05 Giugno 2015

La letteratura consiglia meno profilassi antibiotica antibiotici in pazienti a rischio infezione cardiaca


Prof. Giovanni LodiProf. Giovanni Lodi

Popper

Credo siano pochi gli odontoiatri che abbiano avuto a che fare con un paziente ammalato di endocardite infettiva. Eppure di questa malattia abbiamo tutti sentito parlare durante gli studi e nell'aggiornamento postlaurea, oltre che averne letto sulle pagine di Dental Cadmos. Infatti da più di cent'anni i trattamenti odontoiatrici sono stati indicati come una causa frequente di tale infezione cardiaca piuttosto rara ma molto pericolosa.

Per questo motivo dal 1955 l'American Heart Association, e con essa altre società scientifiche, pubblica linee guida che raccomandano di somministrare una profilassi antibiotica ai soggetti a rischio che debbano sottoporsi a trattamenti odontoiatrici.

Negli anni sono cambiate molecole, dosaggi e modalità di somministrazione, ma non è mai stata messa in discussione l'idea di base. Almeno fino al 2008, quando in seguito a un'attenta analisi della letteratura che comprendeva una revisione Cochrane, il NICE (National Institute for Health and Care Excellence), l'agenzia che prepara rigorose linee guida per il servizio sanitario nazionale inglese, stabilì che questa pratica andava interrotta per l'assenza di prove della sua efficacia.

Poche settimane fa una ricerca pubblicata su Lancet ha mostrato come, in seguito a tale decisone, i disciplinati colleghi inglesi abbiano ridotto dell'80% il ricorso alla profilassi antibiotica, ma parallelamente si sia verificato un aumento significativo dei casi di endocardite infettiva. Gli autori non indicano in maniera esplicita un legame tra i due eventi, ma escludono tutte le altre possibili spiegazioni.

Il NICE ha immediatamente iniziato un processo di revisione delle linee guida.

Qualcuno potrebbe vedere in questa storia una sconfitta dell'approccio evidence based alla medicina. Credo invece che sia l'esatto contrario. Come dice il filosofo, "un sistema empirico, per essere scientifico, deve poter essere confutato dall'esperienza", deve cioè essere falsificabile. Quindi la capacità di confutare le proprie convinzioni per mezzo dell'analisi rigorosa dei dati rende la medicina una scienza.

È probabile, però, che ai pazienti inglesi che a centinaia si sono ammalati di endocardite batterica la questione della demarcazione tra scienza e non scienza importi poco.

Buona lettura.

Prof. Giovanni Lodi: Direttore Scientifico Dental Cadmos

 
 
 
 
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