Le riabilitazioni protesiche su impianti rappresentano una valida alternativa all’edentulia sia parziale che totale. In tutti casi di implantologia è importante avere una quantità e una qualità di osso adeguata per poter realizzare una riabilitazione protesica che sia affidabile nel tempo.
Nella maggior parte dei casi il riassorbimento osseo conseguente alla perdita dei denti porta a una perdita di ulteriore supporto impedendoci di poter inserire adeguatamente un numero sufficiente di impianti. Per questo motivo, negli ultimi decenni molte tecniche di protesi avvitate hanno preso piede. In particolare, tali tecniche garantiscono una buona affidabilità e ottimi risultati estetici. Inoltre, riducono la difficoltà di esecuzione del lavoro e, di conseguenza, si possono contenere i costi di realizzazione.
Molti pazienti si presentano presso la nostra struttura (il Dipartimento di odontoiatria dell’Ospedale San Raffaele di Milano) con l’intento di poter ottenere rapidamente e velocemente una riabilitazione fissa su impianti: il protocollo operativo definito All-On-Four o All-On-Six è risultato essere una buona alternativa a interventi più impegnativi come il rialzo del pavimento del seno mascellare.
Viene ora descritto il caso di un paziente di 70 anni che si presenta alla nostra osservazione con una grave situazione sia parodontale che dentale. Il paziente era portatore di protesi parziali mobili sia superiori che inferiori; i denti residui presentavano gravi lesioni che ne compromettevano l’affidabilità nel tempo. Inoltre, nell’arcata inferiore erano presenti due impianti posizionati incongruamente per riabilitare il gruppo incisivo inferiore.
Dopo un’attenta valutazione, si prospetta un piano di cura che prevede l’avulsione completa dei denti residui e degli impianti precedentemente posizionati e il successivo inserimento di un numero sufficiente di impianti nelle creste ossee residue. In particolare, si pianifica l’inserimento di sei impianti per arcata perfettamente paralleli in quanto le condizioni ossee residue permettevano questa scelta clinica.
Gli impianti utilizzati sono CSR-DAT Sweden & Martina, di differente diametro e lunghezza, giacché il paziente è stato inserito all’interno di un trial clinico randomizzato controllato dove si stanno confrontando differenti macromorfologie dell’impianto CSR. Infatti, in aggiunta alle peculiari caratteristiche di tale impianto - che sono: macromorfologia che consente elevata stabilità primaria lungo tutto il corpo implantare, apice conico con 4 camere di taglio per aumentare la stabilità primaria stessa e connessione DAT (Double Action Tight) a doppia conometria, impermeabile ai batteri (riferimento bibliografico) - sono ora disponibili ben 3 differenti moduli crestali: CSR standard, CSR modulo crestale dritto (ST) e CSR con modulo crestale ridotto (RN).
All’interno di questa casistica, giunta ora a 1 anno di follow-up, si stanno confrontando gli outcome clinici e radiografici di tali differenti design, che rendono questo impianto, unico nel mercato implantologico internazionale, adatto a tutti i vari casi clinici che possono presentarsi all’odontoiatra nell’attività quotidiana: dal caso più complesso con grave atrofia (sono disponibili anche diametri ridotti 3.0 e 3.5) sino ai casi di estetica nei settori anteriori, ai pazienti sistemici con elevato rischio di perimplantiti (la connessione DAT garantisce impermeabilità ai batteri - riferimento bibliografico).
I risultati preliminari mostrano in ogni caso un’elevata stabilità dei livelli ossei e, in alcuni casi, addirittura un incremento del livello osseo crestale, grazie anche al platform switching.
Il paziente è stato trattato per l’inserimento degli impianti e seduta stante è stata applicata una protesi provvisoria precedentemente realizzata su delle cannule avvitate agli abutment P.A.D., opportunamente inserite nella protesi il giorno stesso dell’intervento. Il tutto è stato eseguito in unica seduta per entrambe le arcate, in modo da congedare il paziente a fine trattamento con le due protesi provvisorie in situ.
Dopo un periodo di guarigione e di valutazione dell’integrazione degli impianti il paziente si presenta nuovamente per la realizzazione della protesi definitiva. È stata registrata un’impronta digitale sia delle arcate provvisorie che dei tessuti molli grazie alla IOS utilizzando Carestream 3600. Per il trasferimento della corretta posizione degli impianti sono stati utilizzati dei transfer digitali definiti Scan Body che si accoppiano su P.A.D. trasferendo la posizione spaziale tridimensionale degli impianti stessi in formato digitale.
Le arcate con gli Scan Body solidarizzati sono state registrate in un’ultima impronta digitale e i file .STL ottenuti sono stati inviati al laboratorio che, attraverso la realizzazione di un montaggio crociato virtuale, ha potuto realizzare prima una barra e poi una prova estetica nel rispetto delle informazioni pre-esistenti. In particolare, è stata eseguita una barra fresata a binario ottenuta da riduzione del progetto e sulla stessa è stata realizzata una prova estetica in materiale plastico in modo da poter verificare l’adattamento e la precisione sia estetica che funzionale.
Dopo questa verifica è stata realizzata la protesi definitiva. In conclusione, si può dire che la protesi avvitata rappresenta una valida alternativa a trattamenti protesici più impegnativi permettendo al paziente di poter risolvere l'edentulia in brevissimo tempo con poco impegno sia economico che biologico, e soprattutto con minor disagio, garantendo estetica, funzionalità e affidabilità nel tempo.
Autori: Paolo Cappare, Antonio Ligabue, Francesco Ferrini: Dipartimento di Odontoiatria, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano (direttore: prof. E. Gherlone) Dental School, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano (presidente: prof E. Gherlone)
Scorri lo slideshow per vedere le fasi cliniche.
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