Ricerca Usa dimostra che i prodotti di scarto della lavorazione del vino inibiscono l’attività dello Streptococcus mutans.
Ai diversi benefici del vino se ne è recentemente aggiunto uno che riguarda la salute di denti e gengive: l’effetto positivo non è stato però ottenuto da un bicchiere di rosso da pasto, ma dagli scarti della sua lavorazione. Ci vorrà del tempo, dunque, prima che i promettenti esperimenti portino alla realizzazione di un prodotto che giovi alla salute orale, ma per ora un dato è certo: i semi e le bucce dell’uva fermentati, derivanti dalla lavorazione del vino, hanno la capacità di contrastare l’azione dei batteri che causano la carie.
“I nostri esperimenti di laboratorio hanno dimostrato che i prodotti di scarto della lavorazione del vino sono davvero in grado di interferire con l’attività dello Streptococcus mutans” afferma Hyun Koo, docente presso l’Eastman Department of Dentistry e il Center for Oral Biology della University of Rochester, negli Stati Uniti.
“La limitazione dell’azione dello Streptococcus mutans avviene innanzitutto inibendo la secrezione di glucosiltransferasi, ossia gli enzimi che, tramite la produzione di sostanze zuccherine e viscose (glucani), consentono ai batteri di aderire alla superficie dei denti e formano una barriera protettiva attorno alle colonie di Streptococcus; il contatto con i semi e le bucce dell’uva fermentati, infatti, limita la produzione degli enzimi e riduce notevolmente la capacità dei batteri di aderire allo smalto e di creare le condizioni ottimali per proliferare.”
Le sostanze derivate dalla lavorazione del vino sono in grado di modificare anche l’ambiente in cui lo Streptococcus mutans vive. “Anche la modificazione dell’ambiente avviene attraverso la limitazione dell’attività dei batteri: mentre in condizioni normali lo Streptococcus secerne le sostanze che creano l’ambiente acido in cui vive, messo a contatto con i derivati dell’uva esso non riesce a produrre la stessa quantità di sostanze acide, probabilmente grazie all’inibizione della glicolisi.”
Lo studio, pubblicato recentemente dalla rivista specializzata Journal of Agricultural and Food Chemistry, ha provato che le sostanze responsabili dell’inibizione dell’attività batterica sono polifenoli largamente presenti negli scarti fermentati dell’uva pressata e in particolare in quelli dell’uva nera, che ne contiene il 40 per cento in più rispetto alle varietà bianche. “I nostri esperimenti hanno dimostrato che gli scarti di uve nere utilizzati hanno ridotto dell’85 per cento la secrezione di due glucosiltransferasi; in particolare i vitigni Pinot nero e Cabernet hanno mostrato un’efficacia mai rilevata nei nostri laboratori, dove testiamo le proprietà antibatteriche anche di altre sostanze come i mirtilli rossi e il cacao.”
Uno degli elementi più importanti a detta dei ricercatori è il fatto che in nessun caso i polifenoli hanno eliminato i batteri, ma ne hanno solo modificato l’attività; “questo consente di evitare episodi di resistenza batterica come avviene con le cure antibiotiche, e anche l’eliminazione di batteri utili insieme a quelli che causano la carie.”
GdO 2008; 1
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