L’Accademia Italiana di Odontoiatria Conservativa e Restaurativa ha indetto un Premio per il miglior caso clinico di un trattamento conservativo (diretto o indiretto) di uno o più elementi di un unico quadrante, riservato ai Soci Ordinari Junior 2020 e ai Soci Studenti 2020 Under 31. La Commissione Accettazione Soci (CAS) dell’Accademia Italiana di Conservativa ha valutato i casi clinici stilando una graduatoria.
I tre finalisti sono stati premiati con l’associazione per un anno all’AIC e il miglior caso – presentato dalla dottoressa Chiara Ganau – è pubblicato all’interno della presente rubrica bimestrale dedicata ad AIC.
di Chiara Ganau
Introduzione
Il successo di un restauro è strettamente legato a un adeguato utilizzo dei protocolli operativi e alla corretta scelta dei materiali. La letteratura ci indica che circa il 60% delle prestazioni effettuate da un dentista si riferisce alla sostituzione di ricostruzioni precedentemente eseguite.
Nonostante l’amalgama abbia una lunga storia di successi clinici, la moderna odontoiatria conservativa può vantare materiali notevolmente più estetici e dalle proprietà meccaniche eccellenti: le resine composite. Sia le ricostruzioni in amalgama che i restauri in composito, però, sono destinati a fallire se utilizzati in modo non conforme ai protocolli.
Le lesioni cariose secondarie rappresentano la principale causa di fallimento di restauri in composito nel periodo compreso tra i 6 e i 17 anni di carico funzionale. Queste sono dovute all’infiltrazione di fluidi, batteri e macromolecole a livello dell’interfaccia adesiva tra dente e restauro, che può verificarsi a causa di un inadeguato isolamento del campo operatorio, di una incompleta rimozione del tessuto cariato o, ancora, di procedure imprecise.
Fratture e incrinature rappresentano l’altra causa di fallimento dei restauri adesivi. Questi cedimenti strutturali sono frequenti in presenza di cavità molto estese in cui le pareti residue, eccessivamente sottili, non riescono a contrastare carichi masticatori rilevanti. Inoltre, possono essere dovuti anche a un eccessivo stress da contrazione conseguente a una scorretta gestione del materiale da otturazione.
Ai fini di un trattamento duraturo nel tempo, è quindi indispensabile un’attenta valutazione delle strutture dentarie residue, nonché della funzione del dente in arcata e dell’attività masticatoria del paziente. Da ciò dipende la scelta del disegno della cavità. In presenza di perdita minima o moderata di struttura dentaria è sufficiente apporre il materiale direttamente nella cavità lasciando in sede le cuspidi.
Nel caso di struttura residua di una o più cuspidi inadatta a sostenere i carichi masticatori, invece, si deve procedere con la protezione cuspidale, che può avvenire anche stavolta mediante restauro diretto, oppure tramite restauro indiretto, ovvero realizzato in laboratorio e successivamente cementato sul dente preparato.
Le resine composite sono considerate in letteratura materiali affidabili e duraturi e l’adesione gioca un ruolo essenziale nella durata dei restauri, sia diretti che indiretti. In quelli diretti, le procedure adesive si svolgono sul solo substrato dentale, prima della stratificazione del materiale composito. In quelli indiretti, alle normali procedure adesive sul substrato dentale si aggiungono quelle da eseguire sulla superficie interna del manufatto, che variano in base al tipo di materiale utilizzato. Nel caso del composito si condiziona la superficie con sabbiatura e mordenzatura, si silanizza la superficie e poi si applica il bonding non polimerizzato.
Il presente case report riguarda la sostituzione di precedenti ricostruzioni in composito e in amalgama con restauri diretti e indiretti in composito e la loro valutazione nel tempo.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.03.2021.09
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