Per i pochi che non l’avessero notato, faccio presente che oggi essere un buon odontoiatra, anzi un ottimo odontoiatra, proprio non è sufficiente. Ci vuole l’eccellenza.
Eccellenza è una tra le parole più usate quando si parla di odontoiatria e medicina: trattamenti di eccellenza, centri di eccellenza, eccellenza clinica, ma anche eccellenza nella didattica e nella ricerca. Provate a farvi un giro su Google e scoprirete che l’eccellenza nel nostro campo è dappertutto, dal grande centro universitario, allo studio mono professionale, fino alla catena in franchising.
Ma cosa sarà mai questa eccellenza? È un manufatto che proiettato su uno schermo grande quanto un campo da tennis non mostra difetti? È il sorriso smagliante di una persona bellissima? È un centro immacolato che ti accoglie con i sorrisi di cui sopra?
Non è facile, almeno per me, immaginare cosa ci sia o cosa ci dovrebbe essere dietro questa parola. Ma visto che di parola si tratta, ricorro al dizionario. Non ho sotto mano il mio vecchio Devoto Oli e quindi ne consulto uno online, dove leggo che con eccellenza si deve intendere: “qualità di persona o cosa che eccelle; superiorità assoluta, altissimo grado di perfezione”.
Però, mica male, vi eravate accorti di tutta questa perfezione? E dire che qualcuno affermava che la perfezione non è di questo mondo. In realtà, però, non abbiamo fatto molta strada nella nostra ricerca del senso dell’eccellenza.
Perché la perfezione in medicina è davvero possibile?
E chi la stabilisce?
E poi, se spostiamo il punto di vista, una cosa perfetta non è migliorabile.
Lo direste per l’odontoiatria e più in generale per la medicina? Io proprio no.
O forse è solo una parola, come per i campionati di calcio, dove l’eccellenza viene dopo la serie D.
Buona lettura
Prof. Giovanni Lodi, Direttore Scientifico di Dental Cadmos
doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.10.2018.01