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07 Giugno 2024

CBCT post-operatorie in implantologia: criteri di giustificazione

Gli esami radiologici sono giustificati quando il beneficio che si ottiene, cioè la diagnosi, è superiore al rischio biologico cui sempre sottoponiamo il paziente

di prof. Luigi Rubino*

Tutte le procedure mediche che comportino l’esposizione a radiazioni ionizzanti devono essere giustificate e ottimizzate e devono essere regolarmente riviste e aggiornate alla luce del progresso tecnico-scientifico e in conformità con il principio ALARA (As Low As Reasonably Achievable):

  • solo le informazioni necessarie all’uso clinico;
  • la più ragionevole bassa dose possibile;
  • tutte le radiografie devono essere ottimizzate e giustificate.  

Numerosi studi hanno evidenziato che il 33% delle prescrizioni tomografiche non è giustificato da una reale necessità diagnostica e terapeutica (Brenner DJ et al.) e che gli operatori sanitari coinvolti – dall’odontoiatra, al radiologo, sino al medico di base – non sempre sono consapevoli del rischio radiologico effettivo.

Occorre non dimenticare di avvalersi di tecniche di semeiotica o di ricorrere alle metodiche tradizionali a minor dose; di impiegare volumi ed esposizioni per quanto possibile ridotti; di tecniche di imaging alternative, come la RM o l’ecografia o come vedremo al matching tra l’esame CBCT pre-operatorio e l’impronta con IOS.

Tutto ciò diviene ancor più imperativo in caso di pazienti pediatrici o donne in gravidanza.

TC o Cone Beam ripetute più volte a distanza di pochi mesi, anche se in presenza di un consenso informato firmato dal paziente, al solo fine di creare l’iconografia utile a superare il test per divenire socio attivo, o a dimostrare nei minimi dettagli un’eventuale rigenerazione di qualche millimetro, non possono essere ritenute coerenti al principio ALARA, per cui assolutamente da bandire.

Il consenso informato non esonera il sanitario da eventuali responsabilità attribuibili a imperizia, imprudenza e negligenza. A titolo esemplificativo: il medico è da ritenersi colpevole anche qualora proceda a un intervento di amputazione di un arto senza che ci siano le indicazioni e ciò anche quando il paziente autorizzi per iscritto ciò.

Eventuali procedure che in qualche modo possano ledere l’integrità fisica di un paziente necessitano dell’approvazione di un comitato etico, ed è da escludere che questi darebbe parere positivo in questi casi.

L’indagine RX è da prescrivere solo quando ciò possa condizionare la diagnosi e quindi la terapia. Mai ai fini della documentazione iconografica (vedi le spesso disinvolte CBCT post-implantari) o a scopo promozionale, cosa che purtroppo vedo frequentemente sui social.

Auspico che i comitati etici e le società scientifiche odontoiatriche facciano proprie tali raccomandazioni e vigilino affinché esse vengano recepite oltre che dai propri soci anche dai propri relatori.

Gli esami RX non devono essere ripetuti senza giustificazione clinica e devono essere limitati all’area di interesse. I clinici hanno la responsabilità di tenere conto di eventuali esami precedenti. Qualsiasi radiazione, seppur apparentemente insignificante, va se possibile evitata.

Ricordo inoltre che dovremmo attenerci agli obblighi imposti dal D. Lgs. n. 187/2000, ribaditi dalla Circolare Ministeriale di maggio 2010 circa l’uso della Cone Beam e più recentemente dalla 101: obblighi che troppo spesso vengono disattesi.

L'obiettivo principale dell’imaging che utilizzi radiazioni ionizzanti è fornire un'immagine di qualità diagnostica sufficiente a rispondere alla domanda clinica o a guidare una procedura interventistica, mantenendo le più basse dosi ragionevolmente possibili commisurate all'ottenimento di un'immagine di qualità adeguata.

Tale bilanciamento tra rischi e benefici deve essere raggiunto ottemperando ai principi ALARA: utilizzo delle più basse dosi che consentano la diagnosi, la giustificazione, l'ottimizzazione oltre che un’adeguata tecnica radiografica.

Gli esami radiologici sono giustificati quando il beneficio che si ottiene, cioè la diagnosi, è superiore al rischio biologico cui sempre sottoponiamo il paziente”.

La conoscenza di tutto ciò in fase di prescrizione, di utilizzo e in fase di acquisto, così come la padronanza dei protocolli operativi, è indispensabile ai fini di una deontologicamente corretta gestione dell’imaging radiologico.

Il legislatore conscio della difficoltà e dell’assoluta necessità di rendere consapevoli tutti gli operatori ha previsto, rendendolo addirittura obbligatorio, uno specifico percorso formativo.

L'imaging CBCT dovrebbe essere utilizzato solo quando le informazioni diagnostiche provenienti dalla radiografia intra-orale convenzionale (raggi X periapicali) o extra-orale (panoramica) siano inadeguate e quando è probabile che le informazioni aggiuntive provenienti dalla CBCT siano indispensabili alla formulazione di diagnosi e strategia terapeutica, come può accadere solo in alcuni casi selezionati, siano essi trattamenti endodontici, estrazioni o pianificazione di terapie implantari immediate o future.

La CBCT post-operatoria in implantologia è raccomandata solo quando il paziente sia sintomatico. Ciò può includere la valutazione delle complicanze post-implantari – come rinosinusite acuta, compromissione neurosensoriale, osteomielite, sensazione alterata e/o dolore e disagio, mobilità implantare – e in quelle occasioni in cui tale esame possa condizionare l’eventuale recupero dell'impianto o dare informazioni altrimenti non deducibili dalle indagini tradizionali.

