L’odontoiatria moderna ha visto l’implantologia dominare negli ultimi decenni soprattutto a discapito di elementi dentali che presentano un certo grado di compromissione, ma dati clinici e scientifici sono concordi nell’affermare quanto la longevità dentale sia comunque superiore a quella implantare e che anche gli impianti possono incorrere in problematiche di natura meccanica e biologica.
Pertanto, la scelta terapeutica migliore risulta essere quella di cercare di preservare la dentatura naturale con trattamenti mininvasivi e di prediligere il recupero del dente, a seguito di un’attenta valutazione diagnostica e prognostica, anche quando questo è gravemente compromesso tramite l’esecuzione di piani di trattamento accurati e interdisciplinari e favorendo approcci biologici e conservativi.
In linea con questi principi, il XXVIII Congresso dell’Accademia Italiana di Endodonzia andrà a esplorare le varie problematiche legate al recupero di elementi dentali in cui il trattamento endodontico primario non ha avuto successo ma dove comunque, per quanto complesso, risulti fattibile il loro ripristino biologico e funzionale.
Sapere effettuare un ritrattamento endodontico e risolvere tutte le problematiche (detersione chemio-meccanica del sistema dei canali radicolari, gestione di anatomie alterate con terapie ortograde e chirurgiche, trattamento di perforazioni iatrogene, management in presenza di strumenti fratturati) che hanno determinato l’insuccesso terapeutico permette al clinico di mantenere in arcata elementi dentali a volte anche molto compromessi, andando così a posticipare delle soluzioni terapeutiche più invasive e riducendo al contempo l’impatto biologico ed economico del trattamento.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.01.2020.09
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