«Le reali indicazioni alla terapia sistemica consistono nelle condizioni progressive generalizzate, ma l'uso dell'antibiotico va considerato caso per caso e limitato il più possibile viste le problematiche a esso correlate». Così Magda Mensi, ricercatrice presso l'Università di Brescia, riprende e approfondisce ulteriormente il tema dell'uso degli antimicrobici sistemici per il trattamento delle parodontiti.
«Tra queste», specifica, «alcune sono più importanti: innanzitutto vi è una bassa concentrazione nel fluido crevicolare e nei tessuti periodontali, dove l'antibiotico sistemico raggiunge valori dell'ordine dei picogrammi per millilitro (quando la MIC, cioè la concentrazione minima inibente dei patogeni agli antibiotici, risulta essere di microgrammi su millilitro): quindi spesso risulta inefficace. Inoltre l'antimicrobico può avere effetti tossici a livello sistemico ed essere inefficace a livello locale.
Tale inefficacia dipende anche dalla scarsa biodisponibilità nel fluido crevicolare, che rende necessaria la disgregazione del biofilm prima dell'assunzione dell'antibiotico. Si corre però così il rischio di distruggere tessuti edematosi lassi, che potrebbero recuperare tonicità e attacco con il recupero dalla fase acuta».
Ulteriore problematica di rilievo è l'induzione di resistenze batteriche.
«È un tema di cui tanto si discute, è una problematica esistente e che va evitata, ma può essere limitata se si usano combinazioni di antibiotici (come il cosiddetto cocktail di van Vinkelhoff [amoxicillina + metronidazolo]». In ogni caso, devono essere sempre eseguiti un antibiogramma e i necessari test microbiologici di sensibilità.
Tutt'altro che da sottovalutare l'aspetto della compliance del paziente, che può rendere del tutto vana o controproducente la prescrizione. Infine, le terapie sono lunghe (dai 7 ai 10 giorni) e anche questo generalmente è un aspetto poco gradito al paziente. Nel complesso queste considerazioni hanno fatto rinascere l'interesse della ricerca sugli antibiotici locali, ora disponibili in nuove formulazioni specifiche, come quelle in gel a rilascio controllato, che presentano notevoli vantaggi clinici.