È stato uno degli ultimi atti del Governo Gentiloni. La firma, lo scorso marzo, del decreto che definisce e riconosce la figura professionale dell’ASO, Assistente di Studio Odontoiatrico.
Un percorso lungo e accidentato, iniziato nel lontano 2007, che abbiamo approfondito insieme a Fulvia Magenga, segretario generale SIASO, impegnata fin dall’inizio nel riconoscimento della professione.
Quando è nata l’esigenza del riconoscimento della figura di assistente alla poltrona?
Fin dalla costituzione del nostro sindacato, nel 2007. Ci siamo subito resi conto che questi lavoratori vivevano una problematica sociale, un gap culturale molto forte che dava origine a errori e a conflitti contrattuali. Le assistenti si affidavano a consulenti del lavoro che, il più delle volte, pensando di rendere un buon servizio al datore di lavoro, le inquadravano in modo scorretto.
Abbiamo trovato persone assunte con contratti del turismo, del commercio. E persino, quando erano inquadrate all’interno del contratto collettivo degli studi professionali, inserite come operaie. Tutto questo portava a ulteriori “fraintendimenti”.
L’assistente, di fatto, non aveva una sua professione e veniva utilizzata per qualsiasi lavoro: da quello meno complesso a quello che dovrebbe essere svolto da chi la laurea la deve avere. Un esempio? Le assistenti promosse sul campo igieniste dentali.
Da qui abbiamo iniziato una campagna per ottenere la formazione obbligatoria, e ci siamo subito scontrati con le resistenze molto forti di alcuni datori di lavoro che volevano continuare a formarsi da soli l’assistente di studio.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.06.2018.02
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