Approfondimento in occasione del terzo Simposio Internazionale sul trattamento dei tessuti molli parodontali e perimplantari a Firenze
In collaborazione con la International Academy for Soft Tissue Management, si terrà a Firenze (7 e 8 febbraio) il Terzo Simposio Internazionale sul trattamento dei tessuti molli parodontali e perimplantari organizzato con il patrocinio dell’Università Vita e Salute San Raffaele, delle Università di Firenze, Pisa, Siena e del Collegio dei Docenti in Odontoiatria.
Presidente del Simposio, Massimo De Sanctis (nella foto), titolare della cattedra di Parodontologia al San Raffaele di Milano, che ha acconsentito di buon grado di rispondere ad alcune domande.
Il Simposio cercherà di fare il punto sul trattamento dei tessuti molli. Come valuta l’attuale, diffusa, propensione verso di essi?
L’importanza del trattamento dei tessuti molli o meglio delle tecniche chirurgiche relative ritengo sia un’esigenza primaria sia in parodontologia che in implantologia. Nessuna tecnica chirurgica ricostruttiva può prescindere da una loro corretta gestione. Sono indispensabili non solo per finalità estetiche, ma anche per le finalità primaria di qualunque tecnica chirurgica. Ad esempio, per garantire la guarigione per prima intenzione.
Le risulta che tale propensione sta surclassando le tecniche di trattamento del tessuto osseo? Come giudica questo fatto?
No, non credo che ci sia una maggiore propensione, ma una maggiore attenzione, probabilmente perché le tecniche relative ai tessuti molli hanno, negli ultimi anni, avuto un grande incremento nella produzione scientifica e per le evidenti implicazioni estetiche. Oggi i pazienti non chiedono solo di essere curati, ma anche di riacquistare un sorriso gradevole.
Di tale tendenza il più noto fautore è uno dei suoi allievi. Secondo lei il suo atteggiamento è stato influenzato (e in che misura) dagli insegnamenti da lei ricevuti?
Io credo che lei si riferisca al prof. Giovanni Zucchelli, ma definirlo mio allievo mi sembra molto riduttivo. Con Giovanni nel passato c’è stata una grande amicizia ed un rapporto di collaborazione, uno scambio di idee che ha portato benefici intellettuali e professionali ad ambedue.
Come giudica l’incidenza esercitata dal tessuto connettivo sulla stabilità dell’osso perimplantare?
Beh, questo è uno degli argomenti che saranno discussi nel Simposio e che presentano aspetti controversi, ma non c’è dubbio che la presenza di tessuto cheratinizzato intorno agli impianti sia necessaria per garantire stabilità del margine tissutale e per ridurre l’incidenza di mucosite perimplantare che generalmente rappresenta la prima fase della perimplantite.
Quale la sua opinione sull’origine della malattia parodontale?
Non credo che si possa parlare di opinione, dato che la quantità di ricerca scientifica nel merito è enorme. La malattia parodontale ha un’origine multifattoriale, dove la genetica, i comportamenti errati del paziente, alcune malattie intercorrenti giocano un ruolo, ma l’eziologia della malattia è batterica.
Secondo lei, la chirurgia parodontale dovrebbe far parte del bagaglio del dentista generico o dello specialista?
Certamente così come avviene per la protesi o per l’endodonzia. La chirurgia parodontale, almeno alcune sue tecniche (penso all’allungamento di corona clinica o alla costruzione di una banda di tessuto cheratinizzato quando necessario o all’incisione di un lembo d’accesso) deve essere parte del bagaglio professionale di ogni odontoiatra. Naturalmente casi di malattia parodontale grave dovrebbero essere riservati a professionisti esperti con una solida conoscenza della materia. Vorrei anche sottolineare che gran parte della terapia parodontale non richiede un approccio chirurgico. In Italia inoltre, la specialità in Parodontologia ancora non esiste.
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