In sostanza la Suprema Corte sentenziando su di una vicenda di 8 anni fa, coglie l’occasione per dichiarare che la legge 175/92 non è più in vigore in quanto abrogata dal decreto Bersani. Sembrerebbe quindi che, salvo quanto previsto dal nuovo Codice deontologico, la pubblicità è consentita anche senza autorizzazione preventiva. Certamente in queste settimane l’Ordine darà un parere in merito, indicando agli iscritti come comportarsi. Ma è un’altra sentenza, pubblicata il giorno dopo quella sulla pubblicità, il 16 gennaio, che ha attratto la nostra attenzione.
La Cassazione interviene su una decisione disciplinare dell’Ordine di Venezia confermata dalla Commissione Centrale relativamente all’applicazione dell’art. 8 della legge 175/’92 sul prestanomismo. Articolo che stabilisce che “gli esercenti le professioni sanitarie che prestano comunque il proprio nome, la propria attività, allo scopo di permettere o di agevolare l’esercizio abusivo delle professioni medesime sono puniti con l’interdizione dalla professione per un periodo non inferiore a un anno”. Sulla base di questo articolo l’Ordine di Venezia e successivamente la Commissione Centrale avevano sospeso un medico dentista per prestanomismo. L’imputato aveva impugnato le decisioni senza successo e in ultima istanza si era rivolto alla Cassazione che invece gli dava ragione accogliendo il ricorso e invitando la Commissione Centrale a rivedere le istanze del medico.
La terza sezione ha infatti affermato che “l’articolo 8 della legge 175 del 1992 prevede un illecito disciplinare, la cui materialità è costituita dal prestare il nome o l’attività, connotato dal dolo specifico di consentire oppure agevolare l’esercizio abusivo della professione”.
In altre parole, ci spiega chi ne capisce più di noi di questioni legali, la Suprema Corte ha stabilito che, alla luce della formulazione delle norma, per concretare l’illecito è necessario il dolo in forma specifica: vale a dire che occorre che dai fatti accertati emerga che l’odontoiatra intendeva effettivamente con i suoi comportamenti agevolare l’esercizio abusivo della professione. Non basta dunque che il sanitario sia stato “disattento” per applicare la sanzione. Dalla decisione del Comitato Centrale emergeva infatti che il medico “previsto e temuto” l’esercizio abusivo della professione non aveva fatto nulla per impedirlo”. Quindi questo non basta secondo la Cassazione a costituire il reato, in quanto non esisterebbe un legame fra la sola previsione dell’esercizio abusivo e l’agevolazione consapevole dell’esercizio abusivo stesso. Ciò però potrebbe indurre a pensare che se il prestanome esce dallo studio quando l’abusivo opera, magari sbuffando e imprecando: “ecco io l’avevo detto”, non sia punibile.
La fine della lotta all’abusivismo? Ma come si sa, se pur le sentenze della Cassazione fanno giurisprudenza, sono limitate al caso preso in esame. Grazie all’aiuto di alcuni odontoiatri della zona e attraverso alcuni ritagli della stampa locale che aveva dato notizia del fatto, siamo riusciti a ricostruire in via generale la vicenda che fortunatamente, anche per il buon nome della stessa Corte, pone la sentenza sotto un’altra luce. “Una brutta storia” commenterebbe lo scrittore Lucarelli.
Siamo nel 2000, il medico indagato viene contattato da XY, l’abusivo che si dice prossimo alla laurea in odontoiatria e gli chiede di volergli gestire lo studio che nel mentre lui aveva appena aperto in modo da avviarlo e poi, quando laureato, avrebbero potuto collaborare insieme. Il medico accetta e inizia a lavorare nello studio come direttore sanitario. Dopo alcuni mesi il medico si accorge che nei giorni che lui non era in studio XY lavorava al posto suo, utilizzando anche i suoi ricettari presentandosi ai pazienti anche con il nome del medico vero. Scoperto questo, il medico denuncia XY, ma sembra che prima di tutti sia stata una paziente insoddisfatta a denunciare l’abusivo facendo scattare i controlli. Peraltro, sempre le cronache, raccontano che XY per sfuggire alla giustizia e non solo, si trasferisce in Sud America con gli acconti degli ignari pazienti. Voci dicono anche che qualche mese dopo, sempre XY, viene arrestato per traffico di droga.
Il medico non sembra essere stato il solo raggirato da XY, ma è indubbio che, prima di accettare la collaborazione, magari qualche dubbio poteva anche venirgli. Avrebbe potuto almeno chiedersi, per esempio, come un laureando, non giovanissimo, potesse avere aperto uno studio dentistico che, sembra, poteva già contare su di un discreto numero di clienti.
GdO 2007; 1: 1
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