03 Dicembre 2018

Autotrapianto dell’ottavo: un’alternativa terapeutica misconosciuta

Rubrica Style Italiano

Pio Bertani, Paolo Generali

I denti del giudizio sono ritenuti un patrimonio dei nostri antenati. La dieta primitiva, composta da alimenti duri e tenaci, comportava una forte usura delle superfici dentali incluse quelle approssimali. La migrazione mesiale di tutti gli elementi consentiva la corretta eruzione del terzo molare, che andava a integrare la dentatura già usurata.

Oggi, per l’uomo moderno, il terzo molare costituisce spesso più una fonte di problemi che altro, andando incontro a casi di inclusione o pericoronarite. Per contro, i terzi molari possono oggi rappresentare gli elementi donatori per una tecnica di autotrapianto. L’autotrapianto consiste nell’estrazione e nel riposizionamento di un dente in una sede differente nella bocca dello stesso paziente.

La tecnica dell’autotrapianto è in grado di offrire numerosi vantaggi legati alla conservazione del legamento parodontale. La funzione propriocettiva è mantenuta, è preservato il volume dell’osso alveolare, lo sviluppo dentofacciale e la crescita dei mascellari non sono compromessi ed è possibile procedere ai trattamenti ortodontici.

Nel caso di dente donatore con uno sviluppo radicolare non completo, è possibile la preservazione della vitalità pulpare e la continuazione dello sviluppo radicolare. I primi molari permanenti sono molto suscettibili alla carie per la loro struttura anatomica e per la loro precoce eruzione.

Per continuare la lettura scaricare l'allegato.

doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.10.2018.06




 
 
 
 
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