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26 Luglio 2024

La metà degli odontoiatri in pensione continua a lavorare. Una scelta seguita non solo dai dentisti

Oliveti (Enpam, Adepp): è una questione prima di tutto d’identità e di funzione sociale. I consigli ai giovani odontoiatri

Nor. Mac.

Oliveti logo enpam

Per i dentisti italiani si allontana sempre più il tempo in cui lasceranno la propria attività per andare in pensione, Odontoiatria33 ne aveva parlato in un approfondimento dedicato informando dei dati presentati Centro Studi ANDI presentata a Rimini durante Expodental Meeting, lo trovate a questo link.  

Ma quali sono i dati ufficiali ENPAM?  

Stando a quanto comunicato dall'Ente di previdenza di medici e dentisti ad Odontoiatria33, i pensionati iscritti agli Albi degli odontoiatri (doppi inscritti compresi) che hanno ricevuto la pensione al 31 dicembre 2023, presso la gestione Quota B, sono 10.483.
Di questi, 5.846 sono pensionati contribuenti, ovvero continuano a lavorare e versare alla gestione Quota B (dati dichiarazione 2023 -reddito prodotto nel 2022) e hanno un’età media di 71,9 (età calcolata al 2023). 

L’importo medio annuo di una pensione ordinaria di un iscritto ENPAM (medico o dentista) che ha la Quota B come propria gestione prevalente, è pari a 16.440 euro (dato 2022).   

Ma il voler/dover rimanere al lavoro è una peculiarità degli odontoiatri oppure è comune ad altri liberi professionisti? E per un Ente previdenziale come ENPAM, questo cosa comporta? Quali i consigli si possono dare ai giovani dentisti ed a quelli che si stanno avvicinando all'età pensionabile?

Ne abbiamo parlato con Alberto Oliveti (nella foto), presidente ENPAM ed ADEPP, l’associazione degli Enti previdenziali privati.  


Presidente Oliveti, dai dati sembra emergere la volontà dell’odontoiatra di rimanere al lavoro anche quando ha maturato gli anni per andare in pensione. È una pratica comune con le altre libere professioni? Perché secondo lei?  

Il fenomeno è in aumento sostanzialmente in tutte le categorie. Dall’analisi degli iscritti alle Casse di Previdenza è emerso che tra il 2005 ed il 2022 il numero di pensionati che continuano a lavorare è più che raddoppiato, passando dai circa 42mila del 2005 ai circa 110mila del 2022. Il fenomeno è certamente legato alla natura stessa della libera professione: mentre un dipendente (o un convenzionato) è normalmente obbligato a lasciare il lavoro se vuole andare in pensione, un professionista tende a voler proseguire l’attività finché è in buona salute. È una questione prima di tutto d’identità e di funzione sociale, che non svaniscono dal momento in cui arriva un cedolino di pensione.  


Le motivazioni date dagli odontoiatri è che si sentono ancora produttivi, ma anche che quanto percepiranno come pensione non è abbastanza per mantenere lo stile di vita attuale. Come commenta?  

In origine i medici e i dentisti liberi professionisti non avevano nemmeno una pensione per come la intendiamo oggi, perché si pensava che in vecchiaia avrebbero vissuto grazie ai risparmi accumulati a titolo personale o, nella peggiore delle ipotesi, chiedendo all’ENPAM un sussidio assistenziale. Ricordiamo che contribuzione proporzionale sui redditi da libera professione esiste in casa ENPAM solo dal 1990, e per gli odontoiatri addirittura dal 1995. Inoltre le aliquote contributive inizialmente erano molto contenute: nei primi anni l’aliquota intera era del 12,5 per cento, e solo fino a un tetto di reddito limitato, mentre il contributo ridotto era del 2 per cento per chiunque avesse un’altra posizione previdenziale. Il livello di contribuzione oggi è più elevato e migliorerà l’adeguatezza delle pensioni, ma ci vorrà tempo. Sappiamo che nel 2022 chi riceveva la pensione più alta dalla Quota B, mediamente prendeva da ENPAM 16.440 euro annui. Quest’importo tenderà ad aumentare di anno in anno, mano a mano che aumenterà il numero di pensionati con l’intera carriera coperta da contributi di Quota B.    


Dalle risposte la sensazione è che gli odontoiatri comincino a pensare alla pensione solo quando si avvicinano all’età del pensionamento. Anche in questo caso è un aspetto comune con le altre libere professioni? Come mai secondo lei?  

Il fatto che in Italia i professionisti, ma in generale un po’ tutti i lavoratori, comincino a pensare alla pensione solo quando ci stanno per arrivare è un dato di fatto ineludibile, che ha purtroppo a che fare con la carenza di cultura previdenziale con cui deve fare i conti il nostro Paese. Come ENPAM da sempre facciamo la nostra parte nel cercare di informare quanto più tempestivamente gli iscritti su regole e condizioni del pensionamento. L’alfabetizzazione passa attraverso il Giornale della previdenza, che da trent’anni arriva a casa degli iscritti; siamo stati all’avanguardia mettendo a disposizione per primi un servizio di ipotesi di pensione fruibile online; inoltre interveniamo regolarmente con sessioni ad hoc e allestendo postazioni di consulenza previdenziale nei convegni organizzati dagli Ordini provinciali e nei congressi sindacali.  


I giovani invece sembrano addirittura non conoscere le regole. Un buon numero, il 30% circa, pensa di poter andare in pensione a 60 anni. Cosa consiglierebbe ad un odontoiatra under 35-40 per guardare più con serenità a quando andrà in pensione?  

Innanzitutto, il primo passo deve essere quello di scaricare un’ipotesi di pensione. È un primo passo fondamentale, perché un’ipotesi – che si ottiene in un attimo nell’area riservata del sito dell’Enpam – chiarisce al giovane iscritto quando potrà andare in pensione e quale potrebbe essere l’importo del suo assegno. Saputo questo, è possibile fare scelte conseguenti, come ad esempio fare domanda per uno dei tanti riscatti che l’ENPAM mette a disposizione oppure, o ancora meglio in aggiunta, aderire a FondoSanità, il fondo di previdenza complementare dedicato ai professionisti sanitari: per chi ha meno di 35 anni, grazie a un contributo dell’ENPAM, l’iscrizione è gratuita. 


Il fatto che una buona parte degli odontoiatri liberi professionisti dichiari di voler continuare a lavorare anche se già in pensione è un bene per i bilanci ENPAM, in quanto continuano a versare i contributi anche se in misura ridotta?  

In generale più contributi si versano all’ENPAM, migliore sarà il saldo previdenzale, che è uno dei parametri su cui viene valutata la sostenibilità dell’ente. Tuttavia le scelte individuali, nell’ambito delle regole che sono state stabilite, sono per l’ENPAM tendenzialmente neutre. Ad esempio, se un pensionato continua a versare contributi, nell’immediato il bilancio ENPAM ne potrebbe beneficiare, ma in futuro – a fronte di quei contributi – l’ente dovrà pagare una pensione maggiore (e ciò inciderebbe “negativamente” su un bilancio). Quindi, non ci sono comportamenti più virtuosi rispetto ad altri in tema di versamenti di contributi. Piuttosto è bene che ogni professionista che si trovi ad adeguarsi alle regole del momento, scelga la soluzione più adeguata alle proprie esigenze professionali e alle proprie aspirazioni personali e familiari.      


 

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