Le modifiche della legge Fornero al sistema pensionistico italiano cominciano ad interessare direttamente i lavoratori e, quindi, anche in dentisti liberi professionisti. Dal 2016 il limite minimo fissato da ENPAM per richiedere la pensione di vecchiaia passerà da 66 anni e 6 mesi a 67 anni per aumentare di 6 mesi in 6 mesi fino ai 68 anni del 2018.
Per quanto riguarda la pensione anticipata, se quest'anno i dentisti liberi professionisti iscritti ad ENPAM potevano andare in pensione senza penalizzazione a 60 anni e 6 mesi con 35 anni di contribuzione effettiva, a parità di annualità contributive l'anno prossimo ci vorranno sei mesi in più d'età.
Ma in confronto ai contribuenti Inps, gli iscritti ad ENPAM hanno un trattamento migliore o peggiore?
Se lo è chiesto Doctor33 in una inchiesta a firma di Mauro Miserendino ricordando che se si va via prima dal lavoro, a comandare l'entità dell'assegno sono non tanto gli anni di età ma quelli di contributi versati.
In ambito ENPAM, per medici e dentisti, per andare in pensione bastano 35 anni lavorati, cinque di università inclusi. In Inps invece ce ne vogliono in media sette di più.
A un medico dipendente privato contribuente Inps basta raggiungere l'anzianità contributiva (42 anni e 6 mesi di contributi per i maschi e 41 anni e 6 mesi per le femmine) per andare in pensione anche sotto la soglia di legge dei 63 anni e 3 mesi senza penalizzazioni pecuniarie fino a tutto il 2017. Nel 2018 scatterà il limite dei 62 anni: sopra quell'età, niente brutte sorprese se si hanno i contributi in regola, sotto si prende un 1% in meno per ogni anno tra 60 e 62 anni, e un 2% in meno per ogni anno lavorato in meno sotto i 60 anni.
In ENPAM, fino al 2012 medici convenzionati e iscritti ai Fondi speciali potevano andare via con 58 anni di età, 35 di contributi e 30 di anzianità di laurea con assegni ridotti massimo di un quarto. Dopo la riforma del 2012 nei Fondi speciali l'età minima per andare via con i contributi a posto è salita a 60 anni e 6 mesi per il 2015 e salirà a 61 anni nel 2016; chi va via prima dell'età della pensione di vecchiaia prende di meno. Infatti il calcolo dell'assegno è legato a coefficienti. E se per chi va in pensione a 65 anni e 6 mesi il coefficiente è 1 (semplificando, l'assegno è per così dire la proiezione in scala uno del castelletto), per chi va via quattro anni prima questo moltiplicatore è ben più piccolo poiché il medico in questione ha in media 4 anni in più anni da vivere a carico della collettività e l'ente non può "svenarsi".
Ma qual è oggi l'entità del "gap" tra chi esce in anticipo e chi va in pensione di "vecchiaia" a 65 anni e mezzo (66 nel 2016)?
In ENPAM ci sono tabelle precise che per ogni classe d'età danno le variazioni mese per mese nelle decadi più gettonate per le uscite. Chi oggi, nel 2015, esce a 60 anni e 6 mesi con tutti i contributi a posto, cioè 5 anni prima del "dovuto", prende un 21,32% in meno se si pensiona allo scoccare del diritto, gap che si riduce a un 20% in meno se si pensiona cinque mesi dopo, al quasi scoccare dei 62 anni. Chi invece si pensiona a 65 anni e 5 mesi, un mese prima dello scoccare dell'età pensionabile, prende solo lo 0,37 in meno. Nel 2016 le cose cambieranno: il limite per la pensione di vecchiaia salirà a 66 anni e la pensione di anzianità sarà possibile solo dai 61 anni in poi con una pensione che va dal -20,23% se si va via subito al -17,64% se si va via undici mesi dopo; chi va via un mese prima dei 66 anni prende lo 0,37% in meno. I coefficienti di adeguamento funzionano in modo che per ogni mese di lavoro in meno si maturi un gap quantificabile tra 0,16 e 0,30 punti percentuali. L'entità non cresce di anno in anno ma con l'avvicinarsi della classe d'età alla soglia della vecchiaia.
La Fornero meno intransigente dei vertici ENPAM?
Andiamoci piano, scrive Miserendino. E' vero che la legge del 2011 consente fino a tutto il 2017 l'addio senza penalità sull'assegno, ma i ben 42 anni di contributi Inps richiesti non devono contenere parti figurative o anni di laurea riscattati: deve trattarsi di servizio effettivo o al massimo di maternità, mesi di Cassa integrazione o di malattia professionale. Fa eccezione la complessa disciplina per i medici ospedalieri, la quale prevede 40 anni di contributi effettivi per il pensionamento che salgono a 42 includendo gli anni di università.
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