Se la riforma previdenziale approvata non tocca le casse private, una norma inserita nel decreto Salva Italia scombina per l’ennesima volta, e in pochi mesi, i piani dell’Enpam, portando da 30 a 50 anni la sostenibilità. E in generale il 2011 per il Consiglio di amministrazione dell’Ente non è certo stato un anno facile, contrassegnato da polemiche e cambiamenti normativi che ne hanno condizionato l’attività, costringendo ad accelerare una riforma già in programma, ma che molti avrebbero preferito mettere in atto più gradualmente.
“Come Cda” spiega al Giornale dell’Odontoiatra il vicepresidente dell’Enpam, Alberto Oliveti “abbiamo lavorato su tre obiettivi: riorganizzare la governance del patrimonio, dare riequilibrio ai fondi e rivedere lo statuto.” Ironia della sorte - ma questo può sicuramente essere un vantaggio - alla riorganizzazione della governance dell’Ente ha contribuito, come consulente, anche il premier Mario Monti.
Dottor Oliveti, a fine gennaio approverete la riforma a cui ha lavorato anche l’attuale presidente del Consiglio.
Chiariamo che Mario Monti ha collaborato con l’Enpam quale international adviser di Goldman Sachs per definire una nuova governance del patrimonio gestito dalla Fondazione e, facendo questo, ha indicato criteri e linee guida che abbiamo adottato per definire la nuova gestione del nostro Ente. Ne è uscita una governance che mette al centro la previdenza, in linea con l’esigenza di pagare pensioni, e definisce, chiaramente, la procedura dei percorsi di investimento. In questo modo possiamo garantire da un lato la prevedibilità e dall’altro la tracciabilità. Altro punto fondamentale è quello di separare la fase decisionale da quella di controllo: per quest’ultima verranno utilizzati Advisor esterni.
Questa è la logica che Monti ha portato alla Fondazione. In sostanza occorre dare ai contributi una redditività adeguata seguendo un corretto rapporto tra rischiosità e redditività attesa durante l’investimento. In altre parole essere certi di avere soldi liquidi quando ci servono per pagare le pensioni e rendimenti proficui quando non abbiamo bisogno di questi soldi.
Le linee indicate dal professor Monti hanno ispirato il modello organizzativo degli investimenti, mentre per le riforme previdenziali abbiamo seguito i suggerimenti dei ministeri vigilanti (quello del Lavoro e dell’Economia) e degli organismi adibiti al controllo del Fondazione tra cui la Corte dei conti e la Commissione bicamerale di controllo. Questi stessi organi alla prima scansione di controllo prevista dopo la Finanziaria 2007 avevano rilevato quello che tutti già sapevano: ovvero che non avevamo un equilibrio di bilancio perché era stata modificata la regola dell’equilibrio che prima era a 15 anni portandola poi a 30.
In cosa consiste la riforma dal punto di vista della pensione e dei contributi?
La riforma dovrà ampliare l’orizzonte di tenuta del sistema facendo in modo che i conti siano in equilibrio per 50 anni. Nel nostro sistema chi lavora mantiene chi è andato in pensione e per raggiungere l’equilibrio, necessariamente, dovremo intervenire sui parametri classici: le entrate (i contributi versati), le uscite (le prestazioni) e l’età di pensionamento.
Per la Quota “B”, il fondo al quale afferiscono gli odontoiatri liberi professionisti, porteremo delle modifiche regolamentari assimilabili alle regole stilate per altri fondi previdenziali prevedendo la possibilità di scegliere l’età a cui andare in pensione, in un range che andremo a definire in maniera uguale nei vari fondi e che sostanzialmente calibrerà l’entità della pensione sulla base dell’aspettativa di vita post lavorativa dell’odontoiatra, valutata in maniera statistica attuariale.
Questa sarà la nostra proposta, vedremo poi i Ministeri competenti come la giudicheranno.
In termini di numeri?
Diciamo che noi proporremo una manovra che porterà il range dell’età per usufruire della pensione di anzianità tra i 58 e i 70 anni, con definizione dell’età della pensione ordinaria di vecchiaia (attualmente è 65 anni) che crescerà fino ad arrivare, nel 2018, a 68 anni. Sempre con la possibilità di optare per una pensione di anzianità a partire dai 58 anni, anche se è probabile che dovremo aumentare questa soglia minima per far fronte alle nuove richieste del ministro del Welfare, Elsa Fornero.
Inoltre, la redditività dei contributi incassati verrà ridotta in una misura che soddisfi l’esigenza di dare equilibrio a 50 anni alla Fondazione e che tenga conto, singolarmente, dell’attesa di vita del contribuente. Per quanto riguarda i contributi, valuteremo solo dopo essere intervenuti sulle aliquote di rendimento e sull’età di pensionamento ordinario e di vecchiaia. A quel punto agiremo sull’innalzamento delle aliquote contributive per portarle a livelli comparabili con altre gestioni dei liberi professionisti.
Quindi più contributi, più anni sul posto di lavoro e pensioni più basse?
A fronte di una attesa di vita progressivamente in aumento, il quantum totale di rapporto tra quanto si guadagna nella carriera e quanto si prende di pensione dovrebbe rimanere invariato.
Approverete anche il nuovo statuto Enpam?
Stiamo facendo un percorso per riformarlo in maniera da poter cogliere le esigenze di rappresentanza e rappresentatività di tutte le categorie contribuenti. È chiaro che in questa fase in cui non sappiamo bene come sarà la risposta in tema di riforma dei fondi, i lavori sullo statuto faticano a entrare in una fase operativa.
Però la vostra riforma era tarata per la sostenibilità a 30 anni. Oggi il Governo vi impone una sostenibilità a 50 anni e senza poter considerare il valore del patrimonio. Cosa cambierà?
È come se un buon padre di famiglia negli anni ha messo da parte soldi e beni per far fronte a esigenze future e arrivati quei momenti non può utilizzare i risparmi, ma dovrà chiedere prestiti fuori. Questo è quanto si sta imponendo all’Enpam.
Si dovrà abbandonare un sistema di ripartizione generazionale delle contribuzioni attenuata dalla capitalizzazione patrimoniale per andare verso un sistema più rigido, in cui tanto mi entra in termini di contributi tanto deve uscire in termini di prestazioni. È un tornare indietro che, credo, vada a danneggiare proprio le esigenze dei giovani.
Approverete quindi la riforma già impostata oppure apporterete delle modifiche e poi le approverete?
Certe modifiche le faremo, perché rispetto alle precedenti richieste i Ministeri ora chiedono saldi previdenziali e non più saldi correnti. Come sempre ci adegueremo.
È chiaro che presenteremo una proposta di riforma dei fondi con un equilibrio a 50 anni che alla fine del percorso troverà un patrimonio non identico, ma addirittura moltiplicato rispetto al percorso iniziale. Tutto questo a costo zero per lo Stato e, ahimé, con l’Enpam che pagherà cifre sempre più alte al fisco per via dell’ingiusta doppia tassazione a cui siamo sottoposti.
Peraltro la manovra non è espressa in modo chiaro. Un ordine del giorno approvato con la manovra stessa impegna il Governo a tenere conto di “tutte le risorse disponibili” e parla di equilibrio a 50 anni utilizzando il termine di equilibrio tendenziale. Cosa vuole dire? Nella nostra riforma crediamo di usare correttamente quello che è l’abc della tecnica attuariale, ovvero patrimonio meno prestazioni dovute in un arco temporale uguale a prestazioni di equilibrio.
Torniamo ai bilanci Enpam. Nonostante i vostri chiarimenti c’è ancora molta preoccupazione sulla reale capacità dell’Ente di garantire le pensioni soprattutto quando il grosso degli iscritti, quelli che oggi hanno tra i 50 e 60 anni, andrà in pensione. La sua posizione è ovviamente ottimistica?
Chi è chiamato al ruolo di amministratore deve avere una estrema attenzione agli equilibri. Posso rassicurare che il nostro patrimonio, così importante, ha questa funzione di garanzia di pagamento delle pensioni in un sistema che abbia una certa trasmissione costante. Ovvero le future generazioni continuano a mantenersi collegate tra di loro. L’obbligo contributivo va quindi difeso strenuamente come va difeso l’approv-vigionamento contributivo. E questo lo si deve fare vigilando sulla definizione di reddito lavorativo e del differimento reddituale in senso previdenziale, soprattutto oggi quando il settore medico sta cambiando. E mi riferisco in modo particolare alle società di capitale dove entrano flussi di reddito riferibili alla tutela della salute, ma poi escono rivoli di contribuzione individuale utile alle finalità previdenziali.
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