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22 Marzo 2020

Si lavori perché briciole e mance non disperdano i fondi che serviranno per ripartire

di Norberto Maccagno


I bollettini che giornalmente ci informano dei “caduti e feriti” di questa guerra che i medici e gli infermieri stanno combattendo, per noi, negli ospedali, ci ricordano il vero obiettivo dell’emergenza da coronavirus: non ammalarsi. Ma nella seconda domenica del “io resto più o meno a casa”, alla preoccupazione salute si affianca anche la preoccupazione economica.

Già perché subito dopo alla salute il pensiero va allo studio o al laboratorio chiuso, alle tante attività dei vostri pazienti chiuse, al pericolo che i vostri pazienti dipendenti possano perdere il lavoro, ed i vostri pazienti imprenditori fatichino a ripartire. Ovviamente oggi è impossibile prevedere quanto questa situazione durerà, se si tratterà di qualche settimana o più probabilmente di mesi come successo in Cina.
Però un nuovo inizio ci sarà. 

Un po’ di “morale positivo” avrebbe potuto darlo il Decreto “Cura Italia”, ma non sembra esserci riuscito.  

Sono sicuro che molti di voi, visto che il tempo in questi giorni non manca, per la prima volta hanno letto un decreto del Governo, arrivando alla domanda che ci poniamo noi giornalisti ogni volta che siamo chiamati a raccontarvi i contenuti di una Legge: ma cosa hanno disposto

Confessatelo, dopo averlo letto o aver letto gli approfondimenti che i giornali hanno pubblicato, Odontoiatria33 compresa, e pensando allo slogan con cui si è voluto connotare il provvedimento (Cura Italia), vi siete detti: fortunatamente a curare gli italiani sono i medici e non i politici. 

Non entro nel merito delle polemiche nate nel settore dentale sugli aiuti mancati, del benaltrismo, del ma invece di questo perché non hanno fatto quello. Ma da un Governo, l’attuale giallo-rosso, ma pure il precedente giallo-verde, che ha puntato e continua a costruire la politica economica sull’annuncio di “mance” (reddito di cittadinanza, quota cento inclusi), ci si poteva aspettare soluzioni diverse? 

Gli odontoiatri, come tutti gli autonomi iscritti ad un Ordine, si sono indignati dall’essere stati esclusi dai 600 euro previsti per gli autonomi iscritti all’INPS, ovviamente non sono per tutti quelli che ne potrebbero beneficiare, ma solo per i primi che li chiederanno (non si è ancora capito come e quali i criteri per assegnarli) fino a quando i fondi stanziati (2,1 miliardi di euro) finiranno. D'altronde le briciole sono sempre destinate a chi arriva per primo. Fondi che, però, non pagherebbe lo Stato ma l’INPS. Ma non avrebbe potuto fare lo stesso anche ENPAM, molti di voi si sono chiesti dando per scontato che fosse quello l’intervento utile? Questa la risposta del Vice Presidente Vicario Giampiero Malagnino.

I professionisti iscritti ad un Ordine si dovrebbero (anche qui non si sa come) spartire, invece, 300 milioni di euro, l’esatta metà di quanto lo stesso decreto sembra aver stanziato per tappare l’ennesimo buco di Alitalia che, se non troverà un acquirente, diventerà di proprietà dello Stato. Ma nel decreto sull’emergenza coronavirus, doveva essere inserito l’aiuto ad Alitalia? Ed allora perché non inserire anche la proroga dal DPCM sull’ASO o le altre norme che servono ed interessano molti altri settori e che per il blocco del Parlamento non vedranno la luce? 

Sempre in tema mance previste nel “Cura Italia”, ecco i 3 euro al giorno (per un massimo di 100 euro) previsti per chi continua a recarsi a lavorare in azienda invece di farlo da casa, (andare e tornare da casa al lavoro in metropolitana a Milano costa 4 euro), o il voucher babysitter previsto per 15 giorni, la proroga dei pagamenti delle scadenze fiscali di 10 giorni ufficializzato il giorno dopo l'ultimo giorno utile per effettuarlo, fino ad arrivare agli aiuti più concreti per gli ammortizzatori sociali per i dipendenti che, però, per essere erogati si dovrà attendere l’emanazione di altri accorti e circolari. Ed anche questi sono solo per i primi che li richiederanno non essendo i fondi illimitati. Sempre poi che si capisca come fare a richiederli, nei giorni scorsi abbiamo provato ad ipotizzarlo

Tornando alle polemiche del settore sulle briciole per gli autonomi mi chiedo: ad un dentista cambia la vita se invece dell’ipotetico contributo una tantum stimato in 300 euro, avessero deciso di dare i 600 euro promessi agli altri autonomi? 

Premetto che io appartengo, per ora, a quella categoria di autonomi fortunati che sta lavorando perché l’editore di Odontoiatria33 ha deciso di continuare ad informare, gratuitamente, il settore nonostante le aziende stiano congelando i contratti pubblicitari in attesa di sviluppi. 

Chiarito questo, ripeto: non so se ad un titolare di studio odontoiatrico, anche il più piccolo, cambierebbe il bilancio aziendale nel ricevere 300 euro o 600 euro una tantum?  