La CBCT post-implantare nella maggior parte dei casi non è giustificata a causa:

  • di artefatti da metalli;
  • della possibilità di avvalersi di metodi alternativi, spesso anche più efficaci, per determinare la posizione degli impianti che non prevedono l’esposizione radiologica.

Artefatti da metalli
La presenza di un oggetto metallico, come gli impianti dentali, nel campo di scansione può causare artefatti sulle immagini della tomografia computerizzata Cone Beam o TC che possono ridurne l'accuratezza e la qualità diagnostica, tanto da controindicarne in genere l’uso post-implantare.

Gli artefatti da metalli, che sono maggiori nella TC ma comunque non trascurabili nella CBCT, rendono spesso difficilmente interpretabili e quindi inattendibili i dati ottenuti con tali metodiche. È doveroso ribadire che qualora sia prevedibile che un esame possa non consentire di risolvere il quesito diagnostico esso vada assolutamente evitato e ciò diviene perentorio soprattutto quando ci siano metodiche alternative attendibili.

Troppo spesso tali artefatti non consentono di estrapolare il corretto posizionamento, la forma e/o dimensione degli impianti, né l’integrità delle strutture ossee in prossimità di essi.

La gravità dell'artefatto dipende dalla geometria, dalla posizione, dalla direzione e dal numero di impianti nell'immagine e anche dalla sequenza dei parametri correlati. Numerose sono le variabili coinvolte, come esposizione, dimensioni dei pixel e campo visivo (FOV).

Molti sono i tentativi più o meno efficaci descritti in letteratura circa l'uso di algoritmi specificamente progettati al fine di ridurre gli artefatti, i cosiddetti MAR (Metallic Artifact Reduction). Sebbene questi possano ridurne sensibilmente l'intensità, spesso i dettagli relativi all'interfaccia tessuto-metallo possono rimanere difficilmente osservabili.

Per una migliore comprensione, gli artefatti sono classificabili in base a fattori legati alla loro origine: artefatti elicoicali, ad anello, da materiali altamente densi, da dispersione, da indurimento del fascio, da rumore, da metallo, da movimento, da estinzione e artefatti dell'effetto cono.

I più comuni appaiono come strisce bianche o nere o come un'area scura attorno a un oggetto metallico, ciò in funzione dell’entità in cui il raggio sia indebolito o assorbito da una sostanza ad alta densità.

Nella CT convenzionale, così come nella CBCT, il passaggio attraverso oggetti metallici causa un estremo indurimento del fascio dando luogo ad artefatti a striscia (streak artifact), artefatti da cancellazione del fascio (beam starvation), tra due oggetti metallici a distanza ravvicinata, come spesso accade nell’imaging dentale a livello delle otturazioni in amalgama o degli impianti.

Nel caso della tecnica CBCT, tuttavia, l’intensità di questa tipologia di artefatti risulta ridotta rispetto agli effetti che gli stessi oggetti produrrebbero in immagini acquisite con CT convenzionale.

Artefatti da metallo (da impianti): avvengono nell’immediata vicinanza di un oggetto di metallo (denso), a causa di un estremo indurimento del fascio, o nella regione in mezzo a due di tali oggetti dove il raggio può essere praticamente bloccato (beam starvation).

Beam artifact: ciò si manifesta come ‘’cupping artifact’’, cioè il centro di un oggetto uniformemente denso appare più radiotrasparente (CT numbers più bassi) delle parti esterne.

Nelle ricostruzioni volumetriche (sia CBCT che CT classiche) l’indurimento del fascio conseguente all’attraversamento di tessuti densi fa sì che il centro dei medesimi sia soggetto a radiazione più penetrante che in periferia; dunque, essi appaiono come se lì fossero meno radiodensi (cupping)  

Possibilità di avvalersi di metodi alternativi
In chirurgia guidata, per esempio, la posizione degli impianti, previo posizionamento degli scanbody, è efficacemente deducibile ricorrendo all’impronta post-operatoria mediante uno scanner, o in alternativa alla digitalizzazione dell’impronta analogica tradizionale mediante scanner da laboratorio.

Le coordinate così ottenute, cioè la posizione relativa degli impianti rispetto all'arcata, potranno esse sovrapposte ai dati CBCT pre-operatori cioè al progetto utilizzato durante la pianificazione, ottenendo in modo incontrovertibile un’accurata stima circa il posizionamento implantare realizzato.

Si precisa che tale metodica non richiede alcuna ulteriore esposizione radiologica ed è realizzabile già in fase operatoria o eventualmente più tardi quando la fabbricazione della protesi definitiva richiederà obbligatoriamente di rilevare un’impronta.

Questa tecnica fornisce istantaneamente un feedback sulla posizione 3D dell'impianto, è scevra da artefatti da metalli e assicura una risoluzione spaziale, di gran lunga superiore. L’accuratezza della registrazione mediante matching tra le CBCT ha come handicap la dimensione dei voxel adoperati in fase di acquisizione, limite oltre il quale non è possibile spingersi.

A oggi la risoluzione minima teorica ottenibile in CBCT è intorno ai 70 μm, si tratta però di valori mai utilizzati in implantologia, dove la letteratura riferisce generalmente l’uso di voxel intorno ai 200 μm. Un valore molto meno accurato di quello assicurabile dagli scanner dove si riferiscono valori addirittura intorno ai 4 μm. 

A cura di: Prof. Luigi Rubino *MD, DDS, PhD - Specialista in Odontostomatologia - Master in Odontoiatria Digitale - Dottore di Ricerca in Scienze e Fisiche e Ingegneria dell'Innovazione Industriale e Energetica - Professore A.C. Università degli Studi di Genova - Docente Università degli Studi di Pisa - Docente Università degli Studi di Brescia

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