Non è vero che non si vendono gli studi, dice Maurizio Quaranta (Adee). Il mercato ci sta dicendo che offerte serie, comprovate da valutazioni certificate, sono attrattive
Con il 34% circa di odontoiatri con più di 65 anni, un numero “programmato” di nuovi odontoiatri che entrano sul mercato e la loro propensione alla collaborazione, negli ultimi anni stiamo assistendo al diffondersi di un sentimento di sfiducia verso la possibilità di cedere il proprio studio professionale.
“Un sentimento che percepisco girando per gli studi”, dice ad Odontoiatria33 Maurizio Quaranta (nella foto) Consultant ADDE, da anni chiamato, anche, come consulente, nella vendita di studi odontoiatrici.“Siamo di fronte al classico cambio generazionale che è sempre avvenuto nel settore dentale come in altri”, continua Quaranta.
“La novità è che, per la prima volta, questo passaggio sta diventando anche un cambio di genere, visto che la professione odontoiatrica si coniuga sempre di più al femminile, il che significa anche un diverso modo di intendere l’esercizio della professione che, per quanto sia sempre legato profondamente alla propria attività, vede priorità diverse sviluppatesi nel tempo”.
Anche su Odontoiatria33 abbiamo portato i consigli, le opinioni di molti analisti sulla gestione del passaggio generazionale, quali i passaggi da effettuare prima di mettere in vendita il proprio studio. Tra questi quello del programmare in anticipo e non considerare la vendita dello studio con le stesse logiche utilizzate per vendere un immobile o un’auto: metto l’annuncio ed aspetto.Il modello che consente un passaggio graduale ma efficacie, ricorda Quaranta è il “modello moltiplicatore”, quello che consente di inserire nello studio nuovi collaboratori che aiutano la crescita dello studio, consentono al titolare di ridurre le ore di lavoro, permette di abituare il paziente alle novità. “Questo modello è quello che non compromette la cessione dello studio, anzi diventa naturale”, dice Quaranta.Ma questo modello non è di fatto una vendita, è un percorso che trasforma nel tempo lo studio in una nuova realtà.
Quindi lo studio non si vende?
“Personalmente ammetto di essere anch’io entrato nel vortice di sfiducia generalizzato ma le evidenze mi stanno dimostrando il contrario, mi sento di dire: eppur si vende”, dice Quaranta.
“Oggi si può ancora cedere uno studio professionale basta che si ceda qualcosa che vale, dove il ‘qualcosa che vale’ significa cedere un’attività professionale che permetta di far guadagnare anche chi l’acquista”.
“Il valore del fatturato, oggi si mostra interessante nelle trattive solo a partire da una soglia di almeno trecento/trecentocinquantamila euro, anche se non è l’aspetto determinante nella scelta di acquistare uno studio. Il fatturato lo si valuta in combinazione con il margine che non solo si deve saper produrre, ma che si deve dimostrare di saper governare attraverso la gestione caratteristica dei numeri dello studio”.
Quindi senza governance, che se vogliamo possiamo chiamare una corretta gestione “dimostrata, certificata”, il potenziale acquirente ha il timore di acquistare un problema e non un valore.
“Immaginate uno studio gestito con grande competenza professionale (è un bravissimo clinico), dove il professionista fatica a governare la gestione. Comprenderete subito da soli quale sia lo scenario che si possa prospettare al giovane collega che subentra, senza l’autorevolezza e la storia quarantennale del professionista in uscita. Ecco perché sono quasi il 90% le trattative che, senza questo passaggio, non solo rischiano di abortire, ma addirittura non riescono nemmeno a decollare”.
“Gli odontoiatri o gli investitori acquirenti sono pochi, ma ci sono e se si vuole vendere il proprio studio bisogna solo essere molto concreti, avendo a disposizione i dati e gli obiettivi, che devono essere molto chiari. Senza questi ‘data room’ e senza una valutazione chiara dello studio, è inutile pensare di mettere in vendita il proprio studio”.
Il consiglio di Quaranta a chi intende acquistare uno studio, ma anche a chi vende, è quello di affidarsi ad un professionista di fiducia, magari il proprio commercialista, per effettuare una prima valutazione economica, ovviamente firmando i patti di riservatezza del caso.
“Le due valutazioni, se fatte seriamente, non saranno mai troppo distanti e solo così si determina il punto di incontro tra offerta e domanda, arrivando a concludere la cessione”, fa notare Quaranta aggiungendo.
“Quello che invece si rischia, quando si arriva impreparati ad una trattativa magari con in testa un semplice valore del proprio studio senza essersi confrontati con i propri consulenti di fiducia, è la perdita di quelle poche trattative in essere con il rischio di entrare nel vortice del sentimento di sfiducia”.
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