Dental Cadmos vi propone un viaggio inedito. Affascinante, carico di storia e curiosità. Andiamo indietro nel tempo di quasi 5 mila anni. Ci spostiamo in Iran, al confine tra Pakistan e Afghanistan, nel deserto del Lut. Entriamo nel sito archeologico di Shahr-i Soktha, riconosciuto nel 2014 dall’Unesco patrimonio dell’umanità.
In un’area complessiva di 280 ettari, nel 2017 l’Università del Salento ha avviato qui una nuova era di ricerche dirette da Enrico Ascalone, professore dell’Università di Göttingen, a seguito di accordi con le autorità iraniane (ICAR e RICHT), siglati nel dicembre del 2016.
Ad Ascalone abbiamo chiesto di farci da guida e di raccontarci che cosa restituiscono i denti rinvenuti tra i resti di individui sepolti tra il 3200 e il 1800 avanti Cristo. In una necropoli immensa che conta oltre 37.500 tombe.
Professore, partiamo dal progetto di questa spedizione…
È un progetto nato nel 2016, tutto concentrato su Shahr-i Soktha, sito storicamente molto importante che risale all’età del Bronzo iraniano e che ha fatto registrare una vita occupazionale intensa tra il 3200 e il 1800 avanti Cristo.
La spedizione ha una marcata impronta multidisciplinare: oltre all’attività di scavo archeologico prevede analisi antropologiche, topografiche, archeozoologiche, paleobotaniche, seguite da docenti dell’Università del Salento quali i professori Pier Francesco Fabbri (Antropologia), Girolamo Fiorentino (Paleobotanica), Claudia Minniti (Archeozoologia) e Giuseppe Ceraudo (Topografia Antica). Dal punto di vista finanziario, è supportata dal Dipartimento di beni culturali dell’Università del Salento di Lecce e dal ministero degli Affari Esteri.
È una missione ospite della Missione Archeologica iraniana diretta da Mansur Sajjadi – a cui va la mia più profonda riconoscenza per la totale disponibilità accordata al nostro progetto – e che ha, anche al suo interno, una forte componente internazionale. Senza il contributo del mio collega iraniano il nostro progetto non sarebbe mai partito.
Allo stesso modo, approfitto per ringraziare il professor Gianluca Tagliamonte, direttore del Dipartimento di beni culturali dell’Università del Salento, che, da su bito, ci ha sostenuto, accogliendo una sfida impegnativa che ha un grande impatto nella comunità scientifica internazionale.
Lo scorso ottobre abbiamo raccolto i primi frutti del nostro lavoro con la pubblicazione di un primo volume che rappresenta un preliminare degli scavi e degli studi svolti in questi primi due anni di ricerche.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.09.2019.02
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