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10 Settembre 2015

Responsabilità medica e medicina difensiva. Il Parlamento tenta di tutelare i medici ma "si dimentica" dei liberi professionisti



Tra i vari annunci sulle novità in tema di Sanità che si sono rincorse durante l'estate ad interessare la professione medica, più che dei tagli al SSN, sono state le aperture verso le modifiche alle norme sulla responsabilità medica e contro la cosiddetta medicina difensiva che solo allo Stato costa oltre 10 miliari di euro.

Il 30 luglio ha terminato i lavori la Commissione Consultiva ministeriale costituita con il compito di elaborare un documento da consegnare alla Commissione Affari Sociali che sta discutendo il provvedimento che dovrebbe essere approvato insieme alla legge di Stabilità.

Onere al paziente di provare l'avvenuto danno, e non più al medico di discolparsi dalle accuse; termini di prescrizione per l'azione risarcitoria ridotti da 10 a 5 anni, mentre il medico dipendente diventerebbe perseguibile solo per dolo e colpa grave e non anche lieve; rafforzamento del sistema che prevede l'obbligatorietà dell'assicurazione delle strutture ospedaliere; accertamento tecnico preventivo e conciliazione preventiva obbligatori. Queste le indicazioni formulate dalla Commissione ministeriale e trasmesse alla Camera.

In sintesi, il paziente che intende fare causa ad un medico, dovrà obbligatoriamente attivare un procedimento in contraddittorio per l'espletamento di una perizia e soltanto all'esito di tale procedimento (e se la perizia sancirà la colpa del medico) potrà proporre azione risarcitoria. Se l'accertamento tecnico preventivo non sancirà la colpa medica, il paziente non proporrà dunque alcuna azione legale.

Ma questo solo per i medici che lavorano nel SSN. E per i liberi professionisti?

Come spesso capita non sono considerati, commenta il presidente ANDI Gianfranco Prada dal sito dell'associazione, "il provvedimento, per ora, non prende in considerazione i medici e dentisti liberi professionisti".

"Questo provvedimento -ricorda il Prada- è uno dei tanti che dimostrano ancora una volta la volontà della classe politica italiana di penalizzare le libere professioni e di non considerare l'importanza del loro operato".


Norberto Maccagno

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