Sono le assistenti dello studio odontoiatrico (Aso), senza di loro molti dentisti si sentirebbero persi, i pazienti perderebbero un fondamentale sostegno morale, lo studio odontoiatrico non funzionerebbe. Una figura determinante nel team odontoiatrico che, però, a differenza delle altre - l’odontoiatra, l’igienista, l’odontotecnico - non ha ancora una regolamentazione legislativa. La figura dell’Aso, in termini di mansionario, è normata da un accordo tra ministero del Lavoro e associazioni di categoria odontoiatriche, che ne affida alle Regioni la formazione.
Ma, di fatto, non esiste l’obbligo, specie per i dentisti privati, di assumere una Aso preparata in base a un percorso specifico.
Peraltro, sono pochissime le Regioni che hanno attivato una formazione determinata, mentre la preparazione delle Aso è demandata ai tanti corsi attivati dalle associazioni odontoiatriche, da quelle delle assistenti o da soggetti privati.
Anche se, purtroppo, spesso le assistenti vengono formate sul campo direttamente dal dentista o dal personale che vanno a sostituire.
“Una assistente preparata” fanno presente le rappresentanti delle Aso “è una risorsa per lo studio odontoiatrico e per il paziente e permette al lavoratore di avere un futuro professionale certo. Inoltre, una formazione adeguata serve a preparare, consapevolmente, alle varie mansioni che si svolgeranno, quali la sterilizzazione dello strumentario, l’accoglienza dei pazienti”.
Perché, sembrano dire le assistenti, non sempre basta saper fare meccanicamente una mansione, ma serve anche capire perché si compie una determinata operazione, quali sono, per esempio, i processi chimici e biologici che stanno alla base delle sempre più complesse procedure di sterilizzazione.
In questi anni, molto si è detto a proposito della figura professionale dell’Aso, sul suo riconoscimento professionale, sulla sua formazione obbligatoria.
Se, da un lato, tutti concordano sulla necessità di dare una formazione definita e organizzata alle assistenti, diverso è quando si tenta di concretizzare questa volontà, magari ipotizzando anche l’istituzione di una figura specifica.
Le cause sono spesso, e banalmente, economiche; un’assistente professionalizzata costerebbe di più.
Ma non è solo questo: una formazione specifica anche per le assistenti che già lavorano negli studi porterebbe questo personale fuori dallo studio per troppe ore e in momenti di crisi, dove anche gli studi odontoiatrici cercano di ottimizzare i costi, professionalizzare le proprie collaboratrici non sembra essere la priorità del momento.
Anche se il dipartimento delle professioni sanitarie del ministero della Salute sta, in queste settimane, studiando il problema.
Tornando alla formazione, regionalizzata, è interessante verificare come negli anni alcune Regioni abbiano deliberato in merito, lasciando, però, spesso incompiute le decisioni, e soprattutto non dando un reale valore alla formazione istituzionalizzata.
GdO 2011;2
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