Obiettivi Il trapianto dentale autologo è definito come lo spostamento di un elemento dentario da un alveolo all’altro, all’interno della stessa persona. Le indicazioni all’esecuzione di un autotrapianto sono principalmente legate ad agenesie, traumi e denti gravemente compromessi da carie. I più importanti fattori di successo nell’autotrapianto dentale sono la corretta conservazione del legamento parodontale (PDL), dell’elemento donatore e il suo corretto adattamento nel sito ricevente.
In questo caso clinico viene presentato come – grazie a tecnologie diagnostiche come la tac Cone Beam Computed Tomography (CBCT) e alla realizzazione di un modello tridimensionale dell’elemento donatore attraverso processi di design e produttivi computer guidati (CAD/CAM) – si possano ridurre complicanze a carico del PDL conseguenti a un eccessivo tempo extra-alveolare o correlate a danno meccanico iatrogeno.
Materiali e metodi Una paziente di 22 anni ASA I si è presentata all’attenzione degli autori. All’esame obiettivo è stata riscontrato una lesione cariosa destruente a carico di un primo molare superiore (2.6) giudicato non recuperabile e di conseguenza candidato all’avulsione. Si è osservato il terzo molare superiore omolaterale (2.8) privo di lesioni cariose, endodontiche, parodontali e di contatti occlusali con l’elemento antagonista.
La giovane età della paziente, associata a una condizione economica precaria, ha precluso terapie protesiche o implanto-protesiche. Gli autori hanno ritenuto che l’autotrapianto dell’elemento 2.8 in sede 2.6 fosse indicato in questo caso clinico. Dopo aver estratto le sezioni DICOM dell’elemento 2.8, attraverso un software specifico è stato possibile sviluppare un file STL. Infine, mediante stampante 3D è stato realizzato il modello stereolitografico in rapporto 1:1 dell’elemento 2.8.
L’intervento chirurgico è stato svolto con una preparazione pulita. Sono state attuate le seguenti manovre chirurgiche: anestesia locale per infiltrazione, scollamento sottoperiosteo, lussazione, avulsione dell’elemento 2.6, revisione dell’alveolo, irrigazione con soluzione fisiologica, manovre di alveoloplastica guidate dal modello 3D mediante strumentario piezoelettrico e manovre atraumatiche di avulsione di 2.8.
L’elemento donatore è stato sottoposto a molaggio selettivo per ridurre i contatti occlusali con il dente antagonista e, infine, è stato stabilizzato mediante punto a materassaio orizzontale con sutura 4/0 in acido poliglicolico.
Risultati A distanza di una settimana si è evidenziata un’ottima guarigione clinica dei tessuti molli. L’elemento donatore è risultato positivo al test di vitalità pulpare sia nel controllo a 2 mesi che in quello a 6 mesi.
Durante il successivo richiamo a 8 mesi è stato eseguito un controllo clinico ed è stata effettuata una radiografia endorale dell’elemento autotrapiantato (2.8): né sintomi né segni patologici dei tessuti dentali o parodontali sono stati comunicati o rilevati.
Conclusioni L’utilizzo di una replica 3D dell’elemento donatore è dimostrato essere efficace nella procedura di autotrapianto dentale, riducendo sensibilmente il tempo di permanenza extra-orale dell’elemento destinato al trapianto, la durata delle procedure chirurgiche e il trauma iatrogeno al legamento parodontale, aumentando pertanto le percentuali di successo a lungo termine.
Significato clinico L’impiego di una replica tridimensionale dell’elemento donatore permette un minor insulto al legamento parodontale, migliorando la prognosi dell’elemento autotrapiantato.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.05.2021.08
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