Il Presidente e la CAO di La Spezia hanno presentato ricorso avverso la validità delle operazioni elettorali e la conseguente proclamazione degli eletti della CAO nazionale
Dopo la notizia del ricorso presentato dall’OMCeO di Cosenza nei confronti degli eletti a Revisore dei Conti, ecco arrivare quella di un altro ricorso, questo mette in discussione la validità delle operazioni elettorali ed in particolare per l’assegnazione del numero di voti in base agli iscritti all’Albo che, per i ricorrenti, non sarebbe quanto stabilito dalla Legge. A presentare il ricorso uno dei candidati, non eletti, il presidente CAO La Spezia Sandro Sanvenero
Presidente Sanvenero, cosa è successo?
Le sintetizzo i passaggi temporali. Dopo aver discusso per lungo tempo della possibilità di rinvio della data delle elezioni (e dell’inserimento di tale proposta in diversi atti, anche governativi), sono state avviate le procedure elettorali. Questa volta, per poter essere eletti, era indispensabile candidarsi (con una procedura che prevede firme autenticate e firme a sostegno delle candidature) entro 10 giorni dall’inizio delle procedure elettorali. La comunicazione della data di indizione delle elezioni è stata inviata (alla PEC dell’Ordine, senza mettere i Presidenti in “copia”) sabato 06 marzo alle ore 15.59, con scadenza candidature alle ore 12 del 16 marzo. Come è noto, per le elezioni nazionali, non vige il principio “un Presidente, un voto”, ma ogni Presidente dispone di un numero di voti variabile a seconda di quanti iscritti rappresenta, ed è la stessa legge che ne definisce la progressione. Questa era la prima volta che veniva applicata la nuova progressione disposta dell’art.8 comma 9 del D.Lgs.C.P.S. n.233/1946 e s.m.i. (la cd “Lorenzin”) che dispone “ciascun presidente dispone di un voto per ogni 500 iscritti e frazione di almeno 250 iscritti al rispettivo Albo”. Nella convocazione veniva, altresì, specificato che tutti i Presidenti avevano diritto ad almeno 1 voto, come del resto si è sempre fatto dal 1946 la cui normativa prevedeva che “ciascun presidente dispone di un voto per ogni duecento iscritti e frazione di duecento iscritti al rispettivo Albo provinciale.” Il 23 marzo, quindi successivamente alla presentazione delle candidature e a tre giorni dall’inizio delle operazioni elettorali, la FNOMCeO con una circolare, comunica a mezzo PEC a tutti i Presidenti l’interpretazione che ha dato circa la progressione dei voti spettanti ad ogni Presidente. In pari data ho inviato, sempre a mezzo PEC, un interpello urgente sia al Ministero che alla Federazione, nel quale contestavo l’erroneità della progressione indicata. Superfluo evidenziare come a tale interpello non sia stata fornita nessuna risposta. Il 26 marzo iniziavano le operazioni elettorali che si sono svolte con il numero di voti indicati nella circolare del 23 marzo.
Quindi quali le motivazioni alla base del ricorso?
La legge, sin dal 1946, prevede che gli Ordini provinciali “si riuniscano in una Federazione nazionale”, cioè gli Ordini non si fondono in un Organo nazionale sovradimensionato, ma mantengono le proprie prerogative essendo l’Organo nazionale di tipo federativo: un insieme di singole autonomie provinciali. Da questo fatto costitutivo è derivato un modello elettorale che ponderi, equilibrandoli, due differenti principi: quello della rappresentanza (ogni Presidente ha, almeno, un voto) e del numero dei rappresentati (gli iscritti in ogni Albo provinciale).La ponderazione, stabilita dalla normativa rimasta in vigore sino al 2018, stante quella progressione, non reggeva più: cioè si era venuta a creare una condizione di fatto che assegnava, a pochi (rispetto al numero di 106 Presidenti) Ordini, la maggioranza dei voti elettorali. Pertanto il legislatore è intervenuto modificandola. L’interpretazione fornita della progressione dei voti, anziché riequilibrare i due principi (rappresentanza vs rappresentati) li ha peggiorati. Infatti, secondo tale interpretazione, si giunge ad un doppio paradosso: 14 grandi Ordini (ovviamente assoluta minoranza rispetto ai 106 Ordini provinciali) disporrebbero del 51% dei voti elettorali, pur rappresentando un numero di iscritti di molto inferiore al 50% del totale. Cioè, anziché una legge elettorale “federativa”, si determina una legge elettorale con forte “premio di maggioranza”: una “doppia minoranza” (di Presidenti e di iscritti) dispone della maggioranza dei voti. Si tratta, quindi, di una questione di correttezza istituzionale-rappresentativa che non può consentire che pochi “comandino” su molti.Anche a non voler tenere conto delle “ragioni politiche” e di legittima rappresentanza democratica, legate al modello federativo che il legislatore ha dato all’Organo nazionale, è la stessa lettera della norma ad essere chiara, e non altrimenti interpretabile, nello stabilire come spetti un voto non “fino a” 500 iscritti, bensì “ogni” 500, assegnando 1 voto all’eccedenza (rispetto a 1 ogni 500 iscritti) solo se questa sia pari o superiore a 250; cioè a quella parte che, in qualsiasi norma elettorale, viene definito con “calcolo degli scarti”.
Che tipo di impatto avrebbe avuto questa variazione del numero di voti?
Posso affermare, con certezza matematica, che questo aumento, comunicato dalla FNOMCeO del numero di voti elettorali, non è stato ininfluente sull’esito dello spoglio. Infatti, anche a non voler tenere conto delle pubbliche dichiarazioni di voto fornite da grandi Ordini, basta sottrarre l’aumento dei voti che si sono ritrovati i candidati delle due liste, dal numero delle preferenze scrutinate, e si vedrebbe come la proclamazione degli eletti sarebbe stata differente. Fatto questo che, immediatamente all’atto di proclamazione degli eletti, mi ha portato a contestarne la correttezza: contestazione, correttamente, inserita nel verbale di proclamazione.
Quindi adesso cosa potrebbe succedere ed in quali tempi?
Gli organi giudiziari chiamati a rispondere sono, nell’ordine, la CCEPS e la Suprema Corte di Cassazione che, se ritenessero fondate le ragioni poste alla base del ricorso, non potrebbero fare altro che annullare la validità delle operazioni elettorali. In teoria la CCEPS sarebbe tenuta, per legge, a decidere entro sei mesi. Occorre evidenziare, tuttavia, come tale Organo giurisdizionale, attualmente, risulta non costituito e questo è un grave vulnus nella tutela dei cittadini in quanto, qualunque (e per qualsiasi motivo emessa) sanzione disciplinare emessa dagli Ordini risulta essere sospesa a data da destinarsi (producendo, il ricorso alla CCEPS del sanitario sanzionato, effetto sospensivo della sanzione stessa). Bisogna auspicare che, quanto prima, tale Giudice venga compiutamente nominato dal Governo.
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