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27 Luglio 2018

Legionella, il problema non è degli odontoiatri

Il dott. Mele interviene sulle accuse alla categoria spesso indicata come “untori”


Egregio Direttore, 

non molto tempo fa su Odontoiatria33 fu pubblicato un mio intervento in cui paventavo il rischio che, di fronte all’aumento dei casi di legionellosi nel nostro paese, gli studi dentistici venissero individuati tra le più frequenti sedi di contagio. E, di conseguenza, venissero colpiti da ulteriori incombenze. Trascurando nel contempo la reale vastità del fenomeno.

Riporto pertanto alcuni passaggi che, alla luce dei recenti fatti lombardi, giova ripresentare aggiornati.

Alcuni anni fa è stato creato in Italia un Registro della legionellosi presso l’Istituto Superiore di Sanità, annualmente aggiornato con le schede dei casi verificatisi nel nostro paese. Successivamente a quello da lei citato del 2015, esiste un Rapporto del 2016 ed a questo intendo riferirmi. I casi accertati sono passati dai 1.350 del 2012 ai 1.710 del 2016.Nell’ 80% dei casi non è stato possibile individuare una causa o un luogo dove si è verificato il contatto infettivo, e già questo dovrebbe far riflettere sull’ubiquità raggiunta ormai dalla legionella nel nostro paese. Nel rimanente 20% dei casi si è cercato di accertare se, nei dieci giorni precedenti alla comparsa dei sintomi, vi era stata una esposizione definibile “a rischio”. Nella maggior parte dei casi (177, cioè il 10,4% del totale) si sono riscontrati uno o più pernottamenti fuori casa -alberghi, campeggi, villaggi-, un ricovero ospedaliero (86, cioè il 5%), la presenza in case di riposo per anziani, RSA, strutture di riabilitazione (35, cioè il 2,1%), soggiorni in carceri, comunità chiuse, frequentazione di piscine (28, cioè il 1,6%), cure odontoiatriche (22, cioè 1,3%). Per buona misura è interessante notare che nel 2015 le piscine e le cure odontoiatriche erano valutate insieme, con un numero di possibili infezioni totali pari a 36.

Oggi, con le cure odontoiatriche calcolate a parte, si arriva a soli 22. Ma, si badi bene: nel 2016 ventidue soggetti a cui è stata diagnosticata l’infezione (22 su 1710) hanno semplicemente dichiarato che nei 10 giorni prima della comparsa dei sintomi erano stati dal dentista! Questo vuol dire che, alla stessa precisa domanda, 1.688 soggetti hanno detto di NO. Senza peraltro escludersi che contemporaneamente non abbiano avuto esposizioni di altro tipo, vista l’ubiquità dell’agente patogeno.

Secondo notizie dell’ultima ora provenienti dal Comune di Bresso campioni positivi sono stati riscontrati nell’abitazione di una delle vittime ed in una fontanella pubblica.

E poi c’è la galassia dei condizionatori nei centri commerciali e negli edifici di grandi dimensioni. Pertanto sulla questione e sulla eventuale nostra responsabilità pretendo interlocutori qualificati e non accetto alcun tipo di valutazione della pericolosità infettiva della nostra attività che prescinda da questi elementi scientifici, dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Voglio concludere pendendo in prestito una frase del collega Roberto Burioni: “per un medico non ha senso discutere con chi ha la terza media..” 


Dottor Renato Mele
 Rappresentante toscano nella Consulta della libera professione

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