La letteratura presenta un elevato numero di studi relativi al restauro degli elementi trattati endodonticamente: molto si dibatte su costi e benefici dei diversi tipi di restauro, ma c’è accordo sul fatto che il dente debba essere ricostruito poiché le fratture coronali e radicolari rappresentano la causa più frequente di estrazione dei denti sottoposti a terapia canalare.
La motivazione è ascrivibile all’alterazione strutturale dell’elemento, che in seguito alla perdita di tessuto coronale e al trattamento endodontico modifica sensibilmente il proprio comportamento biomeccanico: da un lato, la perdita del tessuto pulpare comporta disidratazione, demineralizzazione e alterazione della componente collagenica del dente; dall’altro lato, la mancanza di un tempestivo sigillo coronale può esitare in una microinfiltrazione batterica che è potenzialmente causa di una reinfezione del sistema dei canali radicolari.
Il composito è il materiale da restauro che esibisce il minor grado di microinfiltrazione batterica coronale, mentre amalgama d’argento e vetroionomeri sono scelte non più attuali in odontoiatria restaurativa.
Un adeguato restauro coronale influenza la sopravvivenza a lungo termine dei denti trattati endodonticamente ed è elemento chiave e indilazionabile per il successo del trattamento. Non esiste, a oggi, un consenso su quale sia il restauro più indicato per prolungare la vita del dente trattato endodonticamente.
Sicuramente la quantità e la qualità del tessuto dentale residuo devono guidare il clinico non solo nella scelta del tipo di restauro, ma anche sulla necessità di usufruire di ritenzioni endocanalari. Numerosi studi in vitro e clinici sembrano suggerire che il comportamento biomeccanico di denti restaurati con un perno e una corona garantisca la più alta percentuale di sopravvivenza a lungo termine, ma anche i restauri adesivi supportati da un perno endocanalare possono dare buoni risultati.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.09.2016.10
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