Un’epidemia silenziosa di danni iatrogeni: sei milioni di denti del giudizio estratti inutilmente, settemila parestesie permanenti, sei milioni di giornate di lavoro perse a scopo “profilattico” per proteggere da pericoli che sarebbero più teorici che reali.
Sono le conclusioni di un articolo, scritto da J.W. Friedman e pubblicato nel numero di settembre dell’American Journal of Public Health.
Secondo questo dentista californiano in pensione, almeno due terzi dei dieci milioni di ottavi estratti ogni anno negli Usa potrebbero restare tranquillamente nell’osso. Solo nel 12 per cento dei casi i molari inclusi si associano a condizioni patologiche come cisti e riassorbimenti radicolari e, in quel 10 per cento scarso di casi in cui provocano infezioni, si può ovviare il più delle volte con antibiotici, antisettici e asportazione dell’opercolo. Alla base, spiega Friedman, c’è una multibillion-dollar industry che fattura più di 3 miliardi di dollari all’anno con 5.500 chirurghi orali che estraggono 53 molari inclusi ogni mese e che si alimenta grazie a una serie di miti.
Di seguito una sintesi dell’articolo.
Secondo le fonti citate da Friedman, invece, non più del 12 per cento di molari inclusi provocano patologie. Invece, secondo l’American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons circa l’85 per cento dei denti inclusi presto o tardi necessita di estrazione e, pertanto, è preferibile farlo prima del completamento delle radici.
Altri studi concordano con queste conclusioni, per esempio uno svolto in Svezia al Karolinska Institutet su 644 pazienti ha riscontrato alterazioni patologiche solo nell’8 per cento dei molari inferiori inclusi e, più precisamente, 5 per cento di cisti e 2 per cento di lesioni del secondo molare. Decisamente peggiore la situazione nei climi caldi: una ricerca in Giordania su 1398 pazienti ha riscontrato lesioni radiografiche nel 46 per cento dei molari inclusi in ordine di frequenza: carie, infiammazione cronica periapicale, cisti e tumori. Situazione seria pure in Turchia: di 94 molari inclusi la metà mostrava segni di degenerazione cistica, soprattutto nella fascia tra 20 e 25 anni.
L'asportazione profilattica è meno traumatica, ma, secondo le fonti di Friedman, è proprio nella fascia di età più giovane che aumenta il rischio di alveoliti, infezioni secondarie e parestesie.
Una sommaria rassegna della bibliografia rivela, come spesso capita, risultati discordanti. A favore si trovano ampi studi, come quello di Osborn del 1985, svolto su quasi diecimila adolescenti e più di 16.000 estrazioni, che riporta minore morbidità intra e postoperatoria.
Per quanto riguarda l’affollamento degli incisivi, e non solo secondo Friedman, è logicamente impossibile che due denti riescano a spingerne altri quattordici così tanto da creare un affollamento a livello anteriore.
L’aumento della morbosità dei molari inclusi con l’età. Sostenuto ufficialmente dall’American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons. Un rischio smentito dalle fonti citate da Friedman: una ricerca condotta su circa 2.000 molari rimasti inclusi per un periodo medio di 27 anni ha rivelato che solo nello 0,81 per cento si è sviluppata una cisti, mentre nel 4,4 per cento e nel 3 per cento dei casi il secondo molare ha subito danni parodontali o riassorbimento da compressione rispettivamente. Si tratta, comunque, di un rischio che va tenuto presente e per il quale non è facile individuare i pazienti più esposti sia perché non è sempre possibile controllare regolarmente l’evoluzione della posizione dentale in tutti i casi, sia perché tale evoluzione può essere completamente asintomatica. Ciò è dimostrato da uno studio finlandese svolto su 19 studenti seguiti tra i 20 e i 32 anni: quasi la metà dei molari inclusi ha cambiato posizione ma in tre quarti dei casi senza causare sintomi.
Il basso rischio di complicazioni dovute all’estrazione degli ottavi. Se è vero che le parestesie permanenti nel territorio della terza branca del trigemino variano, a seconda delle statistiche consultate da Friedman, da 0,33 a 1 per cento e quelle transitorie da 1,3 a 4,4 per cento, è anche vero che, applicate alla popolazione di 3 milioni e mezzo di persone che ogni anno negli Usa si sottopongono all’intervento, tali statistiche si traducono in un esercito di invalidi, cioè tra 11.500 e 35.000 persone con danni neurologici permanenti.
Ma allora quando è necessario estrarre un molare incluso asintomatico in un giovane paziente?
L’American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons consiglia l’estrazione precoce, affermando che “Non è saggio aspettare che i denti del giudizio diano fastidio. Le ricerche raccomandano fortemente di rimuoverli quando si è giovani per evitare problemi futuri e guarire meglio”.
Di parere opposto è l’ultima rassegna della Cochrane Collaboration, svolta nel 2005 passando al setaccio tutta la bibliografia disponibile nelle più importanti banche dati e applicando i criteri della medicina basata sulle evidenze:
“La prudenza nel decidere, basandosi su specifiche indicazioni, potrebbe ridurre il ricorso alla chirurgia di almeno il 60 per cento. Il controllo costante e attento dei molari inclusi asintomatici può essere una scelta adeguata. Non ci sono prove per sostenere o per rifiutare la sistematica rimozione profilattica dei molari inclusi nell’adulto. Per quanto riguarda l’adolescente, vi sono prove affidabili che la medesima procedura non riduce e non previene l’affollamento degli incisivi in età successiva”.
Come spesso capita, insomma, quando il professionista cerca di capire che cosa sia meglio per i suoi pazienti, si vede offrire dall’Accademia una serie di conclusioni discordanti. Oltre alla scienza, quindi, anche pazienza, in attesa che gli accademici si calino, bontà loro, nel camice dei dentisti e progettino ricerche mirate svolte con lo stesso metodo che possano essere facilmente confrontate. Solo così renderanno un servizio efficiente a chi lavora ogni giorno e, soprattutto, ai pazienti.
Legga il parere di due autorevoli voci di dissenso: Roberto Barone e Carlo Clauser
GdO 2008; 1
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