I riassorbimenti cervicali invasivi hanno ottenuto recentemente molta attenzione da clinici e ricercatori di tutta Europa. L’European Society of Endodontology (ESE) ha pubblicato lo scorso anno il proprio “position statement” offrendo un quadro generale sulla diagnosi, l’eziologia e il trattamento di questo specifico riassorbimento radicolare infiammatorio allo stato attuale.
La maggiore attenzione probabilmente è dovuta all’aumentata frequenza con cui i clinici si trovano ad affrontare questo tipo di lesione. La maggiore intercettazione di RCI da parte dei clinici può dipendere sia dall’utilizzo di sistemi diagnostici più sensibili (CBCT) sia dall’aumentata esposizione della popolazione a fattori di rischio correlati a questo tipo di patologia.
È bene ricordare che qualunque tipo di riassorbimento radicolare nella dentatura permanente comporta danni non reversibili e quindi non è auspicabile; tuttavia, tra questi i riassorbimenti cervicali invasivi (RCI) sono i più complicati da diagnosticare precocemente e i più complessi da trattare.
L’eziologia non è ben chiara, ma sembra che il processo infiammatorio scaturisca da un danno al legamento parodontale associato a fattori che mantengono l’attività clastica.
I RCI sono lesioni dinamiche che evolvono da fasi destruenti a fasi di riparazione con tempi e gradi di invasività variabili. Heithersay nel 1999 ha proposto una classificazione in 4 stadi correlando ciascuno stadio alla percentuale di successo nel trattamento.
Più recentemente, Patel e al. hanno proposto una classificazione basata sulla diagnosi radiologica tridimensionale correlando i diversi stadi alle opzioni terapeutiche percorribili.
Lo scopo di questo case report è evidenziare come l’utilizzo delle linee guida associate alla classificazione di Patel possa essere introdotto nella pratica clinica.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.10.2019.08
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