (il 71,7%) non presentavano ulcere aftose, mentre in 4 (l’8,7%) queste erano ridotte di frequenza e gravità. In 9 soggetti (il 19,6%) non veniva registrato nessun cambiamento. Nei 7 pazienti che non hanno aderito rigorosamente alla dieta non si è riscontrato alcun miglioramento nelle lesioni orali.

Gli autori dello studio, sulla base dei dati emersi, suggeriscono di considerare le ulcere aftose un indicatore di rischio per la celiachia e che la loro presenza potrebbe essere considerata un potenziale marker di malattia.

"La presenza di afte orali non deve essere sottovalutata" spiega la prof. Campisi "ma deve essere considerata un potenziale marker di malattia di base, soprattutto se un paziente ha un predisposizione o un familiare affetto da celiachia." La professoressa precisa anche che "la stomatite aftosa ricorrente può anche essere associata alla malattia di Behçet e ad altre malattie infiammatorie intestinali e di conseguenza l'associazione tra stomatite aftosa e celichia non può essere considerata specifica". Ulteriori studi, continua la prof.ssa, anche in altre casistiche permetteranno di stabilire il valore predittivo positivo della presenza di stomatite aftosa nella diagnosi di celiachia.

La ricerca ha anche evidenziato che nei pazienti con celiachia affetti da stomatite aftosa compresi nello studio è stato verificato un significativo miglioramento nella storia della patologia 1 anno dopo l'inizio della dieta priva di glutine, mentre non è stato osservato alcun miglioramento nei soggetti che non hanno seguito la dieta.

Una recentissima ricerca pubblicata JOCD, conferma quanto aveva evidenziato il Lavoro italiano.

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