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16 Giugno 2014

Insegnare l'igiene orale in carcere. L'esperienza nella Casa circondariale di Asti durante il progetto della Fondazione ANDI Onlus


L'aula non è ampia  ma  luminosa e profuma di ipoclorito utilizzato per lavare il pavimento, i banchi sono di formica verde a due posti come quelli di tutte le scuole italiane.
Dietro la cattedra  posta allo stesso livello dei banchi, una enorme cartina politica dell'Europa  ci fa ritornare per pochi istanti adolescenti: rivediamo la Jugoslavia, le due germanie e l'estesa macchia di colore in alto a destra dell' Unione Sovietica. 

La lavagna nera, contrasta con pareti bianche di calce prive di altri arredi. Gli allievi non si fanno attendere: arrivano silenziosi, entrando ad uno ad uno attraverso la porta anti incendio verniciata di giallo. In fila indiana  passano davanti a noi, una calorosa stretta di mano e poi prendono posto nei banchi.  Il brusio come in tutte le classi scolastiche del pianeta va interrotto per poter iniziare la lezione. 
Ci presentiamo alla scolaresca. "Siamo Rosanna e Davis, due dentisti e lavoriamo nella città che c'è qui fuori, Asti. Nella lezione di oggi parleremo della bocca, di come sia legata alla salute di tutta la persona e come mantenerla sana".

" Qualcuno di voi non comprende l'Italiano?"  chiede Rosanna alla classe.
Un paio di mani alzate e subito alcuni compagni si offrono di tradurre  nelle rispettive lingue natie.

Già perché i nostri studenti sono degli alunni particolari, sono alcuni degli ospiti della Casa circondariale di Asti e la nostra lezione fa parte del progetto attivato dalla Fondazione ANDI Onlus proprio per promuovere la salute orale nelle carceri.

Osservo gli allievi, mentre la collega mostra la tecnica di spazzolamento su un modello di bocca, sono maschi di una età compresa tra i 30 e 40 anni, tranne un ragazzo dall'aria visibilmente più giovane. Ascoltano con interesse, fanno molte domande e subito si instaura un buon clima.

Dragomir viene da una città sulle coste del Mar Nero e ricorda che da bambino, a scuola, un paio di volte l'anno veniva il dentista per controllare "la bocca di tutti gli scolari"; chi aveva bisogno di cure poteva andare nello studio del dentista, ma erano poche lo famiglie che potevano permetterselo.

Medison viveva in un villaggio sui Balcani, la sua famiglia era numerosa e da bambino la nonna  si occupava della salute dei nipotini. Il mal di denti lo curava con un infuso di erbe, ed era molto efficace. 

Karim, il più giovane, sfoggia un bel diastema tra gli incisivi superiori, è un Berbero dell'Atlante  e ci racconta la sua storia. Da bambino la sua famiglia si è trasferita ad Agadir sulla costa Atlantica e lì è andato per la prima volta nella "bottega del barbiere" dove gli hanno estratto un dentino da latte.  La mamma per curare il mal di denti utilizzava i chiodi di garofano che acquistava nella "farmacia Berbera"  e preparava  in infusione con il the alla menta. Oggi nella carta servizi della "bottega del barbiere" la prestazione più trandy, mi conferma Karim, è il "falso apparecchio ortodontico"  a  100 euro. I "braces"sono  uno status simbol e consta in kit completo di attacchi alla moda per indurre gli osservatori a pensare che si tratti  di una cura vera.

Il secondino entra in aula e ci ricorda che il tempo a nostra disposizione è terminato; gli scolari escono in silenzio dall'aula e ritornano nelle loro celle.

A cura di Davis Cussotto, odontoiatria libero professionista Twitter @DavisCussotto

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