Forse le richieste di interventi dovrebbero essere concentrati verso gli ammortizzatori sociali previsti per i vostri dipendenti, pretendere che anche per i dentisti vengano bloccati oltre al mutuo prima casa anche (forse ci sono novità, ne parliamo lunedì su Odontoiatria33) i finanziamenti legati all’attività, affitti, siano previsti aiuti per poter accedere al credito più facilmente, magari estendendo a questa emergenza le possibilità già previste per usufruire di parte dei fondi versati per la pensione integrativa, come in parte richiesto da AIO

Dal mio punto di vista, la richiesta alla politica dovrebbe essere nel pretendere che più fondi possibili vengano destinati per sostenere il lavoro di tutte le attività, gli stipendi dei pazienti, le piccole attività –bar, negozi, ristoranti- gestite dai vostri pazienti, le piccole aziende che rischiano di non riuscire più a riaprire se lo stop sarà lungo. Così, quando gli studi riapriranno, questi potranno tornare subito in studio a continuare le cure iniziate o quelle che avrebbero dovuto iniziare.  

Le mance sono solo utili da sbandierare in conferenza stampa, non fanno altro che portare via risorse ad interventi ben più importati ed efficaci. 

Perché se certamente questa emergenza cambierà la percezione tra gli operatori dello studio odontoiatrico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro -mi spiegate che l'attenzione non sarà più solo verso il sangue del paziente ma ora anche verso la saliva, l’aerosol-, allo stesso modo non dovrebbe influenzare negativamente i pazienti.  

La comunicazione data ai pazienti del rimandare gli appuntamenti per evitare che uscissero di casa, è stata percepita dai cittadini come un atto di precauzione nei loro confronti e non perché ci fosse un pericolo nell’andare dal dentista. Come ci ha indicato, con tutte le premesse che il momento impone, i dati di un sondaggio di Key-Stone che vi abbiamo proposto. Il rischio non sarà, quindi, che il paziente starà lontano dai vostri studi perché non si sente più sicuro, ma perché non percepirà una sicurezza economica, e quindi tornerà a rimandare le spese rimandabili. 

In questo momento, più che mai, le rivendicazioni politiche devono uscire dai confini della propria realtà, ma guardare all’intero Sistema Paese, di cui tutti facciamo parte

Anche perché, l’errore che spesso facciamo nel considerare i fondi stanziati dalle manovre economiche, è considerarli soldi dello Stato, senza ricordare che i soldi dello Stato sono i nostri soldi. 
Il 25 miliardi di fondi stanziati dal Decreto “Cura Italia” non sono omaggio di chissà chi, non sono donazioni, non arrivano da fondi accantonati, sono in deficit.
Prima o poi devono essere restituiti ed a farlo saremo chiamati tutti noi, o meglio, tutti quelli che pagano le tasse. Questo significherà future nuove tasse o tagli ai servizi, che poi è lo stesso perchè quei servizi tagliati dallo Stato, li dovremo pagare di tasca nostra.  

Ultima considerazione è sulle polemiche che leggo sui social verso Sindacati ed ENPAM, ma anche tra gli stessi dentisti che hanno deciso di chiudere e accusano di fare concorrenza sleale quelli che lavorano e non si limitano alle urgenze. Non c’è nessuna norma che impone allo studio di chiudere l’attività ma solo una indicazione dell’Ordine e del Ministero di limitare l'attività alle urgenze usando il buon senso. Ma come spesso capita, il buon senso è a discrezione, e nel settore, come in tutti i settori, furbetti e buon senso quasi mai si incontrano. In più, in tema di salute, tutto può essere considerato urgente.

Cercate di passare oltre, tra i tanti rischi di questo momento c’è quello che l’angoscia diventi rabbia e la situazione degeneri in un tutti contro tutti

Mi associo al video messaggio che Michele Cassetta, un mio collega ma anche vostro collega, ci ha inviato. Non è tempo di polemiche ma di coesione. Avrete tempo per fare bilanci e per eventualmente giudicare il lavoro di chi vi rappresenta.  

Ora, come molti cantano dai balconi, serve solo “stringersi a coorte”, per combattere il virus.    


ULTIMA ORA

Verso le 23 di ieri sabato 21 marzo, il primo ministro Giuseppe Conte ha annunciato, in un video pubblicato sui social, un'ulteriore stretta con la chiusura di tutte le attività produttive non necessarie. 

Restano aperte quattro macro-aree: logistica e trasporti, farmaci e sanità, energia e agroindustria, servizi bancari, postali e finanziari. Tutti gli altri settori produttivi non essenziali verranno chiusi. Nel pomeriggio i Governatori della Lombardia e del Piemonte avevano deliberato regole ancora più stringenti.

Ai Prefetti dovrebbe essere affidato il compito di individuare le aziende che possono rimanere aperte e quelle che dovranno chiudere.

Nulla dovrebbe cambiare per quanto riguarda gli studi odontoiatrici i quali potranno garantire le sole emergenze se in grado di rispettare le norme per la sicurezza. Ma come sempre capita in questa emergenza, si dovrà leggere il testo definitivo per meglio capire.

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