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20 Maggio 2019

Meno studi mono professionali e sempre più collaborazioni. La fotografia della professione dalla Congiunturale ANDI 2019

Norberto Maccagno

Da oltre dieci anni l’Analisi Congiunturale del Servizio Studi ANDIscatta la fotografia della professione odontoiatrica. Quella 2019, la prima del nuovo corso di ANDI, è stata presentata giovedì 16 maggio 2019 in Expodental Meeting. 

“Sono dati fondamentali che ci consentono, come dirigenti ANDI, di essere sempre più consapevoli delle necessità del nostro settore e che ci consentono, una volta analizzati, per dirigere ed impostare anche le nostre attività e le nostre riflessioni sindacali con l’obiettivo di cercare le soluzioni e le iniziative più opportune per la professione”, ha detto il presidente ANDI Carlo Ghirlanda.
Concetti ribaditi dal neo coordinatore del Servizio Studi ANDI, Roberto Calandriello, ricordano come il lavoro del gruppo sia guidato dal motto “conoscere per decidere”, informazioni raccolte interrogando la base associativa ed in prossimo futuro anche i cittadini. 

L’analisi Congiunturale 2019, si sviluppa su tre moduli, “la fotografia della professione dal punto di vista strutturale, l’andamento degli affari ed il rapporto che i dentisti anno con i terzi paganti” (questo argomento lo affronteremo nei prossimi giorni attraverso un approfondimento dedicato NdR), ha spiegato lo “storico” consulente del Servizio Studi ANDI il prof. Aldo Piperno ricordando di averle seguito tutte le analisi presentate in tutti questi anni.  

Ma l’odontoiatra fa parte di un contesto sociale e territoriale, così come l’odontoiatria è condizionata dall’andamento socio economico, non solo del nostro Paese ma dell’Europa, del Mondo.

Quindi per capire quale sarà l’impatto sulla professione, ANDI ha commissionato a Nomisma, società di consulenza ed analisi macro economiche, uno studio sull’impatto che la manovra economica avrà sulla professione ma anche sui cittadini. Ed il quadro tracciato dal dott. Massimiliano Bondi analista Nomisma, non è dei più incoraggianti. Nell’immediato, ha ricordato l’esperto, si può ipotizzare una crescita dei consumi anche in ambito sanitario ed odontoiatrico per via degli incentivi che però, oggi sono pagati dalla imprese con un aumento delle tasse (12 miliardi i euro in più ha indicato Bondi) mente il prossimo anno saranno gli stessi cittadini a vedersi ridotto il potere economico per via dei tagli alle pensioni, alle detrazioni fiscali, ai servizi e dal sempre più probabile aumento dell’Iva che per l’esperto di Nomisma, “non sarà sufficiente per risanare i conti”. 

Lasciando da parte il futuro e guardando al presente, il Servizio Studi ANDI ha certificato (dati Istat elaborati da ANDI) un incremento della spesa per le cure odontoiatriche.
Nel periodo 2014-2017, ha fatto notare il prof. Piperno, la spesa sanitaria per le cure odontoiatriche è aumentata del 28,2%, dal 2016-al 2017 la spesa delle famiglie italiane per le cure odontoiatriche è aumentata del 17% circa attestandosi nel 2017 a poco meno di 10 milioni di euro, ovvero il 25% circa di quanto i cittadini spendono per cure, farmaci e le altre prestazioni sanitarie.   


La fotografia della professione

L’Analisi Congiunturale 2019 (dati sono riferiti all’attività svolta dai dentisti nel 2018) è stata costruita, inviando un questionario via web ai 26 mila soci ANDI (di questi in oltre 5 mila hanno risposto), circa 3 mila le risposte dei dentisti giudicate rappresentative dei soci ANDI prese in esame. “Siccome i soci ANDI sono circa il 50% dei dentisti esercenti –ha ricordato il prof. Piperno- possiamo dire che i dati possono rappresentare la fotografia degli odontoiatri italiani”. Le elaborazioni, ha spiegato il prof. Piperno sono state poi fatte sulla base della “popolazione odontoiatrica di riferimento” costituita dai dentisti classificati come dentisti attivi secondo i dati di ENPAM (quota B), per un totale di 48.981 professionisti

Il dentista “tipo” che emerge dall’analisi del Servizio Studi ANDI è quello non più giovane, oltre il 50% ha più di 55 anni (24.980 quelli con 56 anni o più), che esercita più di 6 specialità in uno studio di proprietà.

