Alcune considerazioni del dott. Dario Bardellotto sulle possibili soluzioni per combattere gli inquinanti indoor chimici, fisici e biologici di uno studio dentistico
Da diversi anni è stato dimostrato il nesso causale tra l’esposizione ad inquinamento atmosferico e patologie respiratorie, cardiovascolari e tumori.
É già stata dimostrata anche l’associazione statistica con malattie allergiche, infertilità e persino col diabete. Recenti studi internazionali (Air pollution linked with higher COVID-19 death rates, Harward, aprile 2020) e nazionali (Becchetti, UniRoma, maggio 2020) hanno dimostrato l’associazione statistica tra la concentrazione di micropolveri e inquinanti atmosferici e la diffusione e mortalità per covid19. Sono invece necessari ulteriori studi specifici per verificare gli effetti dell’inquinamento indoor negli studi dentistici sulla salute degli operatori sanitari e dei pazienti.
La qualità dell’aria indoor è uno dei principali determinanti della salute, con un ruolo di primo piano in ambito sanitario (ISS, 24-3-2020, “Indicazioni ad interim per la prevenzione e gestione degli ambienti indoor in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus SARS-CoV-2). Agli inquinanti outdoor vanno aggiunti quelli prodotti da sorgenti interne di contaminanti. “L'inquinamento dell'aria indoor, può essere fino a 10 volte peggiore dell'inquinamento atmosferico esterno. Ciò è dovuto al fatto che gli spazi chiusi consentono ai potenziali inquinanti di accumularsi. Le statistiche suggeriscono che gli effetti dell’inquinamento indoor superano di gran lunga quelli dell'inquinamento atmosferico esterno” (“Inquinamento indoor, implicazioni sulla salute e suo controllo”, Indian J community med 2014). Considerando le innumerevoli sorgenti di uno studio dentistico, non è difficile immaginare che la concentrazione di inquinanti siano molto superiori a quelle outdoor, e di conseguenza anche gli effetti sulla salute.
La raccomandazione di favorire l’areazione naturale, aprendo le finestre, deriva da questo concetto. Il buon senso ci dovrebbe anche dire che non è sufficiente; basta immaginare la qualità media dell’aria outdoor in una città nel mese di luglio: smog, temperatura, zanzare e molto altro, spesso invisibile. Oggi ci stiamo occupando prevalentemente di virus ma in estrema sintesi gli inquinanti indoor si dividono in:
Tra questi si fa prima a dire l’unico, rispetto al quale in alcune regioni possiamo stare tranquilli negli studi odontoiatrici: il radon (anche se il livello di alcune zone d’Italia è superiore alla Svizzera, dove tutti gli uffici pubblici e sanitari sono obbligati per legge a misurare la concentrazione indoor). Per rimuovere amalgama d’argento sono obbligatori filtri per il mercurio nel riunito; sono utili per evitare che il mercurio vada nella rete fognaria.
Ma per evitare che vada nei nostri polmoni che leggi ci sono?
Uno studio norvegese del 2018 (“Esposizione aerea a sostanze organiche gassose e associate a particelle nei materiali dentali a base di resina durante le procedure di restauro, Dipartimento di Odontoiatria Clinica, UiT - Università Artica di Norvegia, Troms) evidenzia che procedure come la rifinitura di protesi in resina o restauri in composito aumentino la concentrazione nell’aria di metacrilati semi-volatili e volatili (HEMA, MMA, dimetacrilato, TEGDMA, BISGMA) e altre microparticelle e solventi.
Nelle conclusioni gli autori citano studi in cui l’esposizione a questi inquinanti è stata associata a casi più gravi e frequenti di dermatite da contatto allergica, ipersensibilità respiratoria e in generale malattie respiratorie.
Inoltre i dentisti potrebbero essere più a rischio rispetto alla popolazione generale di sviluppare la fibrosi polmonare idiopatica; mentre l'eziologia dell'IPF non è stata verificata, si ritiene che l'esposizione aerea a sostanze chimiche e particolato in un ambiente professionale abbia un ruolo chiave.
Tra i pochi studi specifici che ho trovato ce n’è uno un po datato: “Qualità dell'aria interna in una clinica odontoiatrica” , H.A. Flocas, Divisione di Fisica Applicata, Dipartimento di Fisica, Università di Atene, 2007). Abstract:”Lo scopo di questo lavoro è quello di valutare, sia sperimentalmente che teoricamente lo stato della qualità dell'aria in una clinica odontoiatrica della Facoltà di Odontoiatria Universitaria di Atene per quanto riguarda gli inquinanti chimici e identificare le fonti interne associate alle attività dentali.
PM10, PM2.5, totale COC, CO2, NoX E sono stati misurati per un periodo di circa tre mesi in una clinica odontoiatrica selezionata. Durante le ore di funzionamento sono stati riscontrati elevati livelli di inquinamento relativi a: particolato, CO2, totale COC; mentre nei periodi non lavorativi tali livelli scendevano in modo significativo. Al contrario, NOX E è rimasto a livelli bassi per l'intero periodo sperimentale. Queste condizioni sono state associate al numero di occupanti, alla natura delle procedure cliniche dentali, ai materiali utilizzati e ai sistemi di ventilazione, che portano a concentrazioni elevate, molto al di sopra dei limiti fissati dalle organizzazioni internazionali riguardo l'esposizione umana
Quali sono in sintesi le possibili soluzioni per combattere gli inquinanti indoor chimici, fisici e biologici di uno studio dentistico:
1) Aprire le finestre: l’areazione diretta con aria outdoor ha dei vantaggi, ma tutti i problemi chimici, fisici (sia in estate che in inverno la temperatura esterna è un problema), biologici e legati alla salute precedentemente descritti (inquinamento atmosferico).
2) Aria condizionata e purificatori: Se dotati di filtri di ottima qualità e tecnologie evolute sono in grado di trattenere molti degli inquinanti indoor concentrandoli nei filtri. Immaginate di far passare tutta l’aria dello studio, attraverso una ffp2; anche solo dopo un’ora di lavoro, respirereste l’aria che passa attraverso quella ffp2? Il ministero della salute spagnolo consiglia di fare manutenzione dei filtri dell’aria condizionata in uno studio dentistico nell’emergenza Covid ogni settimana.
3) Aspirazione ad alto flusso con scarico dell’aria all’esterno e ventilazione meccanica controllata: Tale aspirazione intercetta con efficacia l’aerosol salivare (virus, batteri, sostanze chimiche, particolato derivato dalla rimozione o rifinitura di materiali dentali, solventi etc) direttamente alla fonte. La VCM immette aria esterna filtrata e con temperatura modificata da scambiatori di calore (efficienza energetica superiore al 90%) ed espelle l’aria indoor.
Anche nella VCM si sporcano i filtri in ingresso e uscita. La differenza sostanziale è che l’aria che respiriamo non passa mai per i filtri contaminati da inquinanti indoor, perché si concentrano solo sui filtri in uscita. Quelli in ingresso bloccano smog, micropolveri, insetti, pollini etc. Alla massima potenza tali sistemi garantiscono la completa sostituzione di tutto il volume d’aria indoor in pochissimo tempo.
Il flusso controllato è molto più efficiente anche delle finestre spalancate che creano aree di ristagno.Immaginate un reparto Covid con ventilatori polmonari e aria condizionata con ricircolo interno: per un virus respiratorio rappresenta una giostra infinita; per pazienti e personale sanitario significa aumentare il rischio di morte.
Anche in uno studio dentistico turbine ed ultrasuoni possono trasformarsi in una giostra, se non ci sono validi sistemi di aspirazione e ventilazione.
I DPI sono validi sistemi di difesa, ma senza aspirazione e ventilazione è come indossare maschere a gas in mezzo a gas lacrimogeni. Non mi sembra la condizione ideale per eseguire lavori di alta precisione tutelando salute individuale e pubblica.
Dario Bardellotto
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