Le criticità e le considerazioni sul tema del Decreto sull’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari di Domenico Di Fabio, presidente ANDI Milano-Lodi-Monza
Leggo il DiDomenica sul Decreto Legge n 44 del 1 aprile 2021 che tratta anche dell’obbligo vaccinale. Recepisco tutte le perplessità che Norberto Maccagno esprime sull’applicazione delle regole per raccogliere i dati del personale sanitario vaccinato.
Come operatore sanitario (e ritengo di esprimere il pensiero di tanti colleghi liberi professionisti ) sono rimasto negativamente colpito da alcuni aspetti del Decreto. Innanzitutto non comprendo la logica per la quale il legislatore pretende da me di ricevere i dati dei miei dipendenti in tempi così stretti e soprattutto in un periodo di festività: il decreto è stato pubblicato in GU in data 1 aprile e ne sono venuto a conoscenza il giorno dopo per il tempestivo comunicato della mia Associazione (ANDI).
Ho avuto a disposizione 5 giorni dal momento della pubblicazione: in questo breve spazio temporale sono ricompresi il sabato precedente la festività della Pasqua, il giorno di Pasqua, il lunedì di Pasquetta, dato che martedi 6 aprile è l’ultimo giorno utile per inviare i dati dei miei dipendenti agli uffici.
Pensavo di avere il diritto di essere considerato un cittadino e non un suddito.
Entrando nel merito di quanto stabilito dal Decreto, vorrei capire perché vengono ricompresi nella stessa categoria gli operatori di interesse sanitario e farmacisti e parafarmacisti, perché per essere coerenti col dettato legislativo, parlando della fattispecie di mio interesse, gli operatori di interesse sanitario del datore di lavoro che fa il dentista sarebbero solo gli ASO e non il personale di segretaria che si confronta col paziente a distanza opportuna, con mascherina indossata e con l’interposizione di una barriera in plexiglass trasparente. Operazione che corrisponde a ciò che fanno farmacista e parafarmacista quando si rapportano col cliente.
Rilevo che il legislatore affronta il problema dei dipendenti che operano in campo sanitario mettendo sullo stesso piano le strutture sanitarie e gli studi professionali, come se le conseguenze della presenza di uno o più operatori sanitari che non vogliano vaccinarsi fossero equiparabili.È di tutta evidenza che nel mio studio monoprofessionale, in cui ho solo una ASO, se questa rifiutasse la vaccinazione, mi troverei di fronte a un problema insormontabile a differenza di quanto accadrebbe in una grossa struttura con molti dipendenti.
Allora il legislatore mi dovrebbe spiegare quale soluzione porre al mio problema, visto che sarei impossibilitato a demansionare l’unica dipendente.
E questo sarebbe problema analogo anche per chi avesse due dipendenti (ricordo che la media degli ASO negli studi dentistici in Regione Lombardia e di 1,8) Ancora, come concretizzare quanto leggo al comma 8 dell’art.4 “Quando l’assegnazione a mansioni diverse non è possibile ,…….non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato.” ?
Questo è un aspetto del problema no-vax in campo sanitario che potrebbe portare a contenzioni in campo giuslavoristico difficili da gestire ( anche in considerazione della Risoluzione del Consiglio d’Europa, la 2361 dell’inizio del 2021).
Infine un riferimento al problema privacy, che alcuni soci Andi della sede di cui sono Presidente (Andi Milano, Lodi e Monza Brianza) hanno sollevato riguardo a loro dipendenti che si sono appellati alle regole del GDPR che, a loro avviso, impedirebbero la comunicazione dei loro dati da parte del DdL. Il Decreto Legge 9 marzo 2020, n. 14, all’articolo 14 prescrive: “La comunicazione dei dati personali a soggetti pubblici e privati…………………….. e' effettuata, nei casi in cui risulti indispensabile ai fini dello svolgimento delle attivita' connesse alla gestione dell'emergenza sanitaria in atto".
La considerazione finale riguarda tutti noi professionisti in campo sanitario che rimaniamo abbandonati a noi stessi in questa sfida contro il virus, perché oltre a non avere avuto sostegni economici adeguati, siamo di fronte a responsabilità, anche dal punto di vista penale, che potrebbero diventare insostenibili, soprattutto nei confronti dei nostri pazienti.
E allora le soluzioni prospettate per superare il problema di un mio dipendente non vaccinato ritengo non siano risolutive, soprattutto nel malaugurato caso in cui un mio ASO non vaccinato contagi i pazienti.
Perché, se è pur vero che la polizza della Compagnia Cattolica proposta dal broker di ANDI, Oris Broker, ha esteso la copertura dei danni ai pazienti per contagio da SarsCov2 da parte degli odontoiatri, possiamo pensare che la responsabilità penale sia superata dall’uso corretto dei DPI, e dai protocolli operativi come indicato dal Ministero della Salute con le Indicazioni operative per l'attività odontoiatrica durante la fase 2 della pandemia Covid-19?
Dott. Domenico Di Fabio: Presidente ANDI Milano, Lodi, Monza e Brianza
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