Analizzando i dati si nota una lieve flessione dei titolari di studio mono professionale: nell’indagine 2019 sono il 67,8%, in quella dello scorso anno erano il 72,3%. Ad aumentare sono i soci in studi associati che oggi si attestano al 12,7% (lo scorso anno erano l’11,6%), i soci di StP (1,6%) o di Srl (4,1%). 

 Rispetto alle altre Congiunturali, questa del 2019 (esercizio 2018) ha meglio analizzato il “fenomeno” della collaborazione, oramai una vera realtà rappresentando il secondo modello di esercizio professionale.  

Dalle elaborazioni ANDI il 36,6% esercenti esercita come collaboratore: il 26,9% in studi professionali o StP, il 9,7% in studi organizzati come società iscritte alla CCIAA (registro imprese). In prevalenza i collaboratori sono giovani odontoiatri con meno di 35 anni anche se il 44% degli under 44 ha dichiarato di svolgere la professione prevalentemente come collaboratore. Dai dati proiettati non è stato possibile però capire quanti siano i collaboratori “puri” e quelli che hanno un proprio studio o una compartecipazione societaria ma svolgono anche collaborazioni. Espressamente richiesto, ANDI, per ora preferisce non fornire ulteriori dettagli.

Chi ha dichiarato di svolgere la professione prevalentemente come collaboratore, il 22,8% ha detto di farlo nello studio di una Catena, mentre il 36,4% di aver assunto l’incarico di direttore sanitario. 

“I dati indicano che il dentista sembra non aver risentito di quei fattori congiunturali che hanno invece condizionato al negativo altre categorie professionali”, ha spiegato Luigi Russo, componete del Servizio Studi ANDI. “Il perché di questa impermeabilità ai fattori esterni sembra essere data dagli aspetti di adattamento al modificarsi della professione. Mentre il professionista classico ha sempre esercitato la propria professione in modo autonomo rispetto al proprio studio, le nuove generazioni da una parte prediligono esercitare come collaboratori ma quando devono intraprendere la propria titolarità lo fanno aggregandosi, e questo è un segnale importante da cogliere nelle politiche associative, in quanto può rappresentare un segnale utile che consentirà di trasportare indenne la professione dall’altra parte del ponte generazionale”.  


Andamento economico 

Sul fronte fatturato i dati dichiarati dai dentisti ANDI indicano sostanzialmente un andamento stabile: il 54,2% ha detto che è sostanzialmente uguale all’anno precedente, il 23,4% denuncia un calo, mentre il 22,3% ha registrato un aumento. Andamento che si rispecchia anche dall’analisi del tempo dedicato al lavoro effettivo: il 56% lo giudica congruo, il 30% inferiore alle proprie possibilità, il 13% superiore.  

Dentisti che non si sbilanciano nel fare previsioni future: il 69,9% pensa che il fatturato rimarrà uguale al 2018, il 22% che calerà mentre solo il 7% ritiene potrà aumentare e come era già capitato per le indagini precedenti, i più fiduciosi sono gli under 35 mentre i più pessimisti gli over 65. Un calo di fatturato principalmente imputato, per quanto riguarda la causa, ai propri colleghi concorrenti della zona (76,6% ha dichiarato questo), alle Catene (72,5%), ai fondi integrativi ed alle assicurazioni (56%), al turismo odontoiatrico (51,4%). 

Sul fronte tariffe, solo il 4,9% dei dentisti le ha aumentate mentre il 20,2% le ha diminuite, e per il futuro quasi l’80% dichiara che le terrà invariate anche il prossimo anno. Congiunturale che ha analizzato anche come e quando il paziente paga: il 58,4% secondo il piano concordato, il 46,3% chiede uno sconto, il 36,1% chiede di pagare a rate ma solo il 5,6% chiede di aprire un finanziamento.

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