Nel mondo odontoiatrico è ora alla ribalta una questione legata al personale assistente di studio. Già da tempo si rivendica da più parti l'esigenza di un piano formativo, che porti a un arricchimento culturale di questa preziosa risorsa. Oggi si profila all'orizzonte una regolamentazione, affidata alle regioni, della formazione, su indicazione del ministero della Sanità.
Sarà affidata alla conferenza Stato-regioni il dare seguito a tutto superando di fatto la proposta di legge presente in Parlamento. In realtà, le opinioni riguardo a questa possibile evoluzione non sono unanimi. Ciò a causa delle possibili ricadute che la questione potrebbe avere sugli studi monoprofessionali. Se tutti sembrano concordi sulla formazione, lo sono meno sul modo di inquadrarla e sull'autonomia che questa dovrebbe generare.Oggi l'assistente risponde in tutto e per tutto all'odontoiatra ed è lui che risponde ai terzi: domani questo potrebbe non essere così.
Daremo allora spazio alle varie anime favorevoli e contrarie a questo percorso che potrebbe portare appunto a un "profilo" dell'Aso, anche per capire in che maniera potrebbe delinearsi il cambiamento.
Cominciamo questo percorso intervistando Fulvia Magenga, segretario generale del Sindacato italiano assistenti di studio odontoiatrico, che siamo andati a sentire anche in occasione del primo congresso nazionale.
Quali sono le principali caratteristiche del sindacato che rappresenta?
Siaso è un sindacato giovane, nato nel 2007, che conta di circa 2000 iscritti. A esso hanno chiesto di aderire per tutela sindacale le principali associazioni di categoria (Aiaso-Idea). Nel 2009 ha avuto la possibilità di firmare il primo Ccnl con Confimea che ha individuato in Siaso la controparte sindacale di rappresentanza dei lavoratori degli studi professionali nella sanità privata. Già in quel contratto si vedavano alcuni elementi che premiavano e distinguevano con peculiarità le Aso rispetto al passato.
Quali sono stati gli obiettivi del sindacato, quindi?
Lo scopo di Siaso è quello di portare le istituzioni preposte a riconoscere il ruolo degli Aso in Italia. Vede, da decenni l'assistente degli studi odontoiatrici lavora fianco a fianco con un professionista laureato e troppo spesso si sente al di sotto delle richieste del suo datore di lavoro: non è sufficientemente preparata, non ha svolto un percorso di studi per poter fare quello che le viene chiesto.
Quotidianamente l'Aso aiuta l'odontoiatra in tecniche di assistenza che richiedono la conoscenza di principi di anatomia. Questo avviene per ogni tipo di terapia: in endodonzia, per esempio, l'Aso deve sapere quanti canali può avere un molare e quindi preparare un maggior numero di strumenti canalari; in conservativa deve sapere come preparare i fori in un foglio di diga in lattice, deve conoscere la corretta nomenclatura dei denti; in chirurgia deve sapere che ci sono parti anatomiche sensibili, che non devono essere maltrattate dai divaricatori.
Sistematicamente, l'Aso si occupa delle procedure di sterilizzazione: deve allora sapere cosa sono i microrganismi, conoscere la differenza tra una spora, un batterio e un virus.
È solo in questo modo che potrà aiutare il suo datore di lavoro, perché comprenderà la motivazione per la quale è necessario seguire protocolli rigidissimi in linea di sterilità per prevenire la contaminazione crociata.
Ma tutte queste mansioni vengono svolte sotto controllo dell'odontoiatra. Qual è quindi la problematica?
In effetti questo è quello che il più delle volte succede. Ora, però le chiedo: quanti sono gli odontoiatri che possono permettersi di controllare ogni ciclo di sterilizzazione? L'Aso è una persona che, quasi sempre, approda a questo lavoro casualmente.
Molte colleghe erano commesse, altre impiegate, altre ancora hanno svolto lavori che non hanno niente a che fare con lo studio odontoiatrico. L'Aso, per altro, è una persona in grado di acquisire una preparazione specifica e quindi di assumersi le proprie responsabilità per il lavoro eseguito. Perché delegare la sua formazione all'odontoiatra o all'assistente più anziana? È da questo che è partito il sindacato. L'Aso deve trovare dignità professionale in un percorso di studi dedicato: sapere quello che fa e come va fatto.
Le faccio io una domanda: perché i giovani odontoiatri vanno all'università? Perché devono imparare persso una istituzione riconosciuta? Non potrebbero essere formati da vecchi odontoiatri?
Ecco, Siaso pensa che anche per la formazione delle Aso il principio debba essere lo stesso: per svolgere queste mansioni è necessaria una formazione definita nei contenuti e uniforme sul territorio nazionale.
E allora come vi siete comportati?
Abbiamo iniziato a lavorare seriamente. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare persone che hanno capito davvero la problematica. Prima l'On. Erminio Quartiani che ci ha ascoltati e ha accolto le nostre richieste.
Ha capito l'enorme disagio, ma soprattutto ha focalizzato il rischio potenziale per il cittadino, dovuto a una competenza inadeguata nell'organizzazione del processo di sterilizzazione. Il 29 luglio 2010 l'On. Quartiani ha presentato una proposta di legge per l'istituzione del profilo professionale dell'Aso, con l'ipotesi di un percorso di studi dedicato per la prima formazione e uno per la riqualificazione del personale che già lavora.
D'altra parte, a quella data, già alcune regioni si erano mosse per delineare il profilo dell'Aso.
Successivamente, siamo stati convocati, con Aiaso e Idea al ministero della Sanità dall'allora referente per l'odontoiatria, prof. Enrico Gherlone, dal direttore generale, dott. Giovanni Leonardi e dal dott. Saverio Proia, che hanno lavorato con entusiasmo al progetto, istituendo dei tavoli di lavoro sia con i rappresentanti dei datori di lavoro, sia con i rappresentanti dei lavoratori e chiedendo il nostro parere più volte.
Poi il 19 Settembre 2011 il Ministero ha licenziato un documento di indirizzo che ha sottoposto alle Regioni affinché queste ultime lavorino unitamente per realizzare un percorso formativo univoco.
Le Regioni hanno già valutato il documento e presto si riuniranno in conferenza stato-regioni per l'ufficializzazione.
Vi siete scontrati più volte con i datori di lavoro per ottenere tutto questo. Ora il rapporto com'è?
È vero: inizialmente il sindacato ha alzato la voce. Io poi arrivo da una scuola che adoro, ma che non mi ha insegnato a essere troppo diplomatica.
Credo che l'iniziale irrigidimento di Siaso sulle sue posizioni sia stato utile nella prospettiva di migliorare la vita di tutti, degli Aso, ma anche dei datori di lavoro che finalmente avranno la possibilità di lavorare con una persona che parlerà la loro stessa lingua e capirà in meno tempo le necessità in termini di assistenza al paziente, facendo risparmiare tempo e dando sicurezza e professionalità al cittadino-paziente.
Ora il rapporto è più disteso, i rappresentanti dei datori di lavoro, Andi e Confimea, stanno iniziando a capire la situazione, hanno analizzato e valutato.
Dal 2007 a oggi avete percorso molto cammino. Ora si parla del primo convegno nazionale di Siaso che si svolgerà il 21 aprile in un luogo insolito: l'acquario di Milano.
Siaso ritiene che sia arrivato il momento di parlare un linguaggio comune in materia sindacale e di presentare quelle che saranno le competenze professionali e le novità normative per gli Aso.
Abbiamo invitato tutte le istituzioni che hanno lavorato fianco a fianco e ospiti eccellenti che credono davvero nel nostro lavoro. Parteciperanno tutti i sindacati più rappresentativi, quelli di tutto il comparto dentale, le associazioni di categoria.
Abbiamo scelto di tenere il primo convegno all'Acquario di Milano perché siamo orgogliosi di far conoscere la bellezza di una piccola parte del patrimonio della nostra città.
GdO 2012;3:6